Le code allo sportello degli uffici pubblici aumentano da 20 anni e nemmeno il digitale, iniettato in dosi massicce (ma non sufficienti) all’interno della macchina pubblica, è riuscito a limitare il fardello burocratico che penalizza soprattutto le Pmi e le famiglie. E’ quanto emerge da un’elaborazione dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, che ha raccolto i dati di varie indagini multiscopo realizzate su base annua dall’Istat sulle famiglie italiane. Il risultato è univoco: la burocrazia resta la vera palla al piede per chi vive in Italia e i tempi di attesa in tutti gli uffici pubblici continuano ad aumentare.
Sanità: code alla Asl in aumento
Ma ecco alcuni dati, a partire dalla sanità. Nel 1995, secondo i dati della Cgia, per prenotare una visita specialistica, per chiedere copia di una cartella clinica, per ritirare i referti degli esami di laboratorio, per il rilascio degli attestati di esenzione dei ticket, il 33,8% delle persone ha dovuto attendere più di 20 minuti allo sportello della Asl. Nel 2015 in coda ci sono 18 persone in più, con tempi di attesa che sono ovviamente lievitati di conseguenza.
Servizi anagrafici: attese raddoppiate in Comune
Stesso discorso per i servizi anagrafici dei Comuni. Nel 1995 – per pubblicazioni, atti notori, cambi di residenza, certificazioni anagrafiche, rinnovo carta d’identita’, etc. – quasi 11 persone su 100 hanno atteso oltre 20 minuti. Nel 2015 la ‘coda’ è addirittura raddoppiata: la fila si è allungata a 22,3 persone (+104,6% rispetto al 1995).
La speranza di tutti è che i grandi progetti della PA digitale (dall’identità digitale con SPID all’Anagrafe Unica) decollino sul serio, anche se per ora la tabella di marcia fissata dal Governo (che vorrebbe i due progetti operativi su scala nazionale entro il 2017) sono in ritardo sui tempi.
File più lunghe nel Centro Sud
A livello territoriale le situazioni più difficili si registrano nel Centro Sud. Nel 2015, a subire i tempi di attesa più lunghi sono stati i cittadini laziali sia per gli sportelli comunali che, di fatto, anche nelle Asl.
Pmi le più penalizzate fra procedure e permessi
Se la situazione delle famiglie è decisamente peggiorata, le cose non vanno bene nemmeno per le imprese, in particolar modo per quelle di piccole dimensioni. Sempre da una elaborazione dell’Ufficio studi della CGIA su dati della Banca Mondiale riferiti al 2016, emerge che nel nostro paese sono necessari 228 giorni per ottenere i permessi di costruzione di un fabbricato ad uso produttivo, contro i 188 della media Ue.
In buona sostanza in Italia sono necessari mediamente 40 giorni in più. Per l’allacciamento alla rete elettrica di un capannone, invece, gli imprenditori italiani devono attendere 124 giorni per l’erogazione del servizio. Nei paesi dell’Area Euro l’attesa è “solo” di 81 giorni, 43 in meno dell’Italia. La situazione più “pesante”, infine, si verifica quando un imprenditore è costretto a rivolgersi al tribunale per la risoluzione di una disputa commerciale. Se il Tribunale di Roma impiega 1.120 giorni (poco più di 3 anni) per definire la controversia, la media riferita ai tribunali delle capitali europee è di 632 giorni, ben 448 in meno.
“Secondo una recente indagine annuale realizzata da PROMO PA Fondazione – ricorda il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – l’81 per cento delle imprese con meno di 50 addetti, vale a dire le piccole, è costretto a ricorrere a consulenti esterni per fronteggiare questo nemico invisibile: ovvero la cattiva burocrazia; di cui il 70 per cento ad integrazione o a supporto del lavoro svolto dagli uffici amministrativi che operano all’interno dell’azienda, mentre l’altro 11 per cento si affida a terzi per tutte le incombenze. E’ evidente che se non si mette definitivamente mano a quel labirinto inestricabile di leggi, decreti e circolari varie che rendono la vita impossibile a milioni di piccoli imprenditori, corriamo il pericolo di soffocare la parte più importante della nostra economia”.
I ritardi e le inefficienze della nostra Pubblica Amministrazione non sono comunque ascrivibili solo alla cattiva organizzazione della stessa. “Nonostante la diffusione dell’informatizzazione abbia consentito di aumentare la produttività del sistema pubblico – conclude il segretario della CGIA Renato Mason – in molti uffici la fila agli sportelli non è cresciuta per colpa di chi ci lavora. Sono gli effetti di leggi, decreti e circolari scriteriate che, spesso in contraddizione tra loro, hanno aumentato la burocrazia complicando non solo la vita dei cittadini e delle imprese, ma anche quella dei dipendenti pubblici”.