Lo scontro fra Open Fiber e Tim sulla rete unica non accenna a placarsi in un clima che per la società controllata da Enel e Cdp si è fatto ostile per i ritardi del piano Banda ultralarga da parte di Infratel, la in house del Mise che ha concesso i bandi. Intanto, Tim e Open Fiber continuano a punzecchiarsi e un accordo per l’eventuale fusione delle rispettive reti sembra ancora lontano. Il piano BUL per la copertura a banda larga ultraveloce (almeno 30 Mbps) varato dal Governo Renzi nel 2015 è indietro di un paio d’anni sulla tabella di marcia, con circa 300 comuni a disposizione degli operatori rispetto ai 3mila previsti. Ma affibbiare le responsabilità alla sola Open Fiber, che si è aggiudicata i bandi per la realizzazione della rete in fibra nelle aree bianche con fondi pubblici per 2,5 miliardi, sembra davvero troppo semplicistico. Tanto più che troppo spesso ci si dimentica la premessa di tutta la vicenda: il gap di connessioni a banda ultralarga dell’Italia è figlio in primo luogo dei mancati investimenti degli ultimi 20 anni nelle aree bianche da parte di Tim. E’ per questo che è nata Open Fiber. Tra le altre cose i lavori veri e propri sono potuti partire solo nel 2018 visti i 13 ricorsi dell’ex monopolista.
L’attacco di Report
Eppure, è questa la tesi avanzata dal servizio andato in onda due sere fa sulla trasmissione Report intitolata “Senza fibra”, che punta il dito esclusivamente contro Open Fiber per i ritardi accumulati nell’esecuzione del Piano BUL. Tesi in qualche modo assecondata anche da Infratel, la società che ha il compito di vegliare sulla realizzazione del piano BUL, che per bocca dell’ad Marco Bellezza non ha risparmiato critiche a Open Fiber, scaricando sulla società la responsabilità dei ritardi, pur riconoscendo nella burocrazia una concausa importante. Un atteggiamento che rischia di trasformarsi in un boomerang per la stessa Infratel, che tra l’altro è parte in causa avendo responsabilità dirette sui collaudi.
La replica di Open Fiber
Un’accusa alla quale la società controllata pariteticamente da Enel e Cdp ha replicato indirettamente sui social sostenendo che: “Dopo l’emergenza Open Fiber, per obbligo giuridico e per l’inadeguatezza dell’infrastruttura Fttc (fiber to the cabinet) installata da altri operatori, resta tenuta a coprire le aree bianche con un’infrastruttura performante, anche in presenza di un altro operatore”. “Sono previsti – prosegue la società – circa 1.000 Comuni aggiuntivi dichiarati coperti da altri operatori (Tim ndr), di cui circa 700 sono nelle aree bianche. La lunghezza della rete secondaria in rame della tecnologia Fttc utilizzata da un altro operatore non è adeguata alle aree meno dense: infatti nel 7% dei casi il servizio non è neppure erogabile e nel 22% è inferiore ai 30 Mbps”.
In altre parole, se il piano di Open Fiber non è stato rispettato la responsabilità va condivisa con Tim (oltre ad una serie di azioni ostative, peraltro sanzionate da AGCM) che a suo tempo nel 2015 si era impegnata a coprire il 45% delle unità immobiliari presenti nei 6.753 comuni dei Bandi 1 e 2 che fanno parte del piano entro il 2018 “senza tuttavia in molti casi aver fatto nulla”.
Piano industriale aggiornato
Intanto, prosegue la società, “l’aggiornamento del piano industriale è stato approvato dai cda di Open Fiber, Enel e Cdp (che hanno approvato un aumento di capitale complessivo di circa 450 milioni ndr). Gli azionisti hanno espresso il pieno sostegno al nuovo piano industriale di Open Fiber che punta all’estensione del perimetro di intervento, con focus su aree grigie, e sull’accelerazione dello sviluppo e valorizzazione della rete nelle aree oggetto di intervento. La copertura delle aree bianche è integralmente garantita dalle risorse già stanziate”, alle quali si aggiungerà una nuova linea di credito che dovrebbe portare nelle casse 550-650 milioni.
Infratel chiede la penale
Intanto, Infratel chiede il conto a Open Fiber con una richiesta di risarcimento per i ritardi di circa 1 milione, una cifra risibile rispetto ad un piano che vale circa 2,5 miliardi, che vale lo 0,04% dell’intero investimento. Open Fiber aveva già previsto in bilancio il rischio di un ritardo e delle conseguenti penali.
Infratel, intanto, facendo il punto sul progetto ‘Banda Ultra Larga’ mostra che su 2914 cantieri complessivamente aperti in fibra e 1026 wireless ne sono stati completati ad oggi con Certificato Ultimazione Impianto Rete rispettivamente 875 e 889.
Dal punto di vista economico, sono stati ordinati a Open Fiber più di 1,3 miliardi di euro di lavori il cui avanzamento è complessivamente pari al 40% circa. Terminati i lavori è richiesto il collaudo per avviare la commercializzazione dei servizi. Su 218 comuni collaudabili solo 69 hanno avuto esito positivo ma, nell’emergenza Coronavirus, Infratel ha autorizzato Open Fiber ad avviare i servizi anche in Comuni privi di collaudo per i quali siano stati completati i lavori con l’emissione del relativo certificato. I servizi di Open Fiber, conclude il rapporto di Infratel, sono oggi disponibili in 248 comuni.