Si avvicina la data del 31 dicembre quando, secondo la legge 9 del 2014, dovranno essere disattivate un’ottantina di frequenze televisive che provocano interferenze ai Paesi confinanti, già individuate dalla delibera Agcom del settembre scorso.
Il Ministero dello Sviluppo economico è già al lavoro su una materia che è molto delicata e complicata.
Il Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, ha già annunciato che la questione sarà centrale nel decreto che sta preparando che dovrebbe essere presentato nelle prossime settimane in Consiglio dei Ministri per entrare in vigore per fine anno, e che affronta, tra le altre cose, la questione delle emittenti locali.
La situazione è difficile, perché se da un lato c’è in gioco il futuro di molte Tv locali che sono già in stato di agitazione, dall’altro c’è da rispettare gli impegni che l’Italia ha preso con l’ITU per risolvere i problemi interferenziali, in primis con Slovenia e Croazia, ma anche con Francia, Malta, Svizzera e San Marino.
Nuovo meccanismo per gli incentivi
La prima esigenza di questo decreto è quindi quella di liberare spettro, introducendo un meccanismo diverso per incentivi.
Il decreto punta a separare il ruolo degli editori dagli operatori di rete e a introdurre criteri più stringenti per l’accesso ai contributi, fissati in 20 milioni di euro, anche per liberare lo spettro e ottenere un dividendo digitale che aiuti a superare il problema delle interferenze.
Con il decreto potrebbero arrivare sovvenzioni aggiuntive per la rottamazione, ma anche una diversa disciplina per i contributi che, così, andrebbero solo agli editori e non agli operatori di rete.
In altre parole, le nuove norme puntano a disincentivare l’occupazione delle frequenze da parte degli operatori locali e a introdurre precisi paletti per l’assegnazione dei contributi alle tv locali che considerino, per esempio, il numero dei giornalisti assunti o delle ore dedicate all’informazione. Un modo per evitare, insomma, che ci siano furbi che vogliono far business a danno di altri operatori. Non a caso oggi il numero delle tv locali in Italia appare davvero spropositato e necessita quindi di una migliore regolamentazione.
Ma per avere maggiori dettagli e capire come il governo intende risolvere il problema delle interferenze, salvaguardando le tante tv locali, bisognerà aspettare il decreto.
La delibera Agcom
Al momento l’unico dato certo è la delibera Agcom 480/14 adottata il 23 settembre che però appare controversa su più punti, specie quello che riguarda il numero di mux da assegnare alle tv locali. La legge impone infatti che un terzo delle frequenze regionali siano riservate alle tv locali. Un parametro che non viene rispettato nella delibera.
Del resto la stessa Autorità ha detto che si tratta solo del primo atto di un processo che sarà completato con i successivi provvedimenti del Ministero.
76 mux da restituire
Al momento entro il 31 dicembre dovranno essere restituiti 76 multiplex quasi tutti affacciati sull’Adriatico: 12 in Puglia e Marche; 10 in Molise e Abruzzo; 9 in Friuli; 8 in Veneto; 5 in Emilia, 4 in Sicilia; 2 in Liguria e Toscana e 1 in Lombardia e Piemonte.
Le frequenze non restituite saranno invece spente “coattivamente” con tutto quello che ne deriverà in termini di occupazione e contenziosi.
Le tv locali attendono con il fiato in sospeso l’intervento del MiSE. La Puglia, giusto a titolo d’esempio, vedrà ridurre i sui mux da 18 a 6. Un taglio durissimo, così come per le altre regioni, perché anche se i contenuti verranno spostati sui mux che resteranno attivi è ovvio che non ci sarà posto per tutti i fornitori.
Prossimo step
Sarebbe quindi importante capire, cosa che permetterebbe alle piccole emittenti di dormire sonni tranquilli, quali saranno le fasi successive di questo processo di disattivazione degli impianti che creano interferenze; se si useranno le frequenze residuate dell’ex beauty contest; se si assicurerà la sopravvivenza delle emittenti principali con il ricorso magari a multiplex di frequenze di maggiore qualità che potranno essere coordinati con i Paesi vicini.
Anche i TAR dal canto loro sono in fermento, perché temono di esseri inondati dai ricorsi. Bisogna quindi arrivare presto a questo decreto che non solo permetterà alle tv locali d’aver accesso ai 20 milioni di contributi, ma eliminerà il rischio per l’Italia di una procedura d’infrazione se non dovesse rispettare gli impegni presi in sede europea.