Dopo la grande festa per l’assegnazione dei XXV Giochi olimpici invernali a Milano e Cordina d’Ampezzo del 2026 è ora il momento di qualche riflessione di carattere certamente economico, ma declinato in chiave ambientale, di sostenibilità e basso impatto, e anche sociale.
Le olimpiadi che si svolgeranno dal 6 al 22 febbraio 2026 e per la prima volta in forma congiunta, sia nel capoluogo lombardo, sia nella città da tutti conosciuta come “Regina delle Dolomiti”, saranno non solamente un momento di grande sport a livello mondiale, ma anche vetrina per il nostro Paese, che avrà modo di sperimentare nuovi modelli di accoglienza ed inclusione, nuove infrastrutture assolutamente green e facilmente accessibili, in grado di abbattere l’impatto ambientale e le emissioni di gas climalteranti, CO2 in testa, e di presentare a livello globale nuove soluzioni green Made in Italy.
Il nostro Paese, d’altronde, si è impegnato nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, abbandonando modelli produttivi e insediativi non sostenibili, per seguire una nuova rotta di miglioramento della qualità della vita, sia sul territorio nazionale, sia a livello globale, basata su una economia progressivamente decarbonizzata.
Ne hanno parlato in un documento diffuso dall’ESP (Environmental Science and Policy) dell’Università di Milano, Luciano Pilotti, Stefano Bocchi e Sara Valaguzza, evidenziando “la straordinaria opportunità di tenere insieme presente e futuro cogliendo l’occasione per fare di un evento straordinario un momento educativo, culturale, politico, formativo e di rigenerazione ambientale”.
Perché un’impostazione così rigorosamente ambientale di questa manifestazione? Innanzitutto, perché lo chiede il Comitato olimpico internazionale (Cio) e poi perchè tutto quello che sarà fatto anche per essere ereditato dalle generazioni future.
Olimpiadi che dunque “dovranno presentarsi come piattaforma riconoscibile forte di soluzioni ambientali utili ai sistemi urbani, non urbani e post-urbani, dalle città metropolitane alla montagna come un continuum sul quale agire con policy e strumenti che saranno sperimentati in quel contesto come laboratorio di pratiche e politiche di bioeconomia, agroecologia, integrazione sociale, di pratiche collaborative e di un diritto circolare, agile, dialogico e non più auto-referenziato. Leva di una moderna crescita industriale del Paese intero”.
Impatto sociale ed economico
L’impostazione del ragionamento è semplice ed efficace: “Se le soluzioni proposte, costruttive, di servizio, di materiali sostenibili di supporto alle Comunità, funzioneranno in Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige, saranno trasferibili in tutto il Paese”.
Anche perché tutto questo avrà sicuramente rilevanti impatti occupazionali: “che, a medio termine, sono stimati tra 9.000 e 11.000 posti di lavoro, si presume anche ad alta e media qualificazione”.
Trasporti, accoglienza, servizi, impianti sportivi, ristorazione, consumi energetici ed idrici, emissioni inquinanti, rifiuti e loro gestione, sono diversi gli elementi da prendere in considerazione quando si lavora ad una manifestazione sportiva di richiamo mondiale e per questo è significativo da parte di ricercatori, istituzioni e mondo delle imprese “incamminarsi alla ricerca dell’impatto (socio)ambientale “0” e inserire la sostenibilità come valore-guida nelle procedure di gara, nei contratti, nelle professioni, nelle azioni delle istituzioni”.
E questo è fondamentale come impianto culturale di base, “bilanciando rete infrastrutturale esistente e “programmata” nella mobilità elettrica ed accoglienza, per fronteggiare in modo equilibrato un turismo di massa 50 volte quello del 1957; assicurando equilibrio tra gestione dei rifiuti, biodiversità e qualità del paesaggio in senso circolare; ricorrendo a big data e intelligenza artificiale, con modelli previsionali, alla progettazione con il building information modeling; dalla trasmissione e ricezione di dati informativi agli strumenti di elaborazione e diffusione continua”.
La neve
Altro punto chiave per le Olimpiadi invernali del 2026 sarà la neve.
La domanda da farsi è, ci sarà abbastanza neve e a che livello la ritroveremo?
Secondo i ricercatori, in un contesto di surriscaldamento ambientale non favorevole e in sette anni certo crescente, la situazione potrebbe essere critica, visto che “già nel 2017 e, ancora più nel 2018-2019, il mantenimento del manto nevoso si è rivelato un problema sotto i 2400 metri s.l.m.; oltre il 20% delle località sciistiche (666) non ha potuto usufruire dei 30 cm utili e necessari per gli sport invernali nei tre mesi canonici”.
Certo, si può ricorrere all’innevamento artificiale, ma a questo punto, ci si deve chiedere anche se i bacini idrici sono sufficienti e se no quanti altri se ne dovranno costruire e in che condizioni e con quali criteri, visto già il forte impatto umano sulle Alpi (ecosistema già di per sé in sofferenza a causa dei cambiamenti climatici e il global warming).
C’è poi da domandarsi se il fabbisogno non sia eccessivo rispetto alla capacità naturale dell’ecosistema alpino e quanta energia sarà necessaria: “All’acqua andrà accoppiata l’energia per produrre l’innevamento con costi che, secondo il WWF, sarebbero compresi tra 135.000 e 140.000/€ per ettaro di pista (600 GWh), da spalmare su migliaia di km. Le soluzioni adottate saranno sostenibili se sapranno integrare, diffusamente, solare, fotovoltaico, biomasse, geo-termico ed elettrico. Piste e riforestazione dovranno peraltro accoppiarsi sistematicamente e già da ora”.
Vale la pena ricordare che agli attuali ritmi di consumo di risorse naturali e di suolo, secondo il Rapporto dell’IPCC del 2018, entro il 2030 l’aumento della temperatura media globale sarà superiore agli 1,5 °C, ritenuti la soglia massima di sicurezza per avere effetti contenuti e gestibili, seppure con grandi spese di denaro e risorse.
Entro il 2030, in base a stime dello Swiss Glacier Monitoring Network dell’Eth, gran parte dei ghiacciai delle Alpi centrali e orientali potrebbero scomparire del tutto in estate.
Uno studio del Cipra è più chiaro al riguardo: “Se le emissioni di gas serra continueranno senza limiti, entro i prossimi 20 anni il turismo invernale nelle regioni alpine di media altitudine potrebbe scomparire quasi completamente. In questa lista rossa si trovano anche importanti stazioni turistiche, come “Les Portes du Soleil” nel Vallese/Alta Savoia, Kitzbühel in Tirolo o Kranjska Gora in Slovenia. Entro 30 anni il turismo invernale potrebbe perdere le sue basi anche al di sopra dei 1500 metri e nelle aree glaciali”.
I rifiuti
Non meno rilevante è lo sviluppo di un “Piano Rifiuti” dedicato alla manifestazione: un piano “consapevole e responsabile”, che consentirà di “offrire servizi, secondo regole di comportamento, prevedendo sanzioni adeguate per le deviazioni verso 100% del riciclo e 90% del riuso per il packaging, bandendo strumenti monouso per cibi/bevande, azzerando sostanze come l’ammoniaca per il ciclo del ghiaccio”.
A coordinare e vigilare le associazioni sportive e no-profit, coordinate dalle Pro-Loco e dai Consorzi e Comunità Montane, che “dovranno assumere ruolo determinante nell’orientare, informare, educare, guidare e offrire servizi ad un pubblico eterogeneo, quest’ultimo probabilmente senza la necessaria esperienza o conoscenza dei luoghi”.