Key4biz

PA digitale. Servizi online flop in due enti locali su tre

Soltanto una pubblica amministrazione locale (Pal) su tre è in grado di erogare servizi online in maniera completa ai cittadini. In altre parole, soltanto il 33,8% fra Regioni, Province, Comuni e Comunità montane del nostro paese è in grado di erogare dall’inizio alla fine almeno un servizio interamente via web. Un divario tecnologico fra settore pubblico e privato che pesa sull’economia del nostro paese e che traspare dall’indagine condotta dalla Cgia di Mestre, che mette in luce, prendendo spunto da dati Istat, il gap dei nostri enti pubblici. La PA 4.0 è ancora lontana.

Province in coda

Più in ritardo nel ricorso al digitale sono le nostre Province, con appena il 27,1% di esse in grado di dialogare e concludere online le procedure richieste dai cittadini o dalle imprese.

Forse non è un caso che proprio le Province scontino questo maggior ritardo digitale, visto che non ricevono più fondi dall’amministrazione centrale pur mantenendo una serie di compiti alquanto delicati, come ad esempio la manutenzione delle strade provinciali e delle scuole. Ma tant’è, il gap digitale c’è e rispecchia anche quello delle Comunità montane, che soltanto nel 28% dei casi sono in grado di espletare online le procedure richieste da cittadini e imprese.

Un po’ meglio nei Comuni

Va un po’ meglio nei Comuni, che mettono a segno una percentuale media del 33,9%, che per fortuna sale al 63% per quelli con più di 60mial abitanti. Il dato mette in evidenza il fatto che almeno nei Comuni di medie dimensioni il ricorso al digitale per almeno un servizio online funziona, dall’inizio alla fine.

Nelle Regioni e le Province autonome la percentuale è pari al 59,1%.

Gap pubblico-privato

Secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, questi ritardi pesano soprattutto in confronto con il settore privato, alle prese con un processo di digitalizzazione (Industria 4.0) che implica una forte accelerazione sul fronte delle tecnologie che vanno dai robot collaborativi alle stampanti 3D. Un processo alquanto complesso, che poi è costretto a fare i conti con l’arretratezza degli uffici pubblici.

Problema solo economico?

Premesso che gran parte del gap è di carattere culturale, fortemente genrazionale e geografico, se la Pubblica amministrazione arranca nel processo di informatizzazione, secondo la Cgia di Mestre, “molto dipende anche dai mancati investimenti, in costante calo negli ultimi anni per i noti vincoli finanziari imposti dallo Stato centrale”.

C’è da dire, però, che altri dati ci dicono che i fondi ci sarebbero ma che un problema grosso riguarda l’incapacità delle amministrazioni di spenderli.

Il sito web ce l’hanno quasi tutti: ma solo per stampare moduli?  

La ricerca peraltro rileva che il 93,5% della Pal monitorata dispone di un sito Internet dove l’utenza può visualizzare e/o acquisire informazioni; cala però all85% la percentuale dei siti web dove è possibile scaricare la modulistica. Mentre è pari al 58,3% la quota di enti che consentono di inviare i moduli online.

In altre parole, sei enti su dieci consentono di “stampare” i moduli mentre soltanto quattro su dieci permettono di compilarli online e di rispedirli all’ente, con buona pace del principio del “Digital first”, premessa della Riforma Madia, e dell’addio alla carta.

Resta da capire se non sarebbe opportuno rendere obbligatoria la possibilità di inviare moduli online a tutti gli enti della PA. E soprattutto se quest’obbligo sarebbe rispettato.

A livello di Comuni, quelli più virtuosi sono la Provincia autonoma di Bolzano, quelli di Veneto, Emilia Romagna e Toscana.  In coda invece ci sono i Comuni della Liguria, della Sicilia e del Molise.

 

Servizi disponibili, ma iter incompleto

Su un campione di una trentina di servizi online forniti dalla Pal, monitorati emerge che il 24,5% dei Comuni (uno su quattro) consente di rispondere via Internet alle esigenze per quanto riguarda il Suap (Sportello unico delle attività produttive) e il 14,5% quelle del Diap (Dichiarazione di inizio Attività Produttive).

Il trend è peraltro positivo, con la percentuale di enti che permettono di espletare servizi online passata dal 7,6% del 2009 al 33,8% del 2015. Tenendo conto degli utenti nazionali di servizi di eGov (utenti che si sono collegati online e hanno restituito moduli compilati via web), compresa la precompilazione di dati, il completamento di servizi online e gli open data, l’Italia nel 2017 si colloca al 21° posto nella Ue, con un peggioramento di sei posizioni rispetto al 2014.

Infine, per quanto riguarda la trentina di servizi online monitorati, emerge che la metà di essi è interamente conclusa online da meno dell’1% degli enti della nostra Pubblica Amministrazione Locale. Davvero troppo pochi, considerato che i servizi in questione rivestono grande importanza per i cittadini. Fra questi l’iscrizione all’asilo nido, il servizio di pagamento dei parcheggi, carta d’identità, permesso transito Ztl, scelta del medico di base, offerte di lavoro in banca dati. Tutti servizi, questi, per i quali evidentemente è necessaria la presenza fisica allo sportello.

Exit mobile version