Venezuela, il ministro degli Esteri lascia per correre alla Costituente
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – Figura sempre piu’ emblematica del Venezuela di Nicolas Maduro, il ministro degli Esteri Delcy Rodriguez ha lasciato l’incarico per potersi presentare alle elezioni per l’Assemblea costituente, che si terranno il prossimo 30 luglio. La decisione, scrive il quotidiano spagnolo “El Pais”, e’ “parte del processo per il quale alti funzionari del chavismo lasciano il loro incarico per comporre” un organo destinato ad assumere “competenze assolute”. La Costituente e’ lo strumento scelto dal presidente Maduro per far uscire il paese dalla crisi politica, ma trova il fermo parere contrario delle opposizioni che denunciano vizi nella convocazione alle urne, nella composizione dell’organo e nei poteri ad esso assegnati. Il posto di Rodriguez, vulcanica protagonista di accesi scontri verbali con i suoi pari grado continentali, verra’ preso dal Samuel Moncada, gia’ ambasciatore presso l’Organizzazione degli Stati americani (Osa). Una nomina, assicura “El Mundo”, “che garantisce la continuita’ della diplomazia di Maduro”. Le ultime ore da ministro sono state in linea con la sua traiettoria di strenua difensore dell’indipendenza di Caracas dalle pretese “interventiste” degli Stati Uniti e dei paesi “sottomessi” a Washington. Pur avendo dichiarato di non voler partecipare al lavori dell’Assemblea generale di Cancun, Rodriguez e’ stata l’indiscussa protagonista mediatica della due giorni tenuta nel Messico dall’Osa. Il vertice avrebbe dovuto licenziare una dichiarazione comune sulla soluzione della crisi in Venezuela, ma l’Assemblea generale si e’ spaccata al momento di decidere se era giusto chiedere a Caracas di non procedere oltre con l’Assemblea costituente e – ancor di piu’ – se era necessario inviare nel paese un organismo esterno in grado di mettere d’accordo le parti in conflitto. Forte dell’appoggio piu’ o meno esplicito di un gruppo di paesi “amici” di Caracas, quasi tutti inscritti nell’area caraibica, il Venezuela ha difeso il principio di non ingerenza dinanzi all’organismo internazionale impedendo l’approvazione di testi contrari. Risultato, nella dichiarazione finale dei lavori la parola Venezuela non e’ stata neanche evocata. Delcy Rodriguez “ha difeso come una tigre la sovranita’ e l’indipendenza” del paese, ha detto Maduro commentando “la vittoria” riportata a Cancun: “una delle piu’ importanti della storia”. Scrive il quotidiano messicano “Milenio” che la sala stampa di Cancun, provata dall’iperattivismo di Rodriguez, ha accolto “con uno scoppio di risata” le sbrigative parole con cui il ministro degli Esteri anfitrione Luis Videgaray ha accolto l’annuncio delle imminenti dimissioni: “grazie, ministro, buona fortuna”. Ma il Messico, assicura Videgaray, “non cambiera’ comunque la sua posizione verso il Venezuela”.
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Arabia Saudita, la revisione della linea dinastica potrebbe aprire la strada a importanti sviluppi geostrategici
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – In primo piano sulla stampa Usa la decisione del re saudita Salman di riscrivere le regole dinastiche, nominando principe della corona il figlio, il 31 enne Mohammed bin Salman; questi era secondo nella linea di successione dopo il 57 enne Mohammed bin Nayef, nipote del sovrano, ex ministro dell’Interno e capo dell’anti-terrorismo e dei servizi segreti sauditi. Il principe Mohammed, scrive la stampa Usa, “ereditera’ un regno che ha gia’ scosso” con il suo storico progetto di riforma economica “Vision 2030”, teso a diversificare l’economia dell’Arabia Saudita ed emanciparla dal petrolio. La decisione del re saudita rappresenta il culmine degli scontri di potere all’interno della monarchia saudita, proprio mentre il paese attraversa una delicata fase storica, caratterizzata dal crollo dei prezzi del petrolio e dall’aumento della tensione con l’Iran e con altri paesi sunniti, primo tra tutti il Qatar. L’81 enne Salman, infatti, ha gradualmente