La proposta di legge sul Wi-Fi disponibile e gratuito (promossa da Sergio Boccadutri, Enza Bruno Bossio, Ernesto Carbone, Alberto Losacco, Gennaro Migliore e sottoscritta da altri 106 parlamentari) ha scatenato già in pochi giorni un ampio dibattito nazionale tra addetti ai lavori.
Ma grande interesse ha suscitato anche all’estero. Sabato 24 ottobre, ad appena 24 ore dal deposito del testo alla Camera dei Deputati, un lancio della Reuters sui canali internazionali ha sollecitato l’uscita su decine di importanti siti d’informazione in tutto il mondo dal Brasile ad Hong Kong, sino all’uscita lunedì sera dell’autorevole Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) che addirittura parla di “modello italiano” di rete ubiqua.
Tanto interesse estero, contrapposto ad una rimarchevole e colpevole distrazione dei media italiani, sollecita due quesiti.
Perché tanto interesse all’estero?
Perché in nessun paese al mondo esiste un sistema di accesso alla rete cosi generalizzato come quello previsto nella proposta di legge depositata da Sergio Boccadutri e dai suoi colleghi. Il punto di arrivo conta in sostanza di ribaltare uno stato di arretratezza in una condizione avanzata.
La prospettiva che la proposta indica porta infatti a di trasformare di fatto l’Italia nel “paese più connesso al mondo”, con almeno 15 milioni di accessi quotidiani a Internet aggiuntivi rispetto a quelli attualmente registrati ogni giorno (considerati i circa 650.000 esercizi pubblici con superficie superiore ai 100mq che avrebbero il Wi-Fi disponibile e gratuito).
E non sbaglia l’autorevole quotidiano finanziario tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung a parlare in questo caso di modello italiano, perché se quanto indicato dalla proposta di legge si realizzasse, l’Italia rappresenterebbe una ricetta anche per il resto d’Europa (anche dove le connessioni Wi-Fi sono già ampiamente diffuse), specialmente con una Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker che del digitale ha fatto il cuore centrale del suo manifesto politico.
Perché sostenere questa proposta sino in fondo e cosa vuol dire per l’Italia?
Questa proposta di legge va sostenuta innanzitutto per una questione di civiltà.
Si, proprio così, di civiltà.
Perché anche in Italia come in tanti altri paesi avanzati il Wi-Fi dovrà essere libero e disponibile a tutti e senza password. E non c’è motivo per il quale il nostro paese debba essere così arretrato rispetto al resto del mondo avanzato. Basta viaggiare fuori dall’Italia per vedere cosa succede all’estero. Negli Stati Uniti, che non sono certo un paese comunista, il Wi-Fi è quasi sempre libero e disponibile a tutti senza password, così come lo è in tante altre parti del mondo. E così è in tantissimi altri Paesi, da quelli scandinavi all’Asia.
Perché non si può fare lo stesso in Italia?
Perché dobbiamo essere sempre gli ultimi?
Possibile che non ci siamo stancati di essere additati in molte cose come “fanalino di coda”?
Alcuni si sono chiesti: e per far questo serviva una legge?
Evidentemente si.
Guardiamo al turismo.
Molti turisti stranieri si lamentano del nostro paese e, come sappiamo, scelgono sempre più spesso di non venirci anche per la mancanza del Wi-Fi.
Nessuno accetta più di andare in un hotel senza Wi-Fi. Per non parlare della sgradevole sensazione di arrivare in un aeroporto privo di Wi-Fi o di viaggiare in treno senza Wi-Fi o con Wi-Fi mal funzionante (e per questo irritante).
Possiamo continuare così?
La risposta è semplice ed è no.
Perché è una condizione di arretratezza industriale, culturale e sociale che non ha più ragione di esistere e basta poco per porvi rimedio, con benefici per tutti: turisti, esercenti, consumatori, infine l’economia nazionale.
Qualcuno ha osservato: ma perché un obbligo per gli esercenti pubblici?
La risposta è molto semplice: quale attività commerciale non ha oggi una linea del telefono? Per non dire che anche un telefonino o un laptop ormai possono diventare un hotspot capace di dare connessione Wi-Fi. Quante volte vi è successo di vedere in un locale pubblico un Wi-Fi disponibile, ma non accessibile, perché chiuso al pubblico? E poi la proposta di legge non ha alcunché di vessatorio. Il testo della proposta esclude volutamente piccoli negozi sotto i 100 mq e con meno di due dipendenti.
Su Twitter ho letto: “Ma il mio panettiere che ha il negozio in un luogo remoto sarà obbligato ad avere il Wi-Fi?”
La risposta è sì.
In questo modo quel panettiere remoto sarà meno remoto e si sentiranno meno fuori dal mondo anche i suoi clienti che nel suo esercizio saranno automaticamente connessi al Wi-Fi. Quando si dice che molte attività commerciali in Italia chiudono per la crisi, ma non è proprio anche perché non si sono rinnovate?
Pochi hanno ancora riflettuto appieno sui benefici per i cittadini italiani che derivano dalla proposta di legge sul Wi-Fi nei servizi pubblici.
Avere Wi-Fi disponibile e senza password in ospedali, Comuni, scuole, trasporti pubblici rappresenterà una rivoluzione dal basso capace di mobilitare comunicazione, nuove attività, ottimismo, crescita del PIL.
Rappresenta la scossa di cui abbiamo bisogno.
E scossa è già, a giudicare dallo straordinario interesse registrato all’estero e dall’entusiasmo nell’opinione pubblica che la proposta sta suscitando in Italia.
Grazie a questa proposta, se trasformata in legge dello Stato, si creerà il più grande ed esteso network Wi-Fi d’Europa e l’Italia creerà una condizione ed una prospettiva di sviluppo digitale senza precedenti al mondo.
Sogniamo tutti un paese diverso?
Bene allora proviamo allora a costruirlo assieme e quella sul Wi-Fi sarà una partita del cuore che farà la differenza nel processo non più rinviabile di modernizzazione digitale dell’Italia.