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People&Tech. Internet of Everything, nuova sfida per il futuro

Isabella Corradini

Oggetti e dispositivi di uso quotidiano, come termostati, orologi, videocamere, connessi ad Internet: questo è in poche parole il concetto di Internet of Things (IoT).

Si tratta di una nozione già in via di estensione, dal momento che l’orientamento è quello di riuscire a connettere alla Rete tutto ciò che è possibile, arrivando così a definire l’Internet of Everything (IoE).

A rappresentare questa realtà multidimensionale con la quale ci confronteremo nel prossimo futuro sono le Persone, i Processi, i Dati e le Cose (People, Process, Data and Things), tutti connessi in modo intelligente.

Si tratta di una sfida che bisogna affrontare con chiarezza di intenti e di strategie, partendo dalla conoscenza delle opportunità ma anche dei rischi che essa pone, soprattutto riguardo alla sicurezza.

Questi gli aspetti al centro dell’evento “Stati Generali dell’Intelligence Economica” organizzato dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.

Con il contributo di esperti del mondo accademico, della ricerca e dell’imprenditoria, si sono delineati i principali rischi e opportunità dell’Internet of Everything (IoE) e sottolineato il ruolo chiave dell’Intelligence Economica.

Tale disciplina di studio si riferisce, in sintesi, a tutte quelle azioni di ricerca e di analisi delle informazioni necessarie alla comprensione del contesto e utili ad indirizzare il decisore, pubblico o privato, verso la definizione di strategie per lo sviluppo e la salvaguardia delle ricchezze di un Paese.

Le previsioni descrivono un mondo formato da miliardi di oggetti, che dotati di sensori e connessi in Rete, agiranno su tutti i settori della vita quotidiana, dal commercio al sistema bancario, alle attività individuali.

Allo stato attuale diverse sono le aziende impegnate a promuovere investimenti in questo ambito. Tuttavia, come abitualmente accade, nella frenetica corsa al business, accade spesso che non ci si interroghi sugli effetti, in particolare su quelli più critici, che una simile trasformazione può comportare per la vita delle persone.

Siamo pronti ad immergerci in una realtà dove tutto (o quasi) sarà connesso?

È vero che già gran parte delle nostre attività quotidiane dipendono dalla Rete, ma con l’Internet di tutte le Cose verrà a determinarsi un ambiente tecno-sociale sempre più pervasivo (nonché invasivo), nel quale le persone si troveranno a convivere costantemente con oggetti e dispositivi connessi.

Vi è inoltre un aspetto critico che riguarda la protezione e la sicurezza dei dati scambiati a seguito delle connessioni. Chi avrà la gestione, o meglio, il controllo di tutti questi dati? È vero che per certi versi potrà essere utile che il frigorifero sia in grado di ricordarmi in modo intelligente quello che è necessario acquistare, ma è anche vero che questi dati produrranno informazioni su quelle che sono le mie abitudini e le mie preferenze. Per finalità commerciali, sarà possibile disporre di profili sempre più accurati e determinare a priori le esigenze dell’utente, risultato non da poco, con possibile bombardamento di prodotti e servizi ad hoc per l’utente.

Ma c’è poi anche il problema che avere tutte le cose connesse tra loro e alla Rete amplia la superficie da proteggere e favorisce opportunità di attacco per i cybercriminali.

Già nel 2016 si sono registrati alcuni attacchi informatici che hanno sfruttato dispositivi IoT, come webcam e videocamere di sorveglianza. Va ricordato, ad esempio, l’attacco avvenuto nei confronti di un’importante infrastruttura on line, DynDNS, e che ha reso irraggiungibili per diverse ore centinaia di siti web popolari (tra i quali Twitter, New York Times, etc.).

Cosa potrebbe succedere nell’Internet of Everything?

Se allo stato attuale il problema della sicurezza informatica è pressante e irrisolto, è probabile che lo sarà ancora di più a fronte di una situazione che si preannuncia senza confini e, quindi, con uno spazio pressoché infinito da proteggere. Non bisogna poi sottovalutare il rischio che le potenzialità dell’intelligenza artificiale vengano sfruttate con finalità malevoli.

Dal momento che i cyber criminali sono pronti a sfruttare qualsiasi vulnerabilità disponibile, sia tecnologica che umana, è necessario fin d’ora impegnarsi in un rinnovamento culturale per affrontare le sfide dell’Internet of (Every)Things.

Da una parte si rende necessario l’impegno delle stesse case produttrici a garantire prodotti dotati di soluzioni costantemente aggiornate, in linea con l’evoluzione delle minacce.

Dall’altra, è indispensabile lavorare sul piano educativo e culturale, rendendo le persone consapevoli prima di tutto della realtà multidimensionale nella quale si apprestano ad interagire, nonché del fatto che l’uso sicuro dei dispositivi cosiddetti smart non può essere delegabile alle sole case produttrici. Ancora una volta il comportamento umano sarà l’elemento chiave della sicurezza informatica. Ci si ricorderà, ad esempio, di disconnettere tutti i dispositivi quando non sono utilizzati? Si utilizzeranno password robuste? Problema, quello delle password, purtroppo sempre attuale.

Non ci si può quindi preoccupare di tali questioni a posteriori, ovvero solo dopo aver praticamente rivoluzionato la vita degli individui. Meglio pensarci prima, almeno fin dove sia possibile farlo, piuttosto che tentare di porre rimedi al verificarsi dei problemi. Altrimenti rischiamo (come stiamo già facendo) di andare verso un futuro sempre più controllato dalle tecnologie e dalla Rete e meno dagli umani, e nel quale ciò che il sociologo Evgenij Morozov descrive come “soluzionismo” digitale, cioè il pensare che la Rete possa risolvere ogni problema, diventa l’unico approccio per affrontare ogni situazione.

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