La domanda di petrolio è strettamente legata all’andamento del prodotto interno lordo dei Paesi più ricchi e di quelli emergenti. Secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), quest’anno la crescita mondiale (GDP) dovrebbe attestarsi attorno al 3,7%, appena l’1% in più rispetto al 2017.
Poca cosa, ma sufficiente, a quanto pare, a dare il via ad un circolo virtuoso tale che anche il prezzo dell’oro nero torni a crescere. Un’attesa durata diversi anni, che in questo gennaio 2018 è premiata come non succedeva dal 2014.
L’avvio dell’anno nuovo, infatti, ha visto i prezzi del petrolio salire sopra i 60 dollari al barile, fatto che non accadeva da più di 4 anni, e il dato, secondo l’analisi di Wall Street Italia, potrebbe essere diretta conseguenza di quanto sta accadendo in Iran negli ultimi giorni.
Secondo una nota ai clienti di Schork Report, riportata dal portale finanziario italiano, “i crescenti disordini in Iran preparano il terreno per un avvio rialzista del 2018″.
Disordini legati a questioni interne, che hanno già fatto 23 vittime e decine di feriti tra la popolazione, con centinaia di manifestanti già agli arresti.
A rendere più solida la crescita del prezzo dei barili di petrolio è anche la crisi in Libia, aggravata dall’esplosione dell’oleodotto della Waha Oil che ha di molto ridotto la produzione di greggio.
L’attacco, ancora non chiaro nella dinamica, ha determinato una drastica riduzione della produzione di petrolio, fra 70 mila e 100 mila barili al giorno in meno.
L’unica cosa invece piuttosto chiara è che il prezzo del petrolio è schizzato in alto: “il barile di Brent – si legge in un articolo del IlTempo.it del 26 dicembre scorso – guadagna il 2,33% sul mercato di Londra e si porta a 66.77 dollari, mentre a New York il Wti rialza del 2.34% a 59.84 dollari”.
A livello mondiale, comunque, la produzione di petrolio dovrebbe riprendere in maniera più decisa nei prossimi mesi, tanto che le stime parlano di circa 1,5 milioni di barili al giorno.
L’aumento del prezzo, invece, è legato non solo a vicende locali (per quanto estremamente delicate, come nel caso di Libia e Iran), ma ad un trend positivo globale calcolato negli ultimi sei mesi in una crescita media del 35%.
Come si può vedere dal grafico, il prezzo del petrolio al 31 dicembre 2017 già si teneva su livelli più alti degli ultimi 3 anni.