La Cina potrebbe apprestarsi a diventare la prima economia non europea a contribuire al Piano d’investimenti Ue da 315 miliardi presentato dal presidente Jean Claude Juncker nel novembre dello scorso anno per rilanciare la crescita e l’occupazione.
L’impegno economico di Pechino, che dovrebbe attestarsi tra 5 e 10 miliardi di euro, era stato annunciato nell’autunno dello scorso anno, contestualmente alla creazione di un gruppo di lavoro ad hoc, con esperti del Silk Road Fund cinese, della Commissione europea e della Banca europea per gli investimenti (BEI). Obiettivo di questo team era l’individuazione del modo migliore per canalizzare questa importante somma di denaro nei diversi ambiti coperti dal Piano Juncker – banda larga e reti energetiche, trasporti intelligenti, istruzione, R&S, energie rinnovabili ed efficienza energetica.
Ora, secondo quanto riferito dal sito Euractiv, Ue e Cina avrebbero concluso i passaggi tecnici necessari per consentire l’attesa e cospicua iniezione di capitali che farà della Cina il maggiore contributore non europeo al piano Juncker.
Pechino, che dovrà ora selezionare i progetti ai quali partecipare tra quelli già filtrati dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), sarà equiparato a qualsiasi altro investitore privato: dovrà quindi, secondo Euractiv, sottostare a tutte le norme Ue in materia di appalti pubblici, diritto del lavoro e normative ambientali.
L’associazione ChinaEU , presieduta da Luigi Gambardella, è stata la prima a proporre l’ingresso della Cina nel Piano di investimenti per l’Europa, promuovendone l’opportunità nel corso di un incontro svoltosi a febbraio 2015 con l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, il vicepresidente della Commissione europea per il lavoro, la crescita, gli investimenti e la competitività Jyrki Katainen e il Commissario europeo per il mercato unico digitale Andrus Ansip.
“Se la notizia fosse confermata, sarebbe un’ottima notizia sia per l’Europa che per la Cina”, ha affermato Luigi Gambardella, evidenziando che il coinvolgimento della Cina potrebbe non fermarsi a questo finanziamento, ma concretizzarsi anche attraverso “l’intervento di banche commerciali cinesi pronte a finanziare specifici progetti del Piano Juncker”.
“Riteniamo – ha aggiunto il presidente di ChinaEu – che la Cina dovrebbe privilegiare progetti in un settore strategico qual’è il digitale. L’Italia potrebbe utilizzare l’occasione per presentare progetti con partner cinesi ad esempio nell’area delle smart city e dell’Industry 4.0 e per promuovere le piccole e medie imprese e le startup tecnologiche”.
Il Fondo europeo per gli investimenti strategici costituisce il nucleo centrale del piano Juncker e il suo ruolo è quello di contribuire a utilizzare finanziamenti pubblici, compresi finanziamenti a titolo del bilancio Ue per 21 miliardi di euro, per mobilitare investimenti privati per almeno 315 miliardi entro il 2018.
Al momento, il computo è fermo a 76 miliardi e il principale investimento nazionale è arrivato dal Regno Unito con 8,5 miliardi di euro. Tra gli altri Stati Ue che hanno contribuito, vi sono Germania, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Polonia, Slovacchia e Bulgaria. Tra i Paesi extra-Ue che stanno prendendo parte al piano Juncker, gli Usa e il Canada
Secondo fonti Ue, al momento sono stati allocati a circa 125 mila Pmi europee fondi per 3,4 miliardi attraverso 150 intermediari finanziari.