Schiavi degli smartphone, ma meno propensi ad aprire i cordoni della borsa: questo, in sintesi, il ritratto degli utenti mobile nel 2022, tra conseguenze del Covid e l’aumento dell’inflazione con il quale ci troviamo a fare i conti ogni giorno.
Uscito pochi giorni fa, il report State of mobile 2023 di data.ai, uno dei più attesi nel settore, mostra infatti quali sono stati i trend dell’anno scorso – quello del “ritorno alla normalità” dopo la fase più acuta della pandemia per molti Paesi – e quali sono quelli che si delineano per il 2023. Il primo dato è il continuo aumento del tempo passato sui nostri dispositivi, a dimostrazione che non si è trattato solo di un effetto collaterale del lockdown (la crescita è infatti del +9% rispetto al 2020, l’anno in cui le restrizioni sono state più dure in gran parte del mondo) ma di una tendenza che non mostra segni di rallentamento.
Sui dieci mercati analizzati nel report, e prendendo come riferimento i telefoni con sistema operativo Android, la media del tempo passato sullo smartphone ha superato le cinque ore – per la precisione, cinque ore e due minuti – con la maggiore crescita registrata in Arabia Saudita, Australia e Singapore. La soglia delle cinque ore nel 2022 è stata superata dall’Indonesia, dal Brasile, dall’Arabia Saudita, da Singapore e dalla Corea del Sud.
Le scelte difficili in materia di spesa
Se il tempo libero a disposizione o le restrizioni pandemiche sembrano aver intaccato poco le abitudini d’uso, diverso è il caso della recessione economica planetaria, che ha visto sommarsi alla difficile ripresa dopo il Covid anche i gravissimi problemi di aggiornamento energetico in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. In genere, la gente ha meno soldi da spendere sui telefonini o perlomeno una propensione inferiore a farlo, preferendo una condotta più prudente come di solito si registra durante i periodi di crisi: l’anno scorso la spesa globale dei consumatori è infatti scesa del 2% rispetto all’anno precedente, con le debite eccezioni per i singoli Paesi (come il mercato di Taiwan, del Brasile, di Hong Kong e del Messico). I download, invece, sono aumentati del +11% (con il dato record del Pakistan che ha visto un aumento del +35% rispetto al 2022); come dire che si passa più tempo davanti al display (+9%), si scaricano più applicazioni ma quando è il momento di fare acquisti in-app ci si pensa un po’ di più.
Da registrare l’importanza delle comunicazione mobile per gli abitanti dell’Ucraina, che durante la guerra hanno utilizzato gli smartphone per comunicare tra di loro e con il mondo, con una crescita del tempo speso di +45%; anche la Russia ha fatto registrare un aumento significativo (+20%), insieme al Pakistan.
Cosa cambierà coi canoni di telefonia mobile
Resta da vedere se questi dati subiranno delle variazioni quest’anno a causa dell’aumento dei canoni mobili a cui hanno fatto ricorso già diversi operatori italiani per adeguarsi all’inflazione galoppante (su SOSTariffe.it è sempre possibile avere un resoconto aggiornato delle promozioni attualmente attive per scegliere l’offerta mobile più conveniente). Ma è probabile che la telefonia mobile segue sempre più logiche tipiche dei beni anelastici, in quanto ormai considerato di fatto un bene di prima necessità, e quindi la domanda subisce variazioni inferiori del normale in seguito a un aumento dei prezzi; allo stesso tempo però molto è legato alla situazione dell’economia quest’anno, per cui è evidente che con il perdurare, o addirittura con l’aggravarsi, delle situazioni di difficoltà per gran parte della popolazione si andrebbe incontro a un certo tipo di scelte, anche soltanto con una più accentuata migrazione verso le offerte low-cost.
Tra abbonamenti e ads
Detto che il tempo passato sugli smartphone è ancora aumentato, resta da vedere come. Ci sono tre categorie, al di fuori del dominio incontrastato del gaming, a cui si può riferire quasi il 50% del restante tempo complessivo; la comunicazione via social media (con il 19,5%; WeChat, il programma di messaggistica più diffuso in Cina, guida la classifica delle app più scaricate in questa categoria), l’intrattenimento attraverso i video brevi (il 17%, e qui nessuno si stupirà nel vedere TikTok in cima) e il video sharing (al 12,7%, con YouTube a farla da padrone). Seguono i social network (con Facebook), i browser per la navigazione su Internet (Chrome), i social network dedicati alla condivisione di media come le immagini (Instagram) e così via.
Per quanto riguarda la spesa, i guadagni maggiori per le aziende arrivano nell’ambito delle piattaforme OTT, in particolare Disney+ (in totale la categoria conta per il 16% della spesa), le app di dating (13,1%, Tinder), e, ancora, i video brevi al 7,9% (sempre TikTok). La situazione qui è più frammentata, anche perché le logiche di monetizzazione cambiano a seconda del tipo di app, e il difficile è trovare lo sweet spot tra l’ammontare, ad esempio, di un abbonamento sufficientemente alto e il numero di abbonati, che possono invece aumentare se la spesa è più bassa, visto che le microtransazioni “non fanno paura”. Un servizio di streaming da circa 10 euro al mese non si basa, del resto, unicamente sugli ad come possono invece permettersi i social da miliardi di iscritti.
Sempre più soldi per la pubblicità, ma in frenata
Proprio per quanto riguarda le spese pubblicitarie, nel 2023 secondo il report di data.ai la proiezione della spesa complessiva si aggirerà – soltanto sui telefoni Android – intorno ai 362 miliardi di dollari, con un aumento totale negli ultimi cinque anni del +18,5%. Il passaggio di testimone dai social network tradizionali come Facebook alle piattaforme di video brevi come TikTok, anche in questo ambito, è ormai assodato, e saranno infatti gli short videos a guidare la spesa.
Anche qui però si registra una flessione, analizzando la crescita annuale; nel 2018, rispetto all’anno precedente, l’aumento era stato del 22%, nel 2019 del 22,6%, nel 2020, anno del picco, del 26,3%, nel 2021 del 22,9% e nel 2022 del 14%; ancora da vedere se ci sarà una nuova inversione di tendenza o se le attuali situazioni economiche hanno invitato anche i grandi protagonisti della scena a una politica pubblicitaria più prudente o se non altro meno costosa nel medio termine.