La scorsa settimana ha fatto scalpore la sanzione da 100 milioni di euro che l’Antitrust ha comminato a Google per la mancata accettazione su Android della app di EnelX Juicepass, volta a consentire la localizzazione sulle Mappe delle colonnine di ricarica delle auto elettriche: controversie simili, fra app e piattaforme, si dibattono fra Apple, Spotify e Facebook.
Se la questione è interessante sul piano giuridico e tecnologico, colpisce anche per l’ennesima conferma che viene offerta dei tanti ambiti in cui Google sta estendendo la sua presenza, in questo caso nel campo delle connected car in cui già Apple aveva definito il proprio protagonismo con CarPlay e con il proprio servizio di mappe.
L’attenzione ormai molto elevata – ricordiamo il Digital Services Act europeo – con cui legislatori ed authority indipendenti affrontano la pervasività delle big tech nasce infatti dalla consapevolezza che una posizione di leadership ottenuta in un’area di business (in questo caso, il sistema operativo Android) può essere utilizzata anche in settori differenti ed attigui, come le smart car e, in qualche misura, il promettente mercato delle auto elettriche.
Ecco perché è sempre interessante osservare i tanti campi da gioco in cui Alphabet, la parent company di Google, opera:
- con Nest, nella domotica e nelle smart home;
- con Fitbit (di recente acquisizione) nei dispositivi wearable e nelle tecnologie che si fondano sul “quantified self” e sul fitness;
- con Calico e Verily, nella ricerca legata alle scienze della vita.
La diffusione di oggetti connessi alla Rete e quindi tali da richiedere un sistema operativo che ne consenta il collegamento con altri oggetti e con gli utenti rende poi Android e il business dell’infrastruttura in cloud di Google trasversali a molti settori, non ultimo, quello sanitario di fronte al quale si sono levate forti preoccupazioni sul protagonismo di Google nell’offerta di servizi in cloud per gli ospedali.
Di fronte a questo scenario, il ruolo delle big-tech e l’attenzione nei confronti dell’uso dei dati che da tali aree vengono prodotti non possono quindi che accrescere ulteriormente l’attenzione dei policy-makers perché non venga a ridursi la concorrenza del sistema e il rispetto verso il trattamento dei dati delle persone e delle aziende.