Non migliora la situazione generale del pianeta in termini di emissioni di gas climalteranti e di sfruttamento delle risorse naturali di origine fossile. Il nuovo “Brown to Green Report 2019”, pubblicato dal Climate Transparency, ha certificato una sostanziale immobilità delle 20 economie al mondo più avanzate (Paesi del G20) proprio nei risultati ottenuti dalle diverse iniziative lanciate prima e dopo l’accordo di Parigi del 2015, che di fatto hanno visto un aumento delle emissioni di CO2 dell’1,8% nel 2018 dovuto ad un sostanziale incremento della domanda di energia.
Questo ha indebolito l’azione di contrasto ai cambiamenti del clima a livello mondiale, una collaborazione tra Paesi meno efficace e un allontanamento dagli obiettivi posti dall’accordo di Parigi, cioè rimanere sotto gli 1,5°C di aumento della temperatura rispetto ai valori preindustriali (un traguardo ormai da tutti considerato irraggiungibile e che ormai viene spostato al lmite dei +2°C).
A peggiorare la situazione, si legge nel Report, a fonte di una crescita del 5% delle fonti energetiche rinnovabili, c’è uno sbilanciamento ancora troppo evidente del mix energetico di ogni singolo Paese a favore dei combustibili fossili, che rimangono all’incirca attorno all’82%.
Nell’elettrico, le rinnovabili non arrivano al 26%, mentre non accennano a diminuire le emissioni di CO2, che salgono dell’1,6%. Tra i fossili, certamente va eliminato dal mix energetico il carbone entro il 2030, a partire dai Paesi membri dell’Ocse (nel 2040 nel resto del mondo).
Sono aumentate anche le emissioni inquinanti nel settore dei trasporti, +1,2% sull’anno passato. Qui il lavoro da fare è ancora più difficile, perché bisogna accrescere, rispetto al dato attuale, la disponibilità di carburanti a basso impatto ambientale ed emissioni di carbonio (lowcarbon fuels) di almeno dieci volte entro il 2050.
Fondamentale, hanno ricordato i ricercatori, è accelerare l’uscita delle auto inquinanti dal mercato (non più tardi del 2035) e ridurre quasi a zero le emissioni provenienti dal settore trasporto merci (non oltre il 2050).
Le emissioni di CO2 sono poi aumentate anche nel settore dell’edilizia, più che in qualsiasi altro, con un +4,1% nel 2018. Per rispettare gli accordi della COP21 c’è bisogno di costruzione zero-energy entro il 2025.
Altro problema, infine, sollevato dallo studio, è il sostegno finanziario all’industria dei combustibili fossili, che nel 2017 è stato calcolato in 127 miliardi di dollari nei Paesi del G20.
Il Report si divide in capitoli, uno per ogni Paese del G20, tra cui quello dedicato all’Italia.
Il nostro Paese, come tutti gli altri, non è sulla strada tracciata dalla COP 21 e gli obiettivi di decarbonizzazione si allontanano.
Se ad esempio migliora nettamente nelle emissioni pro-capite di CO2 e climalteranti in generale (-16% nel periodo 2011-2016), con un’azione di Governo che mira a sostenere la mobilità elettrica, con un monte risorse di 4,5 miliardi di euro, allo stesso tempo non ha ancora indicato una roadmap chiara ed efficace per eliminare il carbone dal suo mix energetico entro il 2025 (Strategia energetica nazionale).
Risultati positivi a metà, insomma, forse più sulla carta che nell’economia reale e nella quotidianità dei cittadini, che al momento ci allontanano comunque dagli obiettivi stabiliti dall’accordo sul clima di Parigi e poi ribaditi dalle altre conferenze internazionali, in attesa della prossima di Madrid (2-13 dicembre), la COP 25.