Esiste la convinzione—comune nel commento editoriale—che la ‘legge internazionale’ sia qualcosa di affine al Codice della Strada. Così, a seconda dell’orientamento politico, l’invasione russa dell’Ucraina ad esempio equivarrebbe a una sorta di ‘eccesso di velocità’ internazionale, idealmente da punire con multe economiche e forse con l’eventuale ‘sospensione della patente’.
È una percezione accademica. Non ha molto a che fare con la realtà dei fatti, basata invece sui rapporti di forza tra le parti in causa e regolata dal concetto molto più primitivo di ‘might makes right’. Cioè, che il ‘giusto’ sia determinato dai vincitori, i più forti, e non da un’accurata analisi dei testi e dei trattati.
Il fenomeno è evidente se si esamina il ruolo dei militari detti ‘mercenari’ o, più romanticamente, ‘soldati di fortuna’. In pratica, si tratta di combattenti il cui status viene determinato essenzialmente dall’andamento del conflitto che li coinvolge. Se sono dalla parte vincente, allora sono ‘legittimati’ e protetti da strumenti come le varie Convenzioni di Ginevra, che (quando vengono rispettate) stabiliscono una sorta di trattamento minimo per i prigionieri di guerra. Se la loro parte è invece perdente, possono essere definiti semplicemente come criminali, terroristi passibili di qualsiasi punizione, a partire dalla fucilazione sul campo.
Dal punto di vista dell’Onu, i mercenari non dovrebbero nemmeno esistere. Una ‘Convention against the Recruitment, Use, Financing and Training of Mercenaries’ è stata approvata dall’organizzazione nel 1989 e ha preso la forma di un trattato internazionale nel 2001. Il documento è stato ratificato finora da 46 paesi, compresi l’Italia (nel 1995) e perfino la Bielorussia (nel 1997), il che mette in una luce curiosa il recente compromesso tra il Premier russo Putin e il capo e padrone della formazione esplicitamente ‘mercenaria’ Wagner Group, Evgenij Prigozhin, che prevede il trasferimento della base di operazioni dell’esercito privato proprio in Bielorussia.
Il trasloco Wagner è una brillante illustrazione del ‘paradosso mercenario’, una netta indicazione che la guerra—qualsiasi guerra—ammonti comunque a una temporanea sospensione della legalità. Oltre all’utilizzo dei mercenari, lo stato di conflittualità sembra autorizzare l’aggressione alla popolazione civile, la distruzione delle infrastrutture, il furto di ciò che si vuole e perfino la tortura dei prigionieri: almeno a patto di vincere…
Più in generale, gli importanti documenti che regolerebbero la condotta dei combattimenti lasciano la porta aperta a infinite vie d’uscita, come anche gli emendamenti del ‘Protocollo 1’ alle Convenzioni di Ginevra, che parrebbero creare una serie di eccezioni per i “conflitti armati in cui i popoli combattono contro il colonialismo, la dominazione straniera e i regimi razzisti”. Tranquilli però, l’Articolo 37 del Protocollo vieta espressamente l’utilizzo della “perfidia” in guerra.