Lo scorso 30 luglio il governo ha dato via libera all’Offerta Pubblica di Acquisto lanciata da Marbles su Retelit, società di tlc e fibra, fissando però una serie di condizioni necessarie per completare le operazioni. Si tratta di vincoli tecnici innanzitutto, che lasciano sullo sfondo gli aspetti di geopolitica che l’operazione porta con sé. Retelit è una società importante quanto discreta e felpata, ma ha un ruolo non indifferente negli equilibri del Mediterraneo. Ne abbiamo parlato con Francesco Sacco, docente di Digital Economy all’Università dell’Insubria e alla SDA Bocconi, con il quale abbiamo ricostruito il contesto delle dinamiche in corso e i possibili contraccolpi che l’operazione potrebbe generare.
Key4biz. Mediterraneo, geopolitica e ruolo dell’Italia, perché è lì che si giocano molti dei ruoli internazionali dell’Italia?
Francesco Sacco. Se chiediamo a qualsiasi italiano qual è il principale interesse geopolitico del nostro Paese, tutti risponderanno il Mediterraneo. Lo abbiamo sentito dire così tante volte che anche l’uomo della strada non ha bisogno di pensarci. Ma se ci chiediamo quale sia il cuore del sistema del Mediterraneo, solo in pochi hanno consapevolezza del ruolo della Libia. Se poi chiediamo qual è la nostra più importante società per il futuro della Libia, tutti risponderanno l’Eni, ma è una visione del recente passato. In pochi risponderebbero oggi Retelit, che invece è la risposta più corretta.
Key4biz. Perché Retelit ha un ruolo così importante?
Francesco Sacco. Di Retelit è socia dal 2006 LPTIC (Libyan Post & Telecommunications & Information Technology Company, la holding di partecipazioni tecnologiche del governo libico). Insieme hanno creato Retelit Med, partecipata pariteticamente al 50%, che è coinvolta in tutti i progetti per il futuro digitale della Libia. Tra questi, la cablatura in fibra ottica delle principali città libiche (Tripoli, Misurata, Sirte, Bengasi, Tobruk); la costruzione del cavo per collegarle tra di loro e poi, da una parte, all’Italia e all’Europa e, dall’altra, al resto dell’Africa e all’Asia, tramite il Mar Rosso; la futura rete 5G libica; il nuovo data center in Libia della LTT (Libyan Telecom & Tech), controllata sempre da LPTIC, per erogare servizi cloud al mercato business domestico libico. In totale, si stima circa 1 miliardo di euro di investimenti di cui una parte appannaggio di Retelit. Ma il suo valore economico è incommensurabile rispetto al suo ruolo strategico.
Il petrolio e l’ENI sono la storia e, in una certa misura, il presente della Libia. Il suo futuro, anche per difendere e creare valore dal suo petrolio, sarà necessariamente digitale o non ci sarà. Nella misura in cui la Libia sarà padrona del suo futuro digitale, sarà anche padrona del suo destino. È vero per loro come è vero per l’Italia e per tutti i Paesi.
Key4biz. Quindi un futuro di convergenza tra energia e telecomunicazioni e, comunque, in futuro i cavi saranno più importanti delle armi?
Francesco Sacco. Si. La situazione militare libica è complessa. È sotto gli occhi di tutti, anche se sta migliorando. Ma nessun Paese può fidarsi fino in fondo delle armi straniere sul proprio territorio che – auspicabilmente – non sono destinate a restare. Al contrario, la base per la scelta della tecnologia è proprio la fiducia. Non puoi accettare tecnologia da una controparte di cui non hai totale fiducia. È l’argomento principale degli USA contro Huawei sul 5G. Inoltre, mentre gli eserciti stranieri sono destinati ad andarsene, la tecnologia è destinata a restare. Sarà di un Paese o di un altro, ma della tecnologia non si può fare a meno ed è molto più costosa e difficile da rimpiazzare delle armi.
Key4biz. E allora che succederà?
Francesco Sacco. Sintetizzerei la situazione in questo modo: in Libia stiamo abbandonando una posizione di controparte economica basata sulla fiducia tecnologica in cambio di pochi soldi e niente altro. Vogliamo rimpiazzarlo con un ruolo militare? Abbiamo altri asset tecnologici più importanti? Come vogliamo dare concretezza alla nostra richiesta di ruolo internazionale nei confronti della Libia? Sono tutte domande senza una risposta chiara. Una stretta di mano è ancora importante. Ma se l’altra mano è vuota, resta soltanto una stretta di mano.
