Localizzazione

Orizzonte 6G: Localization-of-Things sempre più centrale

di Andrea Conti, dell’Università di Ferrara, è co-fondatore e co-direttore del WiLab, il Laboratorio Nazionale di comunicazioni wireless del CNIT |

Nell’era dell’Internet-of-Things la necessità di localizzare non è più limitata unicamente alle persone, ma anche a tutti i dispositivi connessi alla rete.

Orizzonte 6G la nuova rubrica curata da Roberto Verdone, professore all’Università di Bologna, Professore Ordinario del DEI – Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione, dell’Università di Bologna, e Direttore del WiLab, Laboratorio Nazionale di ricerca sulle comunicazioni wireless facente capo al Cnit, il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni. Spunti e suggestioni sul percorso di ricerca verso il 6G, il prossimo standard delle telecomunicazioni per alimentare l’interesse e la curiosità verso le Lauree STEM. Per consultare tutti gli articoli clicca qui.

Dove sono?”, “Come raggiungo quel luogo?”. Sono domande molto comuni, a cui il più delle volte troviamo risposta usando i nostri sensi o mediante sistemi di navigazione satellitari denominati Global Navigation Satellite System (GNSS). Il più famoso di questi, il Global Positioning System (GPS), è aperto all’uso civile da circa tre decadi e ha raggiunto una larghissima diffusione quando, dai primi anni duemila, è stato integrato nei telefoni cellulari. Per quanto pervasivi, i GNSS non garantiscono copertura o prestazioni adeguate specialmente in ambienti indoor, densamente edificati, o coperti da folta vegetazione. D’altronde, l’accuratezza di tali sistemi non soddisfa i requisiti stringenti dei servizi emergenti. Inoltre, nell’era dell’Internet-of-Things la necessità di localizzare non è più limitata unicamente alle persone, ma anche a tutti i dispositivi connessi alla rete.

Qual è il legame fra sistemi di localizzazione e reti cellulari 5G/6G?

Le reti cellulari 5G (e in futuro quelle 6G) abiliteranno una moltitudine di servizi basati anche sulla conoscenza della posizione dei dispositivi connessi alla rete. Conoscere con adeguata accuratezza la posizione di persone, oggetti e veicoli da un lato abilita Location-Based Service (LBS) per applicazioni nell’ambito civile, industriale, agricolo, militare e dei veicoli autonomi; dall’altro permette di ottimizzare l’utilizzo delle risorse di rete, con vantaggi in termini di efficienza, capacità di autoconfigurazione, e latenza nelle reti stesse. La localizzazione è così importante che il 3GPP, che produce le specifiche e i report tecnici per la standardizzazione dei sistemi cellulari, dalla release 16 (la prima del 5G) alla release 18 (riferita anche come 5G-Advanced e in corso di definizione) grande attenzione è stata posta nel definire specifiche e aspetti sia procedurali che architetturali sulla localizzazione.  Attualmente sono stati definiti 7 livelli di requisiti, alcuni estremamente stringenti (accuratezze sotto il metro nel 99% dei casi e con latenze di poche decine di millisecondi per diversi scenari sia outdoor che indoor e per diversi gradi di mobilità dai pedoni ai treni) che richiedono quindi particolare attenzione nella definizione delle procedure di localizzazione. Ma andiamo con ordine.

Come opera un sistema di localizzazione?

In generale, misurando il tempo di arrivo o le differenze fra tempi di arrivo, la potenza ricevuta e/o l’angolo di arrivo dei segnali rispetto a nodi situati in posizione nota è possibile determinare la posizione dei dispositivi interconnessi alla rete mediante algoritmi che combinano opportunamente stime di distanze e/o di direzione. Tali misure sono spesso affette da incertezza a causa dei disturbi (rumore e interferenza) e della propagazione wireless (cammini multipli e condizioni di non linea di vista) presenti negli ambienti in cui i sistemi operano.  Questo rende difficile ottenere i livelli di prestazione desiderati e richiede sia la capacità di fondere misure eterogenee che di rilevare le condizioni di propagazione al fine di raffinare o selezionare le misure ottenute.  Per tale motivo, nell’ecosistema 5G è prevista l’integrazione non solo di misure direttamente basate sulla tecnologia 5G (ottenute sia a frequenze sotto i 6GHz ovvero FR1, che a frequenze a onde millimetriche attorno a 27GHz ovvero FR2), ma anche di misure ottenute con altri sistemi presenti nell’ambiente come GNSS, WiFi, reti dedicate Bluetooth o a banda ultralarga (UWB).

