#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato in Odiens, Europa 18 luglio 2014
Lo confessiamo: lo streaming ci piace perché corrisponde al nostro ideale di comunicazione audiovisiva, che sