La presentazione

#PersoneInRete, Soro (Garante Privacy) ‘I dati sono nostre proiezioni digitali, per difenderci servono regole’

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Presentato a Roma nell’aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari il libro del Garante Antonello Soro ‘Persone in rete. I dati tra poteri e diritti’. Presenti l'ex ministro dell'Interno Marco Minniti e il presidente di Nexi Franco Bernabè.

 “Accrescere la consapevolezza dei nuovi confini della libertà in questo tempo in cui viviamo per essere utenti senza smettere di essere cittadini. Questa è la sfida più grande per vivere la società digitale, il futuro”. Lo ha detto oggi pomeriggio Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, concludendo la presentazione, nell’aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari, a Roma, del suo libro “Persone in rete. I dati tra poteri e diritti” (Fazi editore) (clicca qui per la recensione del libro). Presenti all’evento anche l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e Franco Bernabè, presidente di Nexi, già Istituto Centrale delle Banche Popolari italiane (Icbpi).

#PersoneInRete

Web senza regole, distrazione di massa dei politici

Parlando del suo libro, il Garante Soro ha detto che “è un repertorio di questioni aperte, di riflessioni ricche di interrogativi con l’ambizione di riproporre l’idea di fondo sulla quale costruire il rapporto tra noi e questo tempo, le tecnologie, le nuove consuetudini che governano le nostre giornate: mettere l’uomo al centro, con la sua dignità. Leggere il presente e il futuro pensando alla centralità della persona”.

La privacy non è una questione di nicchia, roba per fanatici. Tutt’altro, a maggior ragione dopo lo scandalo Cambridge Analytica, forse soltanto la punta dell’iceberg secondo il Garante, e le nuove rivelazioni sul travaso di dati personali di utenti da parte del social network ai maggiori produttori globali di device. “Nella società in cui viviamo, quella affascinante del digitale, c’è stato – ha osservato Soro – un atteggiamento di sostanziale distrazione di massa da parte dei decisori politici planetari e di ognuno di noi. Si è ritenuto che non ci fosse bisogno di regolamentazione per la piazza più libera del mondo, internet”.

Concentrazione clamorosa sul web, autoregolamentazione non basta

“Questo atteggiamento – ha aggiunto Soro – ha favorito una crescita unica con una concentrazione di potere, di acquisizioni di imprese da parte di pochi soggetti nel mondo occidentale ma anche in Cina, dove la potenza asiatica si sta avviando a diventare la principale potenza economica del mondo grazie all’Intelligenza Artificiale”, lasciando che fosse “ognuna delle grandi imprese” da Google a Facebook, a stabilire le regole. Google si è fatta le sue regole nel mercato dei motori di ricerca, Facebook ha fatto altrettanto con il format di un quotidiano realizzato tramite algoritmo, su misura per i gusti degli utenti.

Il potere dei Big Data

Tutto questo, è avvenuto, “modificando in modo profondo la geografia dei poteri” che non è “solo un potere economico straordinario”. Soro ha fatto riferimento “al potere oggi più importante, quello della conoscenza”: “Solo chi è in possesso di una quantità così grande di dati è nella condizione di poter investire in tutti i campi della ricerca, dalla genomica alla finanza”. “Tutti noi – ha concluso – continuiamo a pensare ai dati come altro da noi, ma sono proiezione nella dimensione digitale delle nostre persone, identità, vulnerabilità. Ed essere vulnerabile per un dato, significa trasferire quella vulnerabilità alle nostre persone”.

 

Data Protection, Soro: ‘Positivo che il premier Conte ne abbia parlato alle Camere. Ora impegno politico per investire molto’

“Ho apprezzato molto che il presidente del Consiglio nel suo primo discorso alle Camere abbia fatto riferimento al diritto fondamentale alla protezione dei dati personali – ha detto Soro a margine della presentazione – Mi auguro che a questo impegno oratorio corrisponda anche un impegno politico per investire molto nella protezione dei dati personali, non limitandosi come qualche volta accade a parlarne e non a fare atti successivi”.

 

Marco Minniti ‘In una democrazia scambio tra sicurezza e libertà non è possibile’

 “In una democrazia non è possibile lo scambio tra sicurezza e libertà. Se diminuiamo la libertà per aumentare la sicurezza si dà ragione ai terroristi che pensano che il loro attacco serve a snaturare le nostre democrazie”. Lo ha detto oggi pomeriggio il senatore Marco Minniti, ex ministro dell’Interno, nel corso della presentazione. Minniti ha sottolineato che da noi (diversamente dagli Usa) il contrasto al terrorismo internazionale, che sul web si muove “come un pesce nell’acqua” in termini di propaganda, non c’è mai stata alcuna sospensione della democrazia con leggi speciali. “In Italia – ha aggiunto – si è dipanata “un’azione di prevenzione e di contrasto assolutamente efficiente”. “Una democrazia – ha proseguito Minniti – non può mai abdicare all’idea di società aperta”, puntualizzando che “le società chiuse non si difendono meglio, ma sono più fragili e deboli”. Il controllo sistematico di persone, territorio e reti di telecomunicazione non rende più forti contro la minaccia terroristica.

