L’ovomanzia – oppure ‘oomanzia’ per chi preferisce l’ortografia arcaica – è una delle più antiche tecniche utilizzate per prevedere il futuro. La divinazione non è più molto praticata a livello popolare, soprattutto dopo essere stata largamente rimpiazzata dalla presunta razionalità dell’analisi statistica.
La semplice verità però è che un dato evento che ha una ‘probabilità’ del 75% di verificarsi, in fin dei conti o succederà o non succederà, lasciandoci effettivamente nella stessa incertezza di prima. Tanto vale allora rivolgerci alle uova – l’ovomanzia per l’appunto – per conoscere in anteprima ciò che sta per succedere.
Le uova, con l’anomala perfezione estetica che le caratterizza e il contenuto altrettanto misterioso, sono da sempre una rappresentazione della fertilità e della riproduzione.
Non sorprenderà dunque il fatto che storicamente siano state spesso utilizzate nei riti di divinazione condotti per dipanare le incertezze relative alle nascite e ai matrimoni. Già lo storico romano Svetonio raccontò dell’Imperatrice romana Livia Drusilla – la moglie dell’Imperatore Augusto – che avrebbe ‘incubato’ un uovo di gallina tra i suoi seni – si suppone molto ampi – per poter scoprire dal sesso della chioccia quello del bambino nascituro che lei portava in grembo.
Il metodo è ormai largamente superato dalle scansioni a ultrasuoni e comunque dev’essere stato un po’ scomodo da eseguire. La tecnica più utilizzata, e facilmente praticabile ancora oggi, è quella di prendere un uovo fresco, di bucarlo sulla punta e di far gocciolare il bianco in un bicchiere di acqua molto calda. L’albume, coagulandosi, assume delle forme idealmente riconoscibili che possono essere analizzate ‘a occhio’ per fare le necessarie previsioni.
Secondo gli antichi manuali, il metodo – detto ‘lo specchio di Venere’ – serviva alle vergini ancora da maritare per conoscere in anticipo qualcosa sul futuro marito: “Se il bianco, coagulandosi, assumeva la forma di un aratro o di un cavallo, allora il marito poteva essere un contadino. Se appariva piuttosto una fortezza, allora poteva essere un soldato. Se invece appariva una forma simile a una barca, in quel caso lo sposo poteva essere un pescatore o un marinaio”.
Il bello del metodo – molto scarsamente ‘scientifico’ – è che permette di proiettare, attraverso l’interpretazione soggettiva di forme astratte, i propri desideri sul futuro. Basta con la sterilità della ‘mera’ matematica statistica…