È quindi tutto risolto per il 5G o verso il 6G?

In realtà la ricerca sulla localizzazione è ancora molto fervida poiché ogni misura reca in sé sia informazione sulla posizione dei nodi che incertezza dovuta alle condizioni dell’ambiente wireless. Occorre quantificare l’informazione disponibile (considerando le tecnologie, le caratteristiche dei segnali utilizzati, e le condizioni di propagazione) e si sono sviluppati metodi per ottenere limiti fondamentali sulla localizzazione utilizzati sia come termine di confronto sulle prestazioni a cui si può ambire, sia per comprendere gli aspetti da tenere in considerazione per lo sviluppo di algoritmi che si avvicinino, quanto più possibile, a tali prestazioni limite.  Sul fronte degli algoritmi, si stanno sviluppando metodi probabilistici basati sul machine learning al fine di apprendere le caratteristiche dell’ambiente wireless, riconoscere in quali condizioni le misure sono state ottenute, e fondere misure eterogenee fra loro o con informazioni a priori sulla mobilità e l’ambiente. Tali algoritmi dovranno anche rendere possibile la cooperazione fra nodi della rete e garantire l’uso efficiente delle risorse con un occhio anche alla latenza. Altri aspetti importanti su cui la ricerca si sta adoperando sono l’integrazione di comunicazione e localizzazione/sensing, la localizzazione e la mappatura simultanee, l’utilizzo di frequenze a THz, il controllo delle riflessioni mediante superfici intelligenti, la sicurezza e l’integrità dei dati di posizione e delle misure utilizzate per localizzazione, e (con un orizzonte oltre il 6G) l’illuminazione quantistica.

E se ciò che si vuole localizzare fosse device-free?

In molte situazioni è necessario rilevare la presenza e tracciare la posizione di oggetti e/o persone (target) che non collaborano al processo di localizzazione. In questi casi si usa il termine di localizzazione device-free e per determinare la posizione di tali target occorre elaborare i segnali riflessi come nei sistemi radar. Le riflessioni però sono generate non solo dal target, ma anche da tutto ciò che lo circonda. Pertanto, riconoscere le componenti della riflessione dovute ai target non è semplice e sta richiedendo parimenti sforzi di ricerca da parte della comunità scientifica internazionale. In questo caso i segnali dei sistemi cellulari verranno utilizzati per comunicazione e sensing integrate, analizzando le riflessioni sui target ai fini della localizzazione device-free. La localizzazione nelle versioni avanzate del 5G e nel 6G dovrà essere in grado di mettere insieme tutte le informazioni sull’ambiente sia in relazione ai nodi collegati alla rete che ai nodi device-free.

Il WiLab, Laboratorio Nazionale di comunicazioni wireless del CNIT*, ha un programma triennale di ricerca orientato ad esplorare i limiti del 5G per casi d’uso industriale e a sviluppare nuove tecnologie e soluzioni architetturali per il 6G. Lo fa nel contesto di una solidissima collaborazione con BI-REX, il centro di competenza del MISE che ha sede a Bologna e consorzia moltissime aziende del settore dell’automazione industriale Italiane, e grazie a finanziamenti di TIM (per il 5G) e di Huawei (per il 6G), due tra i partner industriali del WiLab.

* Il CNIT (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni) è un ente non-profit riconosciuto dal MUR, che svolge attività di ricerca, innovazione e formazione avanzata nel settore dell’ICT.

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