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Parlamento Ue a muso duro contro Google: la maggioranza vota per la scissione

Google

Passa a larga maggioranza (384 voti favorevoli, 174 contrari e 56 astensioni) la risoluzione non vincolante del Parlamento Ue che prevede lo smantellamento di Google, agitando la minaccia ‘simbolica’ della divisione in due delle attività del motore di ricerca, da un lato quelle search e dall’altro quelle commerciali.

La decisione arriva nel giorno in cui Francia e Germania chiedono formalmente alla Commissione di avviare una consultazione pubblica sugli OTT, per verificare se le norme antitrust in vigore nella Ue siano in grado di controllare l’operato delle web company Usa nel vecchio Continente.

Il Parlamento europeo non ha il potere formale di poter operare questa divisione ma è anche vero che ha grosso ascendente sulla Commissione Ue al quale spettano le iniziative legislative in materia di pratiche concorrenziali.

Google non viene espressamente citato nel provvedimento, ma è chiaro che il riferimento al gruppo americano vista la sua presenza egemonica sul mercato europeo della ricerca online (90%).

Precisamente la risoluzione sottolinea che “il mercato di ricerca online è particolarmente importante per garantire condizioni concorrenziali all’interno del mercato unico digitale” e accoglie con favore l’impegno preso dalla Commissione di approfondire la situazione dei motori di ricerca.

S’invita la Commissione a “impedire qualsiasi abuso nella commercializzazione di servizi interconnessi da parte dei gestori dei motori di ricerca“, sottolineando l’importanza di una ricerca online non discriminatoria. Per i deputati “l’indicizzazione, la valutazione, la presentazione e la classificazione effettuate dai motori di ricerca devono essere imparziali e trasparenti”.

Dato il ruolo dei motori di ricerca internet nel “commercializzare lo sfruttamento secondario delle informazioni ottenute” e la necessità di far rispettare le regole di concorrenza dell’UE, i deputati invitano inoltre alla Commissione, “a prendere in considerazione proposte volte a separare i motori di ricerca da altri servizi commerciali” nel lungo temine.

Sul voto di oggi, da Bruxelles dove si è svolto il Consiglio Ue sulle tlc, il Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, ha commentato: “Rispetto le opinioni e le scelte di un’istituzione di cui non sono parte. Posso dire a livello personale che non è l’approccio culturale che preferisco”.

La risoluzione è sostenuta da due parlamentari, il tedesco Andreas Schwab del Partito popolare e lo spagnolo Ramon Tremosa dei liberali che da tempo denunciano le pratiche anticoncorrenziali di Google.

Il testo parlamentare non è ovviamente vincolante, ma indica alla Commissione una linea di azione politica. Vi si parla tra l’altro di revisione del meccanismo di copyright, sollecita investimenti per le infrastrutture, chiede avanzamenti nel ‘data protection’. Ma il punto che allarma Mountain View è la richiesta, contenuta nei tre paragrafi, di ‘break-up’ delle attività.

La Germania continua quindi a tenere la linea dura contro Google. Mentre il Parlamento Ue votava, è intanto trapelato un documento inviato alla Commissione Ue in data 13 ottobre con il quale quattro ministri tedeschi, tra cui quello all’Economia Sigmar Gabriel, chiedono ‘la neutralità delle piattaforme internet’.

Questo documento complica ulteriormente il già difficile contesto europeo che vede Google coinvolto sul fronte antitrust e su quello del diritto all’oblio

Ma, sebbene i Ministri tedeschi ne condividano la linea, non arrivano alle conclusioni estreme suggerite dall’Europarlamento con l’ipotesi spezzatino, tra l’altro non condivisa dal Commissario Ue alla Digital Economy Oettinger.

Così come gli europarlamentari, i Ministri tedeschi chiedono nella lettera inviata alla Commissione Ue – 11 pagine in viene ampiamente illustrato il punto di vista della Germania sul Mercato Unico Digitale – di fare il possibile per mettere fine all’abuso di posizione dominante di Google sul mercato della ricerca online.

Se i provvedimenti dell’Antitrust Ue dovessero rivelarsi insufficienti, allora Berlino chiederà la regolamentazione del settore, in particolare delle piattaforme internet troppo dominanti.

Il documento rivela inoltre che Germania e Francia stanno lavorando su una posizione comune. In particolare si chiede maggiore trasparenza sui servizi e soprattutto “neutralità delle piattaforme“.

E infine di estendere le regole della concorrenza al mondo digitale, vigilando sulle fusioni non più in funzione del fatturato ma sul valore della transazione e del numero degli utenti. In questo ultimo caso si cita l’operazione WhatsApp/Facebook.

Gli Stati Uniti si sono già opposti alla mozione del Parlamento Ue e hanno parlato di politicizzazione del caso che vede Google nel mirino di Bruxelles. Repubblicani e Democratici hanno scritto una lettera lamentando l’avvio di “proposte che sembrano mirare alle compagnie tecnologiche Usa” e sollevano dubbi “sull’impegno europeo verso l’apertura dei mercati”. Ieri era stata la rappresentanza Usa presso la Ue a esprimere ‘preoccupazione’.

Il Commissario Ue alla Concorrenza, la liberale danese Margarethe Vestager, ha già assicurato che esaminerà il dossier e non si farà influenzare da nessuno.

Il dossier su Google è aperto presso i servizi della Concorrenza Ue da cinque anni. In Europa il gruppo ha una fetta di mercato del 90% contro il 70% negli Stati Uniti.

Da tempo ormai si attende una decisione dopo che il Commissario uscente Joaquin Almunia ha proposto all’azienda nuovi rimedi visto che le controparti ritengono insoddisfacenti le proposte precedenti.

Il problema è il sospetto che il potente algoritmo di Google favorisca i suoi stessi servizi commerciali, distorcendo la concorrenza.

A insospettire gli Usa è inoltre il fatto che a presentare la risoluzione sia stato il tedesco Andreas Schwab, che oltre ad essere del partito della Merkel, è anche considerato vicino agli interessi del gruppo Axel Springel, gigante dei media tedeschi che proprio recentemente è stato costretto fare dietrofront nella sua lotta a Google News per il pagamento delle royalties.

Da parte socialista l’attacco è frontale. “Segnaliamo l’esistenza di un problema ed è opportuno” dice all’ANSA Sergio Cofferati, che poi osserva: “E’ singolare che proprio dagli Usa, che vogliono la concorrenza sempre e comunque, vengano resistenze quando la si vuole garantire al di fuori dei loro confini. Se questo è il loro approccio al tema, nel Ttip c’è da aspettarsi di tutto ed anche per questo sarebbe opportuno fermarsi”.

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