Serve collaborazione fra Governi, provider e chi gestisce i dati

“Sui temi della libertà – ha aggiunto – sono particolarmente prudente”. Per esempio, “penso che convenga fare patti con le religioni piuttosto che fare una legge sulla religione”. Anche relativamente alla comunicazione sul web, con i relativi problemi che in questi anni sono emersi, l’ex ministro ha sottolineato l’importanza che prima di “fare delle leggi” servirebbe “una larghissima cooperazione internazionale” che metta intorno al tavolo “governi, provider, chi gestisce i dati”, come successo prima ad Ischia e poi a Toronto con il G7 dei ministri degli Interni. “È possibile costruire una cooperazione, anzi è necessario”, ha detto Minniti, rilevando come “di fronte alla sfida e alla minaccia del terrorismo governi e provider” hanno, per ragioni diverse ma convergenti (eterogenesi dei fini), l’interesse a difendere la libertà di cittadini e utenti.

Dagli OTT si assiste troppo spesso ad una tutela formale dei dati, accompagnata dal saccheggio informale degli stessi.

Accordi con i grandi provider (fra cui Facebook, Twitter, Microsoft ecc) sono possibili e hanno prodotto 190mila blocchi automatici di fiancheggiatori del terrorismo, con il 50% degli interventi direttamente su segnalazione dei provider alleati dei governi sotto minaccia terroristica.

“Per il terrorismo l’atto terroristico e il suo racconto sono sullo stesso livello. Perché attraverso le immagini si crea il seme della radicalizzazione ed emulazione. Possibile che internet, luogo della libertà, possa trasformarsi nel suo opposto?”, domanda l’ex ministro.

Punto focale è l’“equilibrio difficile ma necessario”, capitolo del libro di Soro, al quale Minniti ha fatto riferimento come “un equilibrio difficilissimo ma altrettanto necessario” come dimostrano vicende quali quella di Cambridge Analityca con la quale “il luogo principe della libertà diventa luogo del condizionamento del pensiero”. Perché, chiude Minniti, rassegnarsi ad un mondo in cui “l’intelligenza umana diventa una variante di quella artificiale non è ammissibile”.

Franco Bernabé: ‘Serve un framework di regole comuni’

Secondo Franco Bernabè, Il libro del Garante “è ricco di stimoli e pieno di dubbi”, ha detto Franco Bernabé, presidente di Nexi, già Istituto Centrale delle Banche Popolari italiane (Icbpi), secondo cui dalle pagine s percepisce la complessità della situazione che Soro si è trovato di fronte, per cui il diritto alla privacy risiede nell’equilibrio fra elementi incompatibili. “Libertà e sicurezza – ha detto Bernabè – ma anche diritto a usare legittimamente dati a scopi commerciali e diritto alla sicurezza. Diritto alla trasparenza nella PA e diritto a non essere contagiati da persone infette”. In alcuni casi, la tutela di un diritto ne limita un altro.

Bernabè sottolinea l’approccio pragmatico del Garante, che si preoccupa della proporzionalità ed economicità degli interventi di tutela della privacy, tenendo così a mente il fatto che il tema dei costi è rilevante. “Un carico sanzionatorio ingiustificato non va sostenuto”, aggiunge Bernabè, pur ricordando che, come recita l’articolo 12 della Dichiarazione dei diritti fondamentali dell’uomo, il diritto alla riservatezza è fondamentale, soprattutto in un’epoca in cui (Cambridge Analytica docet) è possibile manipolare categorie di persone in base ai gusti elettorali. Un metodo di condizionamento di massa già messo a punto in epoca nazista sfruttando il potere persuasivo della radio (Goebbels fece produrre delle radio a basso costo per diffonderle in tutte le case). Ma a differenza dei media tradizionali, il cui obiettivo di condizionamento propagandistico è comprensibile in modo immediato, con il web il pubblico non è più indistinto e le finalità manipolatorie sono opache.

Sta di fatto, poi, che il 40% dei messaggi prodotti alle ultime presidenziali Usa è stato realizzato da robot. Messaggi di odio di cui non si conosce l’origine e nemmeno la finalità.

Il problema è politico, secondo Bernabè, i più deboli sono i singoli cittadini, mentre i più forti sono i 5 monopolisti del web (GAFAM, Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft ndr) che hanno monopolizzato uno strumento di massa come il web. La loro posizione di mercato è favorita dagli interessi politici degli Usa. La Ue è stata assente per 15 anni su questo versante e ha lasciato rafforzare il monopolio delle imprese del web.

Visto che il Privacy Shield non sembra funzionare, e tra l’altro pesa sulle aziende italiane senza scalfire il monopolio delle 5 sorelle del web, “è necessario che le diverse Autorità, non solo la Privacy, collaborino per un framework comune su questi temi – ha aggiunto Bernabè – Le grandi web company hanno sempre esorcizzato le regole”.

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