Negli ultimi anni e, in particolare, dopo l’avvento italiano di Netflix nel 2015, si è cominciato a parlare di crisi della tv generalista.
In verità, della sua “morte” si parla ormai da molto tempo; basti citare i canali monotematici che, dedicati a pubblici verticali, nei primi anni 2000 avevano già sottratto una fetta di pubblico importante, in larga parte giovane.
Nello stesso periodo, le PayTV satellitari cominciavano a mettere in difficoltà la televisione gratuita, conquistando un pubblico alto spendente con contenuti esclusivi.
Ogni volta, però, la televisione generalista si è adattata, trovando un nuovo posizionamento di mercato. Negli ultimi anni, ovvero nell’epoca dello sviluppo dei servizi in streaming, sta avvenendo qualcosa di molto simile.
Netflix e Mediaset: il Caso Stranger Things
Qualche mese fa per il lancio della terza stagione di Stranger Things, serie pluripremiata di Netflix, è successo qualcosa che ha stupito un po’ tutti.
Il provider americano dello streaming ha coinvolto Mediaset, e nello specifico Italia1, nella sua promozione. Come? Affittando il palinsesto della rete per un’intera giornata e mandando in onda alcuni dei film iconici degli anni 80’, periodo in cui è ambientata la serie.
Per gli addetti ai lavori, questa collaborazione (la prima al mondo fra il servizio di streaming e una televisione generalista) ha aperto la strada a una nuova epoca.
Le reti nazionali avevano già provato, fin dalla prima diffusione di internet, a fornire i propri contenuti su piattaforme native di streaming, alcune con un certo successo per diffusione e pubblico (RaiPlay e Mediaset Play), altre con meno fortuna.
L’arrivo di Netflix prima, di Amazon Prime Video e di altre piattaforme dopo, ha però colpito duramente il settore e lo ha lasciato tramortito.
La tv e i millennial
I Millennial, ma non solo, hanno abbandonato la televisione in massa.
I motivi sono molteplici; lo streaming, posizionandosi come alternativa più economica alle PayTV, e come servizio più completo e personalizzato rispetto alla televisione generalista, ha mostrato di avere le giuste caratteristiche per essere apprezzato da un pubblico che non ha grandi possibilità di spesa e che vuole ricevere un servizio su misura e on-the-go.
Quali scelte possono far sopravvivere le televisioni italiane alla trasformazione digitale?
Basta show, più film e serie tv originali
Per prima cosa, le reti nazionali devono comprendere l’importanza dei prodotti originali di qualità; non tanto show settimanali, ma film, serie TV e documentari.
Oggi il pubblico ha una vastissima scelta; per farsi preferire come provider, le televisioni devono offrire contenuti esclusivi.
Gli ultimi dati affermano, inoltre, che il pubblico è ben disposto a pagare una sottoscrizione mensile, anche a più servizi contemporaneamente, per poter usufruire di contenuti in streaming. Investire nella produzione e nella creatività di contenuti originali permette quindi alle reti di chiedere un contributo agli utenti.
Un caso come quello di Infinity, piattaforma legata a Mediaset, è esemplare: sebbene sia stato uno dei primi strumenti di streaming disponibile in Italia, questa non ha mai attirato grandi pubblici; nonostante si sia specializzata nei lungometraggi, ciò che gli è sempre mancato per avere successo sono i contenuti originali.
Più collaborazione con i grandi provider
Un’altra strategia, forse più percorribile per gli attori in gioco, è la collaborazione con i grandi provider (un po’ come è stato tra Netflix e Italia1). Infatti, sebbene la piattaforma americana abbia già un grande seguito, certe categorie di spettatori continuano a essere appannaggio delle televisioni tradizionali. Condividere i pubblici è sicuramente una strategia vincente per tutti.
In generale, il segreto per riuscire a coinvolgere le nuove audience è l’offerta di esperienze uniche, personalizzate e coinvolgenti. Il fatto che “generalista” sia la parola che peggio descrive i giovani di oggi la dice lunga su quanto le reti nazionali siano poco appetibili per le nuove generazioni.
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