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Perché calano le vendite di PC e smartphone

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A giudicare dai dati sul primo trimestre del 2023, il mercato dei PC è in crisi: secondo IDC, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso le vendite sono crollate del 29%, arrivando a 56,9 milioni di unità contro gli 80,2 milioni dell’anno scorso.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Ci stiamo stancando dei PC? L’auspicio di Bill Gates, risalente a qualche decennio fa, che vedeva nel futuro “un PC su ogni scrivania”, passerà da profezia azzeccata a ipotesi poco lungimirante? A giudicare dai dati sul primo trimestre del 2023, il mercato è in crisi: secondo IDC, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso le vendite sono crollate del 29%, arrivando a 56,9 milioni di unità contro gli 80,2 milioni dell’anno scorso. Il colpo l’hanno sentito tutti: Lenovo, con il -30,3%; Dell, con il -31%; HP, con il -24,2%; e soprattutto Apple, che di solito attutisce l’impatto grazie a un settore high-end più refrattario ai cali di domanda, è scesa del -40,5% (addirittura -45,5% per Canalys), malgrado l’uscita dei suoi nuovi laptop, con la parziale scusante che Cupertino era andata particolarmente forte nella passata stagione invernale.

Il ricambio dei dispositivi? Rinviato all’anno prossimo

È inevitabile che questi dati portino immediatamente ad analisi sull’era del post-PC e a riflessioni su quanto ormai siano altri i dispositivi centrali nella nostra attività quotidiana: primi tra tutti gli smartphone, coadiuvati anche dalle ottime prestazioni del 5G e dai canoni che si mantengono bassi per la telefonia mobile (basta guardare il comparatore di SOStariffe.it, come sempre, per farsi un’idea). Eppure anche le vendite dei telefonini non stanno brillando, anzi; i dati sull’ultimo trimestre del 2022 hanno riportato il maggior declino della loro storia, pari al -18,3%, per un -11,3% su base annuale. Il dato che più ha preoccupato gli analisti è che per la prima volta le consegne durante il periodo delle vacanze invernali, da sempre il momento “caldo” dell’anno per gli acquisti legati alle feste, sono diminuite rispetto all’anno precedente.

È quindi il caso di vedere il fenomeno da un punto di vista diverso rispetto a quello, pur innegabile, che vede il computer spostarsi sempre di più dalle scrivanie alle nostre tasche. Se la pandemia ormai ha rallentato i suoi effetti (ma Apple ha subito un duro colpo con i lockdown inaspettati in alcune fabbriche chiave per la produzione dei suoi componenti), le difficoltà economiche a livello mondiale hanno indebolito la domanda, e sono sempre di più i consumatori che stanno rinviando al periodo invernale o addirittura all’anno prossimo, in attesa di tempi migliori, il refresh dei loro dispositivi.

Il problema dei magazzini pieni

Il basso numero di consegne dai produttori ai venditori dipende anche dai magazzini pieni, che hanno portato a cercare di ridurre soprattutto le scorte, piuttosto che a richiedere nuovi rifornimenti. Gli inventari sono a livelli elevati in parte per il calo della domanda e in parte come conseguenza delle difficoltà logistiche degli ultimi anni; in molti, costretti per diversi mesi a rimandare al mittente le richieste di acquisto a causa della pandemia e della conseguente riduzione nelle consegne della componentistica elettronica, si sono procurati scorte fino a un livello superiore al necessario, e ora fanno fatica a smaltire, in un’inversione netta della tendenza rispetto a soli pochi mesi fa.

Per il consumatore, però, questa situazione può avere dei lati positivi. Un alto livello degli inventari porta di norma i produttori a ribassare i prezzi per liberare spazio (che ha un costo, spesso molto alto) e per stimolare le vendite: gli effetti degli sconti si stanno in effetti già vedendo, soprattutto in alcuni settori, come quello della progettazione 3D e del gaming, le cui schede grafiche più potenti stanno cominciando a vedere ribassato il cartellino del prezzo, diventando più accessibili. Ma il problema rimane: c’è tutta questa domanda oppure no?

Il boom dei PC per i lockdown è finito

Gli analisti prevedono una ripresa della domanda per la seconda metà del 2023 o per l’inizio del 2024, ma se questa possa tornare ai livelli pre-crisi rimane un mistero, e dipenderà ovviamente anche dall’eventuale stabilizzazione di una situazione geopolitica sempre più in certa (in primo luogo per il perdurare del conflitto tra Russia e Ucraina e per la situazione tesa tra Stati Uniti e Cina) e dall’andamento dei tassi di interesse: finché l’inflazione rimarrà un più che concreto spauracchio, i consumatori rimarranno cauti, e ci vorranno mesi prima che le scorte tornino a livelli normali.

Di certo il fatto che i livelli di vendita non stiano semplicemente tornando alle quote pre-pandemia, ma più basse, significa che non si può derubricare tutto semplicemente alla fine del recente boom dovuto all’incremento della didattica a distanza e dello smart working durante i lockdown; è però vero che il primo trimestre del 2019 le vendite erano a 60 milioni di unità, quindi sarebbe improprio parlare di una vera implosione del mercato.

Cambiare smartphone prima di quattro anni: no, grazie

Il 2024 è un anno atteso anche perché, in media, ci si aspetta che (soprattutto nel settore education) una percentuale consistente dei dispositivi acquistati al culmine della pandemia, tra il 2020 e il 2021, si avvicini alla fine del loro ciclo vitale e vengano sostituiti un po’ per volta (passando a Windows 11, per quello che riguarda il mercato PC). Secondo Canalys, in Europa occidentale i numeri dei PC caleranno ancora del 7% quest’anno prima di tornare a vedere il segno positivo, per una crescita attesa l’anno prossimo del 12%. Per i tablet – tanto per confermare che si tratta di una crisi “agnostica” rispetto al tipo di dispositivo – invece andrà peggio: quest’anno la discesa continuerà per un ulteriore -10%, e il rimbalzo del 2024 non dovrebbe superare il +4%.

E gli smartphone? Non bene, come si è visto, ma il settore regge comunque di più: per quest’anno sono attesi risultati sostanzialmente identici al 2022, con una crescita inferiore al 10% per l’anno prossimo, conseguenza soprattutto della riapertura della Cina e del continuo boom dell’India. Il problema (per i produttori, non per i consumatori) è che per questi apparecchi il periodo medio di ricambio continua a salire, ed è ormai superiore ai 40 mesi per la maggior parte dei mercati: sempre meno persone cambiano il proprio cellulare prima che siano trascorsi almeno quattro anni, e sembra definitivamente tramontato il periodo in cui ogni due anni arrivava una nuova innovazione a invogliare all’acquisto di un nuovo dispositivo.

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