L’innovazione tecnologica ha cambiato definitivamente il modo di lavorare, di socializzare, di partecipare alla politica, di crescere culturalmente, di fare imprese ed economia, di divertisti ed informarsi. La trasformazione digitale della società nel suo complesso passa per l’autodeterminazione e la possibilità di cogliere grandi opportunità a livello di singolo e di comunità.
La stessa Unione europea ha ribadito che l’Information & communication technology (ICT) offre oggi la grande occasione storica di migliorare la nostra società favorendo inclusione, partecipazione, ridistribuzione e condivisione di risorse, come di buone pratiche per la difesa dell’ambiente e il miglioramento della qualità della vita.
Le tecnologie digitali si focalizzano sugli uomini e le donne e da questo si deve partire per ridisegnare l’architettura sociale ed economica dei Paesi membri dell’Unione europea. In una risoluzione del Parlamento europeo dello scorso anno, sull’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne nell’era digitale (“Resolution on Empowering Women in the Digital Age”), si chiede con maggiore impegno di “sfruttare appieno il potenziale della società dell’informazione, delle TIC e della rete per promuovere l’emancipazione femminile, i diritti e le libertà delle donne e la parità di genere”, e questo “indipendentemente da età, disabilità, caratteristiche genetiche, genere, orientamento sessuale, identità di genere, razza, origine sociale o etnica, religione o credo, condizioni economiche”.
In quella risoluzione si sottolineava inoltre che “l’accesso a internet costituisce un nuovo servizio di base necessario per tutto il mondo, uomini, donne, bambini e bambine; che internet costituisce oggi uno strumento essenziale per la vita quotidiana delle persone nell’ambito della famiglia, del lavoro, dello studio e dell’apprendimento, per la gestione nell’ambito delle imprese, dei poteri pubblici, delle istituzioni e organizzazioni e per il funzionamento delle reti sociali e la promozione delle pari opportunità”.
D’altronde, è sotto gli occhi di tutti che le donne sono ancora fortemente sottorappresentate nel settore delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in particolare tra le persone che ricoprono le cariche più alte e nei consigli di amministrazione. È quindi necessario riconoscere che la direttiva sull’equa rappresentanza delle donne nei consigli di amministrazione fornisce una reale opportunità per cambiare la cultura aziendale i cui effetti si rifletterebbero su tutti i livelli gerarchici.
In Europa solo nove sviluppatori su cento sono donne, solo il 19% dei manager nel settore delle tecnologie informatiche e della comunicazione è di sesso femminile (rispetto al 45% in altri settori dei servizi) e le donne rappresentano solo il 19% degli imprenditori (rispetto al 54% in altri settori dei servizi).
l’ingresso di un maggior numero di donne nel settore delle TIC farebbe crescere un mercato in cui si prevede una carenza di manodopera e nel quale la partecipazione paritaria delle donne si tradurrebbe in un aumento del PIL dell’Unione dell’ordine di circa 9 miliardi di euro l’anno.
Allo stato attuale, le donne sono fortemente sottorappresentate in termini di lauree ICT, dove costituiscono appena il 20% dei laureati, e solo il 3% del totale delle donne laureate si laureano in tale ambito.
C’è poi da evidenziare che le donne affrontano notevoli difficoltà nell’inserirsi e nel rimanere nel settore ICT, dove solo un 30% della forza lavoro è costituito da donne, anche perché molte decidono di abbandonare il settore pochi anni dopo il completamento degli studi universitari.
In Italia, secondo uno studio Cepis e-Competence Benchmark, solo il 15% dei professionisti ICT è di sesso femminile, di cui solo il 16% ha un’età inferiore ai 30 anni. sempre nel nostro Paese
Secondo lo studio “Women active in the ICT sector” (Donne attive nel settore delle TIC), da qui al 2020 l’Europa si troverà a far fronte a una carenza di 900 000 lavoratori nel settore TIC, che di fatto è in rapida crescita e genera circa 120 000 nuovi posti ogni anno.
La maggior parte (54%) delle donne occupate nel settore delle TIC occupa posizioni peggio retribuite e meno qualificate e soltanto una ridotta minoranza (8%) di esse occupa posizioni di ingegnere informatico altamente qualificato. Un dato a cui va aggiunto che le donne sono altresì sottorappresentate nel processo decisionale in tale settore, dove solo il 19,2% degli addetti del settore delle TIC ha donne come superiori, rispetto al 45,2 % in altri settori.
Da un punto di vista dell’età lavorativa, le donne dai 55 anni di età in poi sono a forte rischio di disoccupazione e inattività sul mercato del lavoro, visto che il tasso medio di occupazione delle donne di età compresa tra i 55 e i 64 anni nell’UE è di solo il 42% rispetto al 58% degli uomini.
Un aspetto quest’ultimo enfatizzato dal basso livello di alfabetizzazione informatica e competenza digitale e che potrebbe essere superato in maniera efficace grazie al miglioramento e l’investimento nelle competenze digitali delle donne dai 55 anni di età in su, con ottimi risultati in termini di occupazione e protezione contro l’esclusione dal mercato del lavoro.
La trasformazione digitale, infine, racchiude un grande potenziale per l’emancipazione delle donne, in quanto permette di accedere all’informazione e alla conoscenza al di fuori dei canali convenzionali e fornisce una piattaforma per l’espressione che può ispirare altri all’azione, aprendo nuove opportunità per interagire e impegnarsi per la difesa dei diritti e delle libertà delle donne e delle ragazze, delle persone LGBTI e delle persone con necessità specifiche come i disabili.
La partecipazione attiva delle donne alla società dell’informazione non è solo una questione di giustizia e di parità, ma contribuirà a migliorare le condizioni sociali ed economiche nella società e la competitività dell’Unione europea.