marginalizzato una serie di principi anziani, quasi tutti formatisi all’estero e depositari di una lunga esperienza di governo che invece manca al principe 31 enne. La rapidissima ascesa di Mohammed bin Salman gli e’ valsa l’ostilita’ di quella parte della corte saudita che fa riferimento a bin Nayef. Queste voci critiche accusano il principe di volubilita’ e inesperienza, e sostengono che sia stato proprio Mohammed a intrappolare l’Arabia Saudita in una serie di crisi senza apparente via d’uscita, come il conflitto nello Yemen, che il principe ha intrapreso nella veste di ministro della Difesa. Il “New York Times”, pero’, e’ convinto che “queste rimostranze rimarranno limitate alla spera privata, in una famiglia regnante che piu’ di tutto tiene alla stabilita’”. Secondo Joseph A. Kechichian, membro del King Faisal Center for Research and Islamic Studies con importanti contatti nella corte di Riad, “molte persone sono felici che un nuova generazione si stia affacciando al potere, ma non le generazioni piu’ anziane”. Secondo Kechichian, pero’, “anche se la gente non gradisce, si tratta in ultima analisi di una decisione monarchica, e gli insoddisfatti dovranno accettare la nuova situazione o tenere la bocca chiusa”. La stampa statunitense e quella israeliana sottolineano le implicazioni della “rivoluzione” dinastica saudita sul piano geopolitico: il principe Mohammed e’ noto per la sua ottima relazione con l’amministrazione presidenziale Usa, ma anche per la sua apertura alla Russia, che ha visitato lo scorso 30 maggio. La posizione marcatamente anti-iraniana del principe, inoltre, ne fa un interlocutore ideale per Tel Aviv, scrive in una analisi il quotidiano “Haaretz”. Alla notizia dedica ampio spazio anche il “Wall Street Journal”, secondo cui la decisione del re Salman “ha un obiettivo preciso: trascinare il paese nell’era moderna”. In un editoriale, pero’, il quotidiano sottolinea come l’ascesa del principe non possa essere semplicisticamente dipinta come un rafforzamento dell’asse tra Washington e Riad: Mohammed, sottolinea il quotidiano, “ha entusiasticamente corteggiato il presidente (Usa Donald, ndr) Trump per bilanciare il sostegno di cui Mohammed bin Nayef gode presso gli establishment della difesa e dell’intelligence statunitensi”. Il deciso sostegno di Trump all’Arabia Saudita, espresso dal titolare della Casa Bianca durante la sua recente visita ufficiale a quel paese, potrebbe aver spronato re Salman ad agire, forzando la riscrittura della linea dinastica. In questo senso, la svolta di Riad potrebbe essere considerata una sconfitta dello “Stato profondo” Usa: ed e’ proprio per questa ragione, forse, che il dipartimento di Stato Usa ha espresso negli ultimi giorni una posizione assai critica nei confronti dell’Arabia Saudita sul fronte della crisi con il Qatar, in aperto contrasto con la linea del presidente Usa.
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Usa, l’ennesima sconfitta elettorale espone le divisioni nel Partito democratico
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – La pesantissima sconfitta elettorale subita dai Democratici Usa alle elezioni suppletive in Georgia – la quarta consecutiva dopo le presidenziali dello scorso novembre – ha fatto emergere le divisioni interne al partito, e scatenato critiche e accuse a diverse figure di primo piano della formazione politica. Per assicurarsi la vittoria alle elezioni in Georgia, caratterizzate per settimane come un importantissimo voto di sfiducia nei confronti della Casa Bianca, i Democratici avevano mobilitato decine di milioni di dollari da altri Stati, che hanno reso la consultazione la piu’ dispendiosa nel suo genere nella storia Usa. Nonostante un vantaggio di 7 a 1 in termini di contributi elettorali, pero’, il democratico Jon Ossoff ha avuto la peggio sulla repubblicana Karen Handel. Ieri l’ala populista del Partito democratico, che fa riferimento al senatore socialista Bernie Sanders e promuove la “resistenza” oltranzista all’amministrazione Trump, si e’ scagliata contro la leadership nazionale del