I fondi del PNRR destinati alle nuove reti di telecomunicazioni ammontano ad oltre 5,5 miliardi di euro. Ma l’Italia sarà davvero in grado di spendere questa cifra entro il 2026? O rischia di perdere i fondi del PNRR?
Fondi a rischio
È inutile nascondere il fatto che negli ultimi mesi stanno crescendo sempre più le preoccupazioni nei corridoi del MiSE e di Infratel per i gravi ritardi di Open Fiber nelle Aree bianche che potrebbero estendersi ora anche alle Aree grigie visto che Open Fiber è uno dei maggior beneficiari di tali fondi. E presto la patata bollente sarà sul tavolo del futuro governo, presieduto da Giorgia Meloni, che dovrà occuparsene con urgenza.
D’altra parte a causa dei ritardi di Open Fiber l’Italia già rischia di perdere anche i fondi ordinari europei del FESR e FEARS che sono stati al momento spesi solo al 50% circa.
Infratel vigila
Infratel, a quanto si apprende, avrebbe già multato Open Fiber per 45.313.000 euro. Di tale importo, 8.576.500 euro sono dovuti a ritardi nell’adempiere a rimedi imposti post collaudo. Il resto è dovuto a ritardi nelle varie fasi di progettazione e, sembrerebbe, che Infratel starebbe valutando ulteriori pesanti sanzioni. In tale scenario, ci si chiede se possa sorgere addirittura, alla luce di tali inadempienze, lo spettro del possibile ritiro della concessione.
Nessuno vuole prendersi la colpa per la situazione che si è creata ed assisteremo sicuramente ad un rimpallo di responsabilità. Da una parte Infratel, che è tenuta a pubblicare i dati ufficiali relativi alle realizzazioni di Open Fiber e dall’altra Open Fiber che cerca di addossare le responsabilità dei ritardi ad Infratel. Responsabilità che oggettivamente Infratel non ha e non potrebbe avere.
In una recente intervista Guido Bertinetti di Open Fiber ha dichiarato che la sua azienda renderà attivabili entro l’anno 3 milioni di unità immobiliari FTTH nelle Aree bianche, ma che in realtà sarebbero 4 milioni, se i collaudi fossero più tempestivi. Di chi è quindi la colpa?
Meno male che in Italia esiste la Corte dei Conti e meno male che vigila sul serio.
Il ragionamento che viene fatto da chi è vicino a questo delicato dossier e che chiede di mantenere l’anonimato è molto semplice.
Le responsabilità dei vertici di Open Fiber
Il vertice di Open Fiber, nominato da CDP, ha dimostrato una evidente incapacità gestionale. I ritardi delle Aree bianche sono ormai oltre ogni limite. Appena 2.037.636 di unità immobiliari attivabili controi 6.411.150 previsti dalla concessione. A questo ritmo i lavori saranno finiti nel 2030.
Senza tenere conto che su centinaia di migliaia di unità immobiliari dichiarate con servizio attivabile in realtà i clienti non possono collegarsi ad internet.
Non a caso, si leggono costantemente sulla stampa e sui social le molte lamentale di cittadini, sindaci ed amministratori locali che si sono accorti di quanto abbiamo appena detto e che denunciano la mancanza di connessione.
I numeri del Mise
Sconcertante è poi il fatto che, leggendo il report del MiSE del 30 settembre 2022, si apprende che sono state attivate alla data del 30 settembre nelle Aree bianche in totale solo 97.726 unità immobiliari nonostante siano arrivati 156.441 ordini. In Sardegna addirittura attivate zero linee, in Calabria 5, in Puglia 28, in Liguria 114. E preferiamo fermarci qui.
E complessivamente poche migliaia nelle altre regioni.
In Sardegna addirittura sono arrivate solo 3 richieste di attivazione. Ma non c’è da stupirsi che i cittadini si scoraggino. Delle 3 richieste, 2 sono arrivate a marzo e ad oggi risultano ancora con la mesta dicitura “in lavorazione”. Più di 6 mesi di attesa.
Come si può pensare di poter fornire un servizio in queste condizioni? Viene da chiedersi se la rete davvero ci sia, anche là dove è stata dichiarata attivabile.
Open Fiber e i ritardi anche nelle aree nere
Ai ritardi delle Aree bianche si sono affiancati adesso quelli delle Aree nere.
Saranno solo 800 mila le nuove unità immobiliari attivabili nel 2022, contro circa 1,6 milioni realizzate nel 2019 o 1,25 milioni realizzate nel 2020 in piena pandemia.
Il peggior risultato di sempre nella storia di Open Fiber. E questo è sicuramente un grave danno per il Paese.
Vuol dire che in molte aree commerciali e di presenza industriale non ci sarà la fibra promessa.
Chi pagherà i danni alle imprese italiane?
Per questi fatti, molto evidenti, cresce la preoccupazione che anche per le Aree grigie possa avvenire lo stesso.
Open Fiber: il tempo passa
Come farà Open Fiber a rispettare gli impegni, se fino ad oggi non è stata in grado di rispettarli per le Aree bianche e per quelle nere?
Nonostante un risibile comunicato stampa, Open Fiber non ha in realtà ancora iniziato i lavori nelle Aree grigie.
La bizzarra idea di utilizzare i carcerati per fare gli scavi si è rivelata per quello che è. Una sciocchezza.
Gabriele Sgariglia AD del Consorzio Open Fiber Network Solutions vista la situazione insostenibile si è appena dimesso per contrasti con il vertice.
I principali fornitori di Open Fiber sono furiosi con l’azienda.
In cerca di alternative
La prima gara per le Aree grigie è andata deserta. Ed anche l’accordo recentemente siglato tra Iliad e Fastweb è la dimostrazione del fatto che neanche Iliad si fida più della capacità realizzativa di rete di Open Fiber ed è costretta a cercare alternative.
Magari tra qualche mese o tra qualche settimana scopriremo che la situazione è irreparabile e che il PNRR è a rischio o addirittura compromesso.
Ci dispiacerebbe però che si desse la colpa al nuovo Governo che deve ancora insediarsi.
Le responsabilità sono ben note e visibili da molti mesi, non solo per chi le vuol vedere, ma anche per chi dovrebbe decidere perché tali circostanze non si verifichino.
Vedremo come finirà.