Key4biz. Il futuro della geopolitica passa quindi per la tecnologia?
Francesco Sacco. No, non solo il futuro, anche il presente. Il tavolo di crisi più importante degli USA con i suoi alleati e la Cina è, a un tempo, Huawei e le infrastrutture del 5G. La stessa Cina, ma anche Israele, ci hanno insegnato quanto importante sia diplomaticamente la cooperazione tecnologica e l’accesso alle tecnologie come moneta di scambio in ambito internazionale. Infine, le grandi società tecnologiche sono più ricche e importanti di molti Stati sovrani, ma l’accesso alle infrastrutture tecnologiche è per loro fondamentale, più di tutto quello che i singoli Stati da soli possono pensare di controllare.
Key4biz. Ma perché Retelit è così importante per il suo ruolo in Libia? E solo con la Libia?
Francesco Sacco. No, anche (e innanzitutto) per il suo ruolo in Italia e per l’infrastruttura digitale italiana. Telecom Italia Sparkle, la più importante società in Italia del settore è ormai da un po’ sotto controllo francese. Resta soltanto Retelit. La sua rete in fibra ottica, interamente di proprietà, si sviluppa per oltre 16.000 chilometri con 12.580 siti connessi in Italia, 1.374 torri di telecomunicazioni, 451 cabinet e 19 data center di proprietà. Ha accesso diretto ai principali hub di telecomunicazioni europei (inclusi Amsterdam e Parigi) e ai maggiori punti di presenza internet europei. È un’infrastruttura tecnologica difficilmente replicabile, ma preziosissima per qualunque cloud provider nazionale o che abbia l’ambizione di avere un ruolo internazionale. Da qui l’interesse dei libici. E per questo fornisce servizi di connettività a carrier nazionali e internazionali, a Internet Service Provider (ISP), ad Application Service Provider (ASP), a enti della Pubblica Amministrazione italiana, alle basi americane in Italia, a banche e ad altri grandi clienti, connettendo 200 città e 10 Paesi in Europa. Infine, è a capo del consorzio che gestisce AAE-1 (Africa-Asia-Europe-1), il cavo sottomarino di ultima generazione che collega in Europa, Africa e Asia ben 19 Paesi (Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Yemen, Gibuti, Arabia Saudita, Egitto, Grecia, Cina, Vietnam, Cambogia, Malesia, Singapore, Tailandia, Myanmar, India, Pakistan, Italia e Francia). Parliamo di Via della Seta, ma quella digitale già esiste, costa di meno ed è ben più preziosa.
Key4biz. Ma il management di Retelit resta italiano, mi pare, anzi è già stato riconfermato
Francesco Sacco. Nel tempo, il management passa, la proprietà resta. Il management è senz’altro importante, ma conta sempre più chi nomina il management di chi è nominato. E in politica estera, negli accordi internazionali, non c’è alcun dubbio in materia. L’unico ruolo che conta nelle scelte a lungo termine è quello di chi ha la proprietà di un asset.
Key4biz. Allora potrebbe essere anche troppo tardi. Ormai c’è un OPA lanciata e il Governo ha dato il suo assenso ai fini dell’esercizio del Golden Power, sia pur con minime raccomandazioni.
Francesco Sacco. Il fondo spagnolo Asterion, tramite Marbles, ha eseguito un copione perfetto. Prima è entrato nel capitale di Retelit con una quota rilevante, poi si è portato in maggioranza relativa al 28,8%, appena sotto la soglia di OPA. Infine, il 31 maggio 2021 ha lanciato un’OPA sull’intero capitale di Retelit, prevedendo, in caso di successo, il delisting dell’azienda. La fase di offerta si concluderà, salvo proroghe, il 10 settembre. L’attuale Governo ha mille emergenze da affrontare, ma ha fatto del pragmatismo e del coraggio la sua cifra distintiva. La situazione non è semplice. Una contro-OPA è ancora possibile. Sarebbe un’operazione di mercato e di difesa di un interesse nazionale ineccepibile anche nei confronti di una società di un paese alleato. Ma siamo in Zona Cesarini. Qualsiasi cosa si voglia ormai fare, non resta molto tempo. Resta da vedere se si farà avanti qualcuno e chi. I fatti poi resteranno l’unico argomento sul tavolo, anche per le nostre ambizioni geopolitiche.