Una sonora bocciatura alle politiche per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione degli ultimi 25 anni. “Venticinque anni di occasioni sprecate, con una visione del digitale antiquata e con una delega quasi totale del know how al mondo dei fornitori”. Questo è, in sintesi, il bilancio tracciato, a Key4biz, da Paolo Coppola (PD), alla chiusura dei lavori della Commissione parlamentare da lui presieduta, quella d’inchiesta sul livello di digitalizzazione della PA e della spesa ICT. Oggi i commissari, all’unanimità, hanno approvato la relazione finale sulle attività svolte e i risultati ottenuti.
Approvata all’unanimità la relazione finale della Com. d’inchiesta #DigitalizzazionePA. Ma non finisce qui, c’è ancora molto lavoro da fare!
— Paolo Coppola (@coppolapaolo) 26 ottobre 2017
Key4biz. Lei da presidente della Commissione ha un quadro completo sulla transizione al digitale della PA. L’Italia come sta messa e cosa è stato fatto negli ultimi anni?
Paolo Coppola. Venticinque anni di occasioni sprecate, con una visione del digitale antiquata e con una delega quasi totale del know how al mondo dei fornitori. Nessuna sorpresa che non ci sia ancora lo switch off delle comunicazioni, che i documenti non siano tutti digitali, che i servizi non siano tutti digitalizzati, che nei piani delle performance non vi siano indicatori relativi alla digitalizzazione. Se manca il responsabile, o c’è, ma non ha le competenze o non è messo in posizione apicale, ma ha un capo incompetente, è chiaro che le cose non andranno bene. A margine di un’audizione un po’ “accesa”, un dirigente di un ministero, che chiaramente non aveva i titoli necessari, mi ha confidato che tanti anni prima, quando era stato nominato responsabile dei sistemi informativi, all’inizio “non sapeva dove mettere le mani”. E invece di avere la dignità di rifiutare l’incarico, non ha detto nulla, aggiungo io!
Key4biz. Nella Commissione d’inchiesta sulla digitalizzazione e innovazione della Pubblica Amministrazione da presidente ha verificato il rispetto e l’attuazione del CAD (Codice dell’amministrazione digitale) da parte di diversi enti. Cosa è emerso, quali sono i punti di forza e di debolezza?
Paolo Coppola. È emerso, purtroppo, che il CAD è poco conosciuto e poco rispettato. La sfida vera, quella difficile, quella che lo Stato conosce perfettamente sin dalla fine degli anni ‘70, ovvero la sfida della trasformazione digitale della PA (negli anni ‘70 si diceva “informatizzazione”), è una sfida ancora da affrontare veramente. Quando si dovrebbe toccare l’organizzazione del lavoro, i procedimenti, le prassi, tutto si rallenta fino a fermarsi. Esemplare è il caso del responsabile della transizione alla modalità digitale ex. art. 17 del CAD: la Commissione, all’inizio dell’indagine sull’attuazione del CAD ha chiesto alle Amministrazioni di segnalare il nome del responsabile, in modo da avere un riferimento per le successive richieste. Dapprima non abbiamo avuto risposta, poi, dopo insistenza sono iniziati ad arrivare i primi nomi, ma quando abbiamo chiesto di acquisire i decreti di nomina che rispettassero le disposizioni dell’art. 17 (che prevede specifiche competenze tecniche e che l’ufficio sia una direzione generale) è emerso il quadro desolante di una pubblica amministrazione che nella quasi totalità non rispetta la legge. A forza di insistere siamo riusciti a fare nominare un po’ di responsabili della transizione alla modalità digitale, una figura fondamentale, un vero e proprio Chief Digital Officer della PA, ma siamo in ritardo di più di un quarto di secolo. La legge prevedeva sin dal 1993 una figura apicale responsabile dei sistemi informativi, ma le PA non hanno ottemperato e non si sono preoccupate di pianificare le assunzioni necessarie.
Key4biz. Perché ha promosso una consultazione pubblica sul decreto di modifica al Codice dell’Amministrazione Digitale?
Paolo Coppola. Perché sono “gandhiano”: “sii il cambiamento che vuoi provocare”. Il digitale permette di aumentare i canali di comunicazione e rendere più semplice la partecipazione. Non significa democrazia diretta, perché comunque l’onere di rappresentanza rimane, ma interpretare la democrazia rappresentativa in modo coerente al contesto trasformato dal digitale. L’avevo fatto anche la volta scorsa, quando ero relatore del dlgs 179/2016 e l’ho ripetuto questa volta. Peccato solo che in questo caso i tempi siano più stretti e non riuscirò a fare la giornata di confronto con coloro che manderanno i contributi. Va sottolineato, comunque, che la consultazione viene realizzata grazie all’aiuto fondamentale della prof.ssa Palmirani dell’Università di Bologna, presidente della Società Italiana di Informatica Giuridica e alla collaborazione con il gruppo dell’Open government capitanato da Ernesto Belisario presso il Dipartimento della Funzione Pubblica.
Key4biz. I grandi progetti del Piano crescita digitale procedono a rilento. Come accelerare la diffusione di SPID, Anagrafe unica e Pago PA?
Paolo Coppola. Basterebbe applicare la legge. Per prima cosa servono competenze adeguate. È necessario un piano straordinario di assunzioni che immettano le necessarie competenze tecnologiche, manageriali e di informatica giuridica e poi serve rafforzare la formazione dei dipendenti. Infine è assolutamente necessario applicare sul serio la normativa relativa ai piani delle performance. SPID, ANPR e PagoPA devono diventare obiettivi in tutti i piani delle performance degli enti, con indicatori chiari, legati alle valutazioni dei dipendenti e delle strutture e con un sistema di monitoraggio che permetta al team digitale e ai cittadini di controllare lo stato di attuazione. L’articolo 60 del dlgs 179/2016 che modifica la banca dati degli obiettivi strategici della PA deve essere assolutamente implementato prima possibile.
Key4biz. Su questi progetti ci “ha messo la faccia” anche Diego Piacentini. Cosa è emerso dall’audizione dell’11 ottobre del Commissario straordinario del Governo per l’agenda digitale?
Paolo Coppola. Che, fortunatamente, ha introdotto le metodologie manageriali necessarie a portare a termine i progetti. Purtroppo il lavoro da fare è ancora molto e le risorse sono limitate.
Key4biz. Infine il referendum consultivo sull’autonomia regionale in Lombardia è stato un flop del voto elettronico. Perché lei considera l’e-voting non affidabile e addirittura un grande rischio per la democrazia?
Paolo Coppola. Perché l’e-voting rende più difficile, e in alcuni casi impossibile, il controllo da parte del cittadino. Quando uso il software per esprimere il voto devo assicurarmi che la mia volontà venga effettivamente presa in considerazione e che nessuno venga a sapere cosa ho votato. Fare come è successo recentemente in Lombardia per il referendum, ovvero dire “fidatevi” è criminale. Inoltre, mentre è possibile definire un sistema di voto che permetta di assicurarsi che il voto espresso sia effettivamente considerato, non è possibile definire una procedura che assicuri che il voto rimanga segreto.
Luigi Garofalo