partito, accusandola di non aver sposato con convinzione la piattaforma economica del senatore. I deputati piu’ giovani del partito, invece, sono tornati a puntare l’indice contro la leader della minoranza alla Camera, Nancy Pelosi; mentre in South Carolina, teatro di un’altra elezione congressuale suppletiva dove i Democratici sono giunti vicinissimi alla vittoria, in una circoscrizione tradizionalmente repubblicana, i leader di partito locali hanno accusato i loro colleghi a Washington di aver dato per persa la contesa sin dall’inizio, non riservandole fondi sufficienti per promuovere l’affluenza alle urne della minoranza afroamericana. Tra questo vortice di accuse si sono dovuti districare anche i media mainstream, che avevano entusiasticamente predetto la vittoria di Ossoff, e dopo la sua sconfitta hanno accampato giustificazioni poco plausibili, come ad esempio l’impatto del meteo sull’affluenza alle urne dell’elettorato democratico. Gli ambienti dell’attivismo politico e sindacale che fanno riferimento al Partito democratico, pero’, hanno ammesso che il partito ha trascurato troppo a lungo le proposte programmatiche concrete, e negli ultimi giorni hanno sollecitato una nuova attenzione ai temi dell’economia. la deputata democratica Hakeem Jeffries, di New York, ha dichiarato ieri durante una assemblea di partito che e’ necessario “concentrarsi aggressivamente sui temi della creazione di posti di lavoro e sulla crescita economica”: questioni che durante le presidenziali dello scorso anno il partito aveva sostanzialmente rifiutato di affrontare, giudicandole al piu’ armi demagogiche del populista Donald Trump. Uno dei commenti in primo piano sul “New York Times” dopo l’elezione, a firma di Thomas L. Firedman, esprime preoccupazione per l’incomunicabilita’ sempre piu’ grave tra gli elettorati repubblicano e democratico che, scrive l’opinionista, “non sono piu’ in grado di trovarsi d’accordo sulle questioni piu’ basilari”. “Il settarismo che ha distrutto gli stati-nazione del Medio Oriente sta infettando anche noi”, avverte Friedman, che pero’ finisce per puntare l’indice contro gli usuali “responsabili”: la “falsa informazione” dei cosiddetti media alternativi, “particolarmente pericolosi perche’ esacerbati dalla tecnologia”, e il presidente Trump, che l’opinionista accusa di mancare di “autorita’ morale”.
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Spagna, l’indipendentismo catalano e il caso Veneto
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – L’allenatore del Manchester City, Pep Guardiola, e’ una bandiera dell’indipendentismo catalano. Il suo intervento pubblico a favore della proclamazione del referendum sulla separazione di Barcellona da Madrid – con tanto di appello alla comunita’ internazionale per combattere gli abusi di “autoritarismo” del governo spagnolo – continua a tenere banco sulla stampa nazionale. Araceli Mangas Martin, docente di diritto internazionale europeo, interviene oggi sulle colonne di “El Mundo” per ricordare all’ex calciatore che la decisione della giustizia spagnola di non ammettere un referendum locale su una questione di unita’ nazionale, non e’ caso isolato della giurisprudenza internazionale. E lo fa citando esempi di tre paesi in cui Guardiola ha vissuto: gli Stati Uniti, meta di un anno sabbatico, paese che dalla sua fondazione ha rivendicato “l’unione indistruttibile” della federazione anche contro il “ricatto dei secessionisti” del sud. La Germania, dove Pep ha allenato il Bayern Monaco, squadra simbolo di una regione che ha visto rifiutarsi dalla giustizia nazionale un referendum analogo a quello che vorrebbero indire i catalani. E l’Italia, dove Guardiola ha giocato a fine carriera (Brescia e Roma). Nel nostro paese – definito “terra di fini giuristi con senso dello Stato” – la Corte costituzionale ha respinto senza esitazioni la richiesta del Veneto di aprire le urne per decidere della sua separazione dal resto della penisola: per la giurisprudenza italiana “l’unita’ e indivisibilita’ non possono neanche essere oggetto di revisione costituzionale”.
