“Il tasso di ultimazione dei cantieri in modalità FTTH si è attestato, a fine 2023, sul valore – poco incoraggiante – del 75 per cento degli ordini di esecuzione, con differenze consistenti su base regionale”. E’ quanto si legge in un passaggio della delibera della Corte dei Conti sullo stato di attuazione del piano Banda Ultralarga, varato nel 2015, per la copertura delle aree bianche del paese, affidato ormai da anni otto anni fa a Open Fiber.
Un progetto finanziato con fondi pubblici che nel tempo ha accumulato anni e anni di ritardi. Doveva concludersi nel 2020, ma di scostamento in scostamento (tutti richiesti dal concessionario Open Fiber, ma non avallato ufficialmente dal MIMIT tramite Infratrel, scrive la Corte dei Conti nel suo rapporto) è arrivato ad un nuovo target finale, fissato al settembre 2024.
Settembre 2024 è fattibile?
Un target che visti i numeri e lo stato di avanzamento del progetto – dalla sua fase di progettazione, al collaudo all’apertura dei cantieri – procede a passo di lumaca ormai da anni.
Basta guardare i numeri:
Il Piano prevede la copertura di 8,4 milioni di unità immobiliari, di cui circa 6,3 milioni in FTTH e 2,1 milioni in FWA, per un totale di 7.413 comuni. A ciò si aggiungono i target finali delle sedi delle Pubbliche Amministrazioni e delle aree industriali, pari ad una copertura di 29.895 beneficiari di tecnologia FTTH.
Rispetto a questo quadro, al 31 dicembre 2023 risultavano coperte in FTTH circa 3,4 milioni di unità immobiliari (appena il 54% del target finale) e 18.616 sedi di PA e aree industriali (62 per cento del target finale).
Appare quanto mai difficile che nel rush finale del piano si riesca a coprire in pochi mesi di qui a settembre un numero di unità immobiliari analogo a quelle coperte in otto anni di piano.
Ostacoli sul cammino della banda ultra larga
C’è da dire che la Corte dei Conti non nasconde gli ostacoli che hanno ulteriormente rallentato l’avanzamento del piano, che di suo sconta una serie di problemi svariati:
Si va dalla mancanza di una anagrafica centralizzata delle unità immobiliari ai ritardi dovuti al Covid e al lock down, che a suo tempo nel 2020 ha bloccato i cantieri. C’è poi la carenza di manodopera specializzata, quantificata in 15mila operai specializzati a fronte di 35mila operativi. A rallentare ancora l’avanzamento del piano BUL nelle aree bianche la concomitanza del Piano Italia 1 Giga, con i fondi “a tempo “ del PNRR per la copertura delle aree grigie, che ha cannibalizzato la manodopera specializzata. Ma al netto di tutte queste attenuanti, peggiorate anche dalla difficoltà di ottenere i permessi per gli scavi e dalla mancanza di una anagrafica certa dei numeri civici che ha creato non poche discrepanze, la realtà è che lo spostamento in avanti del Piano è dovuto “esclusivamente dai ritardi accumulati da Open Fiber sia nella fase di progettazione sia in quella di realizzazione”, il che ha portato alla comminazione di penali per un totale di 54,4 milioni di euro.
MIMIT, azione di impulso e controllo
Ma al netto di tutto ciò, la Corte dei Conti scrive nero su bianco che tocca al MIMIT, a questo punto, tramite Infratel, svolgere azioni più incisive di “impulso e controllo” e che tocca a loro, eventualmente, spostare ancora in avanti la scadenza finale del piano, con interventi correttivi. In soldoni, l’esortazione della Corte dei Conti al MIMIT (tramite Infratel) è quella di prendere in mano la situazione ed eventualmente fissare un nuovo cronoprogramma. Senza aspettare che sia Open Fiber a farlo, come ha fatto finora sua sponte. Tanto più che il MIMIT non ha mai concesso proroghe, si legge nel rapporto della Corte dei Conti.
Attivazioni ferme a 240.578 unità immobiliari
Per finire, un dato alquanto indicativo è quello delle attivazioni, che sono appena 240.578. “Alla data del 31/12/2023 i servizi risultano disponibili in 5.950 comuni; a fronte di 390.083 ordini di avvio, le attivazioni hanno raggiunto 240.578 unità immobiliari, con un tasso del 61,7 per cento. In 41.842 casi (10 per cento degli ordini) si registravano richieste in lavorazione, mentre per 107.663 casi non si è pervenuti all’avvio dei servizi (27,6 per cento). Sulla base delle informazioni rese disponibili da Infratel Italia S.p.A., le ragioni del mancato avvio dei servizi devono essere imputate, in parte, a rifiuti dei clienti, manifestati successivamente all’ordine, e, in parte, alla bassa qualità della toponomastica locale che presenta una alta percentuale di indirizzi senza numero civico (cfr. Infratel Italia S.p.A., Relazione sullo stato di attuazione al 31/12/2023)”.
Di fatto, a fronte di più di 6 milioni di unità immobiliari a piano da coprire in FTTH, al 31 dicembre 2023 soltanto 240mila erano state attivate. Ma quello della mancanza di domanda è un altro capitolo, per quanto ugualmente preoccupante.