L’art. 1 del disegno di legge sulla riforma della PA stabilisce una delega per la modifica del Codice dell’Amministrazione Digitale. Ma la storia può aiutare a riscrivere o ad affinare gli strumenti giuridici valutando ciò che è successo precedentemente.
La rubrica PAdigitale, a cura di Donato A. Limone, Ordinario di informatica giuridica e Direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche, Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza. Analisi e approfondimenti sul processo di attuazione della Riforma della PA. Per consultare gli articoli precedenti clicca quiIl Codice dell’Amministrazione Digitale dal 2005 (art. 2) ha stabilito l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di operare nella logica di amministrazioni digitalizzate dopo avere effettuato interventi di semplificazione particolarmente forti e significativi (art. 15, comma 2 del CAD).
L’Amministrazione digitale, così come definita dal CAD e da altre norme più recenti, è divenuta il nuovo paradigma delle burocrazie moderne che devono rispettare i seguenti requisiti:
- Trasparenza ed accessibilità totale (dlgs 33/2013)
- Semplificazione amministrativa (legge 241/90; legge 150/2000; legge 183/2011, art. 15; DL 90/2014; piano del governo sulla semplificazione (2015-2017)
- Formazione dei dati e dei documenti “esclusivamente” e “nativamente” digitali e nel rispetto dei requisiti di cui agli artt. 50 e ss del CAD e dell’art. 6 del dlgs 33/2013
- Dati aperti e condivisione dei dati
- Erogare servizi in rete e rispondere alle istanze digitali dei cittadini e delle imprese.
Con questi requisiti si poteva e si può transitare verso l’amministrazione digitale con risparmi a livello nazionale (per ridondanza di dati, di procedure, processi, di istanze, di documentazione allegata, per tempo dedicato alla burocrazia da parte di cittadini e imprese, per uso limitato di carta, per conservazione dei dati in modalità digitale in sostituzione di archivi fisici costosi ed inutili perché nono funzionali, ecc.) pari a 20 miliardi di euro/anno.
Nei dieci anni trascorsi (sono gli anni del CAD 2005-2015) è successo poco di tutto quanto sopra indicato, come negli ultimi 25 anni è successo poco sul fronte della semplificazione reale (non quella annunciata dai diversi governi della Repubblica).
Di chi la responsabilità della mancata semplificazione e digitalizzazione?
I soggetti in questione sono due e sono indicati dallo stesso Codice (anche in relazione all’art. 4 del dlgs 165/2001) gli Organi politico-amministrativi e la dirigenza (art. 12 del CAD). Agli Organi spettano gli atti di indirizzo per l’attuazione del CAD; alla dirigenza spetta l’attuazione del CAD e sono valutati proprio per l’attuazione in questione.
In particolare, oltre alla responsabilità amministrativa il dirigente è responsabile per il danno economico arrecato all’amministrazione (allo Stato e ai cittadini) per i costi rilevanti a causa della mancata semplificazione e digitalizzazione, per la ridondanza dei dati/documenti, per la gestione doppia (analogica e digitale) delle procedure e degli archivi e dei servizi, per la gestione delle risorse umane utilizzate su sistemi documentali e procedimentali inutilmente complessi, lunghi, costosi.
Con le modifiche al CAD (delega) sarà necessario stabilire cosa fare “realmente” e con efficacia sul fronte della semplificazione e della responsabilità degli Organi e della Dirigenza: sono i veri punti critici del rinnovamento amministrativo. Altrimenti rischiamo di avere una nuova ed inutile versione del Codice.