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Regno Unito, May affossa gli impegni elettorali e si concentra sulla Brexit
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – In evidenza sul “Financial Times” il “Discorso della Regina”, ovvero la presentazione del programma legislativo in apertura della nuova legislatura del Regno Unito, letto dalla sovrana Elisabetta II (tra l’altro, in un’apparizione insolitamente sobria, senza corona e abito cerimoniale) ma scritto dal governo. La premier e leader conservatrice, Theresa May, ridimensionata dal risultato delle elezioni politiche anticipate dell’8 giugno, in cui ha perso la maggioranza assoluta alla Camera dei Comuni, ha dovuto abbandonare molte delle promesse della campagna elettorale e ha puntato prioritariamente sulla Brexit, con otto disegni di legge su 27. Ha rinunciato al rilancio delle “grammar school”, i licei pubblici selettivi; alla cancellazione dei pasti gratuiti negli asili; alla riduzione delle tutele per i pensionati; a un voto parlamentare sulla caccia alla volpe; quanto all’introduzione di un tetto alle tariffe energetiche, l’idea di un’iniziativa legislativa ha lasciato il posto a quella di agire attraverso l’Ofgem, Office of Gas and Electricity Markets, l’autorita’ per l’energia elettrica e il gas. May confida nell’approvazione parlamentare, la settimana prossima, anche se non ha ancora concluso l’accordo per ottenere l’appoggio esterno del Partito unionista democratico (Dup) dell’Irlanda del Nord: gli unionisti nordirlandesi chiedono in cambio due miliardi di sterline, uno per investimenti nelle infrastrutture della nazione costitutiva, un altro per la sanita’. Dura la critica del principale esponente dell’opposizione, il leader del Labour, Jeremy Corbyn: “Questo e’ un governo senza una maggioranza, senza un mandato, senza un serio programma legislativo, guidato da un primo ministro che ha perso la sua autorita’ politica e lotta per mettere insieme un accordo per restare in carica”. Anche col sostegno del Dup, c’e’ il timore che il governo possa essere ostaggio del Partito nazionale scozzese (Snp). Il nodo e’ il disegno per l’abrogazione dell’European Communities Act del 1972, la legge che ha inglobato il diritto comunitario nell’ordinamento nazionale. La devolution e’ stata attuata all’interno della cornice del mercato unico; ora Londra pensa a un riassetto a livello centrale, in particolare per le politiche agricole, della pesca e della tutela ambientale. Cio’, pero’, richiede l’autorizzazione delle amministrazioni devolute. Secondo un editoriale non firmato, attribuibile alla direzione, il discorso riflette il clima cupo del paese, in lutto per quattro attentati ravvicinati e per il disastro dell’incendio della Grenfell Tower e governato da una premier sotto assedio. La fallita scommessa di May sul voto anticipato ha messo la politica in una situazione di paralisi, proprio mentre la Gran Bretagna deve affrontare la prova storica del negoziato per l’uscita dall’Ue. Il programma presentato e’ notevole per le sue lacune; e’ positivo il fatto che almeno si riconosca la complessita’ della situazione.
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Brexit, la battaglia sulle agenzie europee minaccia di rompere l’unita’ dei 27
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – La competizione per la ricollocazione, dopo la Brexit, delle due agenzie dell’Unione Europea che hanno sede nel Regno Unito, l’Agenzia europea per i medicinali e l’Autorita’ bancaria europea, riferisce il quotidiano “The Times”, potrebbe rompere l’unita’ finora dimostrata dai 27. Stasera la premier britannica, Theresa May, sara’ a Bruxelles per spiegare quale impatto avra’ sul negoziato il risultato delle elezioni politiche dell’8 giugno, nelle quali ha perso la maggioranza assoluta alla Camera dei Comuni. E’ stata invitata a fare chiarezza dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, preoccupato che una crisi di governo al di la’ della Manica possa far precipitare nel caos le trattative. Subito dopo per i suoi interlocutori potrebbe iniziare una lunga notte di discussioni perche’ venti paesi, tra i quali l’Italia, sono interessati alla riassegnazione delle sedi, attualmente a Londra, nel distretto di Canary Wharf. “Se non troveremo un accordo neanche sulle regole per farlo, allora cadremo al primo ostacolo per l’unita’ sulla Brexit. I britannici stapperanno lo champagne”, sintetizza una fonte diplomatica europea del giornale. La contesa e’ particolarmente accesa per l’Agenzia per i medicinali, in grado di portare case farmaceutiche e posti di lavoro nella citta’ che la ospita. Tra le contendenti ci sono Amsterdam, Barcellona, Bonn, Copenaghen, Dublino, Milano e Stoccolma. L’Italia, l’Austria, i Paesi Bassi, la Spagna, la Svezia, la Grecia e l’Ungheria si oppongono ai criteri indicati da Tusk: in base al suo piano, i leader dovrebbero scegliere i vincitori nel vertice di ottobre con un complesso meccanismo di tre votazioni invece che col consueto metodo del consenso previsto dei trattati.
