Martedì scorso il governo ha approvato la Strategia italiana per la banda ultralarga.
Un atto importante innanzitutto per la centralità data dal governo allo sviluppo digitale come passaggio obbligato per il rilancio dell’economia (che è ormai sempre più o solo economia digitale tout-court).
Come dire: finalmente siamo tutti d’accordo sul fatto che il digitale è il cuore dello sviluppo e non un’area autonoma aggiuntiva rispetto a tutti gli altri settori industriali o di servizi.
Ma le cose non sono mai come appaiono e in questo caso le incongruenze hanno purtroppo accompagnato tutto il percorso sino alle ultime ore in tutti o quasi i passaggi.
Perché?
#1. Switch off del rame?
Nei giorni e nelle ore precedenti l’approvazione della Strategia da parte del CDM, è stato un crescendo di decine di lanci di agenzia da parte di istituzioni, rappresentanti del governo, capi impresa, sindacati sul fatto che l’esecutivo avrebbe approvato lo switch-off della rete in rame di Telecom Italia.
Il draft, che qualcuno tra gli esterni ha potuto visionare, conteneva la misura che evidentemente è apparsa ai più come ragionevolmente impraticabile.
Una forma di appropriazione proletaria di bene privato.
Allora la domanda da chiedersi è: perché e chi ha provato a forzare i termini con una disposizione che non ha precedenti in nessuna parte del mondo e che sarebbe finita dritta dritta in un’aula di tribunale con richiesta di danni incalcolabili per una società quotata in Borsa?
#2. Cambiamenti in corsa del testo governativo: da 115 pagine a 147 pagine in poche ore
Subito dopo il Consiglio dei Ministri di martedì scorso, il governo pubblica il testo della Strategia italiana per la banda ultralarga.
Addetti ai lavori, media, analisti finanziari si buttano a capo fitto sul testo, discettando su questo o quell’aspetto, ma dopo 24 ore il testo viene sostituito in corsa con un altro documento.
Si passa così, sui siti governativi, dalle 115 pagine del primo documento di mercoledì 4 marzo ad un nuovo documento di 147 pagine di giovedì 5 marzo.
Ci chiediamo: ma perché accadono cose del genere?
#3. Aspetti lacunosi del testo
Il documento appare incongruente in alcune parti e sembra riflettere in parte le differenze di opinioni che hanno attraversato la genesi e la stesura della Strategia, differenze che sono state nettamente percepite in corso d’opera e negli ultimi giorni sono esplose ad esempio con la vicenda dello switch-off del rame. Qua e là alcune affermazioni sono vistosamente contraddette da passaggi collocati in altre parti del documento.
#4. Composizione del gruppo di lavoro
Il gruppo di lavoro è stato costituito con persone stimabili, ma forse un documento di tale portata poteva essere affidato a mani più esperte, con adeguata seniority ed esperienza internazionale.
In Italia sembriamo essere molto bravi sulle ali estreme. O ci rivolgiamo a esperti esteri dichiara fama come nel caso del Rapporto Caio, per il quale abbiamo coinvolto Gérard Pogorel e J. Scott Marcus, come se in Italia non disponessimo di competenze adeguate (o forse per accentuare il distacco da ogni condizionamento “locale”), o ci accontentiamo di un gruppo di lavoro onesto, ma non brillante, come le circostanze avrebbero richiesto, con competenza certa ma con esperienza in qualche caso insufficiente.
Una domanda: ma con tutte le intelligenze e le competenze senior (capaci di motivare ogni scelta nel merito e nel metodo) che abbiamo in Italia, perché si preferisce giocare al ribasso (con una composizione di gruppo che per la sua intrinseca fragilità può trovarsi nella condizione di non scegliere per il meglio, se qualcuno dovesse imporre un’altra linea)?
#5. Trasparenza del gruppo di lavoro
Usualmente quando le istituzioni incaricano qualcuno di prestare le proprie competenze per la stesura di un documento del genere, pescano nel mondo del pubblico: alti funzionari, magistrati, consiglieri di Stato, professori di chiara fama dalle più prestigiose università nazionali ecc.
Quando si chiamano consulenti occorre dichiarare in trasparenza i ruoli: è un obbligo della pubblica amministrazione chiarirlo, è un dovere del consulente dichiararlo. All’estero si adottano precisi disclosure a tale proposito (indicando le consulenze in corso o degli ultimi anni, per fugare qualunque possibile rischio di conflitto di interessi).
Qui ci chiediamo: sono state adottate queste cautele nel caso del gruppo di lavoro che ha curato la redazione della Strategia italiana per la banda ultralarga, non solo nel caso di consulenti acclarati, perché privi di rapporto continuativo, ma anche nel caso di dipendenti che hanno usualmente molteplici rapporti di consulenza nel settore?
#6. Conflitti di interesse
Proprio stamane Il Sole24Ore ha rispolverato la vicenda (perché proprio oggi?) Solomon (detto Sol) Trujillo (ex manager AT&T ed ex ceo dell’australiana delle tlc Telstra).
L’articolo ha rispolverato il vecchio Progetto Adriano.
Lo ricordiamo tutti grazie ad un enigmatico lancio di Bloomberg che citava letteralmente: il piano da 9,6 miliardi di dollari che Sol Trujillo avrebbe discusso, con non meglio specificati advisers a New York e con ancor meno specificati fondi sovrani del Qatar e di Abu Dhabi, per acquisire una quota di Telecom Italia.
Il lancio di Bloomberg fu fatto circolare sui canali internazionali nello stesso giorno in cui, poche ore dopo, si sarebbe tenuto (strana coincidenza) un consiglio di amministrazione di Telecom Italia.
L’agenzia specificava inoltre che Trujillo non aveva ancora avuto contatti diretti con Telecom Italia, consapevole che il primo nodo da sciogliere sarebbe stato quello di un placet del governo italiano.
Non a caso un mese prima, in piena estate, Sol Trujillo aveva incontrato rappresentanti di Palazzo Chigi (tra cui Raffaele Tiscar, vicesegretario generale di Palazzo Chigi) per esporre il proprio piano alla cui stesura avrebbe partecipato come consulente anche Francesco Sacco, che figura tra gli estensori della Strategia italiana per la banda ultralarga approvata dal governo martedì scorso e che nel 2010 è stato consulente anche nella rete di nuova generazione della Regione Lombardia il cui progetto era guidato proprio da Raffaele Tiscar.
Il Progetto Adriano sembra essersi esaurito e Trujillo non ha rappresentato il “Sol dell’avvenir”.
Anche qui una domanda: ma prima di coinvolgere qualcuno in progetti governativi, non sarebbe più corretto assicurarsi che non vi siano rischi di sovrapposizioni o conflitti di interesse?
Detto ciò, difficile dire come andrà a finire, ma qualche ipotesi si può fare.
Difficilmente la Strategia italiana per la banda ultralarga avrà un seguito, se prima non si risolverà il posizionamento di Telecom Italia nelle dinamiche dell’intera vicenda. E, pertanto, sarà difficile che vedano la luce strumenti attuativi di questa Strategia, se prima non si risolverà quel problema.
In caso contrario, le appetibili risorse finanziarie allocate da Stato ed UE per lo sviluppo del digitale italiano rischiano di non poter essere utilizzate appieno, nelle forme e nei volumi che la Strategia appena approvata prevede.