Sono più di tre mesi che gli speculatori finanziari scommettono sul rialzo del prezzo del petrolio. Come ha spiegato Il Sole 24 Ore, i fondi di investimento credono sempre di più sul rally dell’oro nero (periodo in cui i prezzi di uno o più titoli segnano continui e veloci aumenti di livello), con possibile “bolla del barile” nel breve periodo.
A seguito della decisione dell’Opec (l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) di tagliare la produzione allineandosi alla Russia e gli altri produttori esterni all’organizzazione, smaltendo le riserve accumulate e cercando di spingere verso l’alto il prezzo del greggio (nel giugno 2014 raggiungeva i 104 dollari a barile), nei giorni scorsi la quotazione di Brent e Wti (West texas intermediate) hanno raggiunto rispettivamente i 57 ed i 54 dollari, per poi calare di nuovo (ultimo prezzo oggi 54,7 e 51,7 dollari).
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), comunque le previsioni per il prezzo del petrolio per il 2017 saranno al ribasso. I primi trimestri dell’anno segneranno un’altalena continua, ma è probabile che un nuovo trend negativo prenda l’avvio proprio nei prossimi mesi.
In questo scenario di instabilità del mercato del petrolio, si inserisce la rinnovata rivalità di due giganti: Arabia Saudita e Iran, e inevitabilmente l’elezione a presidente degli Stati Uniti di Donald Trump, che ha già annunciato l’intenzione di investire di più sulle risorse fossili americane (ricordiamo che il prezzo del petrolio è in dollari).
L’Iran inoltre ha annunciato a dicembre 2015 di voler portare la sua produzione quotidiana di barili, da 2,9 milioni a 5 milioni per il 2021. Come detto, essendo lo scenario molto instabile, proprio Teheran ha dichiarato ieri la volontà di puntare forte sulle fonti energetiche rinnovabili.
Entro il 2030 il grande Paese mediorientale vuole arrivare a generare 7.500 megawatt di energia da fonti pulite. Lo ha dichiarato il ministro dell’Energia, Hamid Chitchian, che durante la presentazione del sesto piano quinquennale per la crescita ha precisato l’esigenza nazionale di generare almeno 5.000 megawatt di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Gli investimenti pubblici supereranno i 3 miliardi di euro, secondo l’agenzia Irna, che ha raccontato dell’inaugurazione di tre nuovi impianti solari da 7 megawatt l’uno nella regione di Hamedan. Il Governo iraniano, infine, ha poi annunciato il lancio prossimo di una gara internazionale per investire nelle sue rinnovabili, contando di raccogliere più di 12 miliardi di euro, principalmente sul solare (gran parte del territorio è desertico), e nel lungo periodo altri 60 miliardi per il 2025.
Una mossa che solo apparentemente sembra contraddittoria (uno dei produttori di greggio più grandi al mondo che decide di investire progressivamente sempre più soldi nelle rinnovabili), perché da una parte il petrolio, essendo risorsa ‘finita’, sarà sempre più soggetto a sbalzi di mercato, dall’altra invece la corsa all’energia pulita implica una crescente spesa nel settore da parte proprio di chi oggi è già leader del mercato energetico (per non perdere posizioni, investimenti e competitività).
Entro il 2040, recitava il recente documento pubblicato da Bloomberg New Energy Finance, il 60% della domanda di energia elettrica sarà soddisfatta da fonti rinnovabili, per una spesa complessiva mondiale di 11,4 trilioni di dollari.