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Il neo presidente francese Emmanuel Macron star del suo primo vertice Ue
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – L’Europa ha finalmente trovato il suo salvatore? Se lo chiede il quotidiano di sinistra “Libe’ration”, commentando la copertina che al neo presidente francese Emmanuel Macron ha dedicato l’autorevole settimanale britannico “The Economist”: un Macron sorridente che cammina sull’acqua mentre la premier britannica Theresa May annega miseramente nel mare della Brexit. Certo e’ che, riferisce “Libe’ration”, negli ambienti europei e’ scoppiata una vera e propria “Macron-mania”: a Bruxelles il suo avvento e’ paragonato “all’eta’ dell’oro di Mitterrand-Kohl-Delors”; “Al contrario dei suoi predecessori, Macron e’ un europeista convinto che crede nel futuro dell’Ue” si entusiasma la deputata europea del gruppo socialista Mercedes Bresso. Forte della piacevole sorpresa rappresentata dalle sue recentissime vittorie elettorali in Francia e della benevolenza mostrata ampiamente nei suoi confronti dalla Germania e dalla Commissione europea, Macron entrera’ in scena come la vera e propria star del suo primo Consiglio europeo che si terra’ a Bruxelles oggi giovedi’ 22 e domani venerdi’ 23 giugno. Macron beneficia anche di uno stupefacente allineamento favorevole dei pianeti: gli indicatori economici in Europa stanno passando in positivo uno dopo l’altro; l’ondata demagogica ed euroscettica e’ stata fermata in Austria, in Olanda, in Francia e persino in Italia; i sentimenti filo-europei sono di nuovo maggioritari in gran parte del Continente. Soprattutto, i paesi Ue sono stanchi della dominazione tedesca anche se, come spiega a “Libe’ration” l’italiano Enrico Letta, “questa situazione non e’ stata cercata da Berlino” ed e’ “piuttosto frutto della debolezza e del ritiro della Francia dagli affari europei. Ora pero'”, afferma l’ex presidente del Consiglio, “Macron potra’ controbilanciare il peso della Germania grazie alla solida maggioranza di cui dispone in Parlamento, una posizione di forza unica in Europa”. Ma al vertice Ue Macron sara’ particolarmente atteso sul piano delle riforme interne, soprattutto per quel che riguarda i deficitari conti pubblici della Francia: i suoi predecessori infatti sono stati sempre assai generosi in fatto di promesse e poi non le hanno mai mantenute. Nella due giorni bruxellese il neo presidente francese avra’ anche numerosi incontri bilaterali, scrive “Libe’ration”: perche’ Parigi, Berlino e Bruxelles non bastano certo a riformare l’Unione Europea ed a farla avanzare; soprattutto su materie sensibili come la crisi migratoria e progetti ambizioni come l’Europa della Difesa. Nonostante gli astri favorevoli insomma, per la stella Macron sara’ il momento di fare nuovi miracoli.
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Francia, il “cerchio magico” di Macron entra nel governo Philippe 2
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – La “guardia ristretta” del neopresidente francese Emmanuel Macron, il suo “cerchio magico”, entra nel governo: cosi’ il quotidiano economico “Les Echos” definisce l’esito del rimpasto governativo che da “tecnico”, richiesto dalla procedura costituzionale dopo la tenuta dello scrutinio parlamentare che in Francia ha concluso la lunghissima stagione elettorale francese, ieri mercoledi’ 21 giugno e’ diventato “politico” in seguito alle dimissioni per scandali di ben quattro ministri di peso, fino a far assumere all’esecutivo diretto dal primo ministro Edouard Philippe la fisionomia di un governo del tutto nuovo, un “Philippe 2”. In verita’ pero’ e’ tutto l’asse del governo francese che si sposta un po’ piu’ a destra: il partito centrista Movimento democratico (MoDem), spalla fondamentale per la costruzione della vittoria di Macron alle elezioni presidenziali di aprile-maggio, ha perso importanti ministeri (Giustizia, Difesa ed Affari europei) tra cui quello (Giustizia) ricoperto dal suo leader Francois Bayrou; mentre nell’esecutivo entrano altri due transfughi della destra post-gollista. Inoltre ai soli due esponenti MoDem che subentrano al governo, Genevie’ve Darrieussecq e Jacqueline Gourault, toccano ruoli assai meno importanti: la prima e’ sottosegretario alla Difesa, la seconda vice-ministro agli Interni. Il partito centrista insomma paga gli scandali a sfondo etico che rischiavano di rendere poso credibile la promessa macronista di moralizzazione della vita pubblica; e forse patisce ancora di piu’ il fatto che nella nuova Assemblea Nazionale emersa dalle elezioni parlamentari dell’11 e 18 giugno i suoi voti non