La filosofia politica europea ama molto la definizione di “Stato” che parte dal presunto “monopolio della violenza fisica legittima” di Weber, anche se la parola “legittima” rende la definizione sostanzialmente circolare: è legittimato alla violenza chi ha la maggiore capacità di praticarla.
Il concetto è comunque coerente con la tradizione continentale di Stati autocratici e altamente centralizzati. Spiega anche la forte resistenza europea al possesso privato delle armi da fuoco, nonché le obiezioni all’idea che possa esistere un “diritto” all’autodifesa da parte dei cittadini.
Al di fuori della bolla culturale nata dalla “Tregua di Dio” del 13° secolo e dall’estrema necessità di dare una sistematina al violento clima del “si salvi chi può” del tardo Medioevo, l’idea non è universale. Nel mondo, il possesso di armi da parte dei privati è comune ed è in forte crescita.
Secondo un recente censimento del fenomeno, lo “Small Arms Survey” dell’Institut de Hautes Études Internationales e du Développement di Ginevra, ci sono al mondo oltre un miliardo di armi da fuoco leggere—all’85 percento di proprietà privata. Lo studio trova inoltre che il possesso privato è in forte crescita. Globalmente, le armi in mano ai “borghesi” sarebbero passate da 650 milioni nel 2006 a 857 milioni nel 2017. Le armi istituzionali invece, dei “legittimati alla violenza”, sono molte di meno. I dati svizzeri indicano che, nel mondo, quelle sotto il controllo militare sarebbero 133 milioni e le armi leggere delle varie forze dell’ordine 22,7 milioni.
“Il possesso da parte dei civili appare globalmente in crescita”, secondo il Survey, “nei soli Stati Uniti i privati hanno acquistato almeno 122 milioni di armi da fuoco nuove o importate nel periodo 2006-17”.
Negli Usa, che hanno visto un forte declino della criminalità violenta negli ultimi 25 anni—dai 747 crimini con violenza per 100mila abitanti nel 1993 ai 387 nel 2016—le forze dell’ordine dispongono di uno stimato 1.016.000 armi leggere di fronte a una popolazione che ne detiene invece 393.300.000. I militari Usa ne controllano altre per circa 4,5 milioni. Come suggeriscono i dati americani, i borghesi armati non sono necessariamente pericolosi. “I paesi dov’è maggiore il livello di violenza con le armi da fuoco non occupano posizioni alte in termini del possesso di armi procapite”, secondo Anna Alvazzi del Frate, il program director dello Small Arms Survey. “Non troviamo una correlazione a livello globale tra il possesso di armi da fuoco e la violenza”.
Siccome chi detiene un’arma—legalmente o meno—spesso preferisce non farlo sapere, si sospetta che il possesso privato possa essere sottostimato. Un altro problema sorge con l’intracciabile produzione “informale” delle cosiddette “craft guns” artigianali. L’India ne produrrebbe 2,5 milioni all’anno. Un altro grande produttore è la Nigeria, che fabbrica artigianalmente pistole automatiche copiate da modelli Beretta, moderni fucili d’assalto e mitra. Altrove—soprattutto in Nordamerica—l’introduzione della stampa 3D già serve alla produzione “irregolabile” di armi leggere perfettamente funzionanti.
Nei fatti, in molte parti del Mondo gli Stati, dopo la fine dei monopoli radiotelevisivi e quelli del sale e dei tabacchi, stanno perdendo anche il monopolio della violenza. Meno male allora che, almeno secondo la ricerca svizzera, il semplice possesso dell’arma non implica la necessità di tirare il grilletto.
*Nota Diplomatica ‘I borghesi si armano’ di James Hansen.