Il miglior momento per investire in fibra ottica era ieri, il secondo miglior momento per farlo è adesso. La crisi finanziaria ha confuso temi, problemi e soluzioni. In questo articolo faremo chiarezza sulle regole che presiedono all’infrastrutturazione ottica, e diremo perché è importante investire adesso in Italia e riuscire ad avere il controllo assoluto di un proprio pezzo di rete.
Muoversi nella burocrazia italiana è un’esperienza disastrosa. Diceva Kirschmann che basta il mutamento di una sola legge per far cadere interi scaffali da una biblioteca. Noi, per capire quali oneri amministrativi spettano oggi all’operatore che si accinge a posare fibra ottica in Italia siamo andati a ”scavare” nella normativa nazionale e comunitaria ed è emerso che sono entrate in vigore una serie di leggi che hanno novellato le norme che disciplinano il settore, a cominciare dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche.
A cascata – solo per cominciare – citiamo la Legge 133/2008 (per l’avvio dei lavori basta una DIA), la Legge 69/2009 (su profondità di scavo, accesso ai condomini, passaggio di cavi) poi la Direttiva 2009/140/CE e la delibera AGCom 622/11/CONS.
Sulla carta del menù legislativo i diritti ci sono tutti. E’ stata regolata la realizzazione di dorsali ottiche, la condivisione di infrastrutture ed il cablaggio degli edifici. Abbiamo dunque regole perfino sulla profondità di scavo, sulla risistemazione delle aree pubbliche coinvolte, sulla posa a terra ed aerea (cd. “senza appoggio”) della fibra.
Così tra il 2012 e il 2014 abbiamo avuto prima il “Decreto Sviluppo 2” (Legge 221/2012) che ha semplificato l’installazione di impianti ed apparati nei condomini. A seguire il “Regolamento Scavi” che ha normato le minitrincee (Decr. MISE 1/10/2013). Poi è stata la volta del “Decreto del Fare” tradotto in Legge 98/2013, che ha liberalizzato il wi-fi e ha tolto la patente agli installatori.
Ancora dopo, è intervenuto il D.Lgs 21/2014 che ha modificato il Codice del consumo ed infine il famoso “Destinazione Italia” (Legge 9/2014) che ha sgravato fisco e burocrazia sugli scavi ma soprattutto ha istituito il catasto delle infrastrutture che AGCom dovrebbe completare entro l’anno.
Per quanto concerne la fibra ottica siamo dunque arrivati all’optimum sognato da Pareto, cioè quella condizione che si raggiunge quando, avendo operato tutti i miglioramenti possibili alla struttura economica, si giunge al punto in cui è impossibile migliorare la situazione di un ente senza compromettere il benessere di un altro.
Le novità intervenute con il documento “Strategia italiana per la banda ultralarga” confermano le tesi di Pareto ossia che da questo momento in poi qualsiasi intervento legislativo sull’economia implica uno squilibrio da una parte ed una perdita di efficienza del sistema. Del resto è vero che un solo regolamento attuativo (Kirskmann) può far cadere tutto il castello legislativo che abbiamo or ora descritto e riassunto.
Facciamo alcuni esempi: quando il Governo voleva imporre per decreto una data di scadenza della rete in rame di Telecom Italia si era in procinto di danneggiare una società quotata in borsa per ottenere una spinta sulla fibra. Altro esempio: quando il Governo voleva imporre una scelta tecnologica (Ftth, fiber to the home) si andava a viziare la competizione arrecando un maggior danno alle aree a fallimento di mercato. Ancora un altro esempio: quando nella Strategia BUL troviamo la clausola “wholesale only” intesa come diritto per un operatore di rete che fornisca connettività solo all’ingrosso, di vendere accesso con fibra spenta, piuttosto che il mero accesso alle sue infrastrutture passive (i.e. le canaline) cosa abbiamo se non l’esatto contrario della legislazione vigente che invece favorisce co-ubicazione e condivisione?
Queste sono tutte alterazioni artificiose del sistema che al sistema non appartengono e che lo soffocano. Già solo per questi motivi non è sbagliato, per un operatore concorrente, correre a coprire determinate aree di interesse con la fibra ottica. L’investimento che le norme gli consentono oggi, potrebbero non consentirglielo già domani. Nelle more dell’attuazione della Strategia BUL promossa dal Governo chi investe oggi, lo può fare a condizioni che potrebbero non essere più valide domani. Perché domani magari, la necessità di copertura di altri capitoli di spesa pubblica, potrebbe portare ad imporre corrispettivi nuovi – oggi non dovuti – a chi vuole usare il suolo pubblico. Del resto, se è stato imposto di pagare l’IMU alle case terremotate e sui terreni agricoli, cosa vieta di imporre TOSAP e COSAP anche a chi usa la rete fisica o logica di altri? Pensateci.