sono determinanti: il partito del presidente, La Re’publique en Marche (Lrem, “La Repubblica in Marcia”; ndr) ha infatti da solo la maggioranza assoluta. La nomina di una piu’ ampia pattuglia di sottosegretari (nove) ha permesso al duo Macron-Philippe di proseguire nella politica di “apertura” nei confronti della destra post-gollista, promuovendo due personalita’ che sin dall’inizio della stagione elettorale avevano abbandonato il loro partito di provenienza, I Repubblicani (Lr, ex Ump), per unirsi alle fila Lrem: si tratta di Se’bastien Lecornu, sottosegretario alla Transizione ecologica e solidale, e di Jean-Baptiste Lemoyne, sottosegretario all’Europa; la loro scelta accompagna la scissione de I Repubblicani che si e’ consumata sempre ieri all’Assemblea Nazionale con la costituzione di due gruppi parlamentari distinti: quello dei “duri e puri” che propugnano una destra di opposizione, e quello dei “costruttivi” favorevoli ad una collaborazione con il governo su singoli provvedimenti. Il rimpasto pero’ e’ caratterizzato soprattutto dall’ingresso in posti-chiave di tecnici esponenti della societa’ civile: la giurista Nicole Belloubet alla Giustizia e la manager Florence Parly alla Difesa. E segna il rafforzamento nel governo della componente macronista “ortodossa”, dei suoi compagni d’avventura della prima ora: il co-fondatore di Lrem Ste’phane Travert e’ ora vice-minstro dell’Agricoltura; il vice-segretario generale di Lrem, Julien Denormandie e’ nominato sottosegretario agli Affari europei; il portavoce del partito Benjamin Griveaux e’ scelto come sottosegretario all’Economia; promossa infine sottosegretaria all’Ambiente la 34enne deputata Brune Poirson, che domenica scorsa ha strappato al Front national di estrema destra il seggio parlamentare che era di Marion Mare’chal-Le Pen, ritiratasi dalla politica.
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Germania, in discussione al Bundestag la nuova legge sulle intercettazioni informatiche
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – Una delle leggi di sorveglianza di piu’ vasta portata nella storia della Repubblica federale tedesca e’ stata inserita nell’ordine del giorno del Bundestag per la giornata di oggi (giovedi’), su richiesta dei gruppi parlamentari di Cdu/Csu e Spd. Il disegno di legge, sostenuto dalla coalizione di governo, prevede l’impiego da parte delle autorita’ di sicurezza pubblici di cosiddetti “trojan di Stato”: veri e propri software malevoli per lo spionaggio informatico che le autorita’ di sicurezza tedesche potranno introdurre nei computer di casa, nei portatili, su telefoni cellulari e tablet, per monitorare comunicazioni private e visionare i contenuti memorizzati sui dispositivi. Il disegno di legge e’ stato a lungo avversato da diversi partiti, soprattutto dall’Spd, ma ogni resistenza e’ caduta di fronte all’esigenza di monitorare Internet, che le autorita’ tedesche e di numerosi paesi europei sostengono essere la piu’ efficace ricetta per contrastare il terrorismo e l’estremismo. La legge prevede che i nuovi sistemi di sorveglianza possano essere impiegati per reati quali il terrorismo, la corruzione e l’incitamento all’odio, che pero’ non e’ una categoria ben definita dal diritto. La Corte costituzionale tedesca nel 2008 aveva permesso la sorveglianza online solo per casi particolari di rischio specifico, e solo previa concessione di un mandato giudiziario.
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Germania, niente comizi per il presidente turco Erdogan in occasione del summit G20
22 giu 10:51 – (Agenzia Nova) – Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, vorrebbe utilizzare la sua partecipazione al vertice del G20 di luglio in Germania come occasione per un comizio pubblico alla numerosa diaspora turca in quel paese. Questa volta, pero’ – scrive “Handelsblatt” – il presidente turco potrebbe faticare a trovare un palcoscenico disponibile: la richiesta presentata a questo scopo presso la Westfalenhalle di Dortmund per il 9 luglio e’ stata respinta, con la motivazione che la struttura e’ gia’ stata prenotata per quella data. Anche la Koenig-Pilsner-Arena di Oberhausen ha gia’ negato la propria struttura. Il ministero degli Esteri tedesco ha affermato di non aver ricevuto alcuna richiesta in tal senso dall’Ambasciata turca a Berlino. Il deputato della Linke Sevim Dagdelen ha espresso tutta la sua contrarieta’ a che il Governo tedesco permetta un intervento di Erdogan al G20, essendoci, tra le altre cose, ancora in sospeso la questione della prigionia del giornalista Deniz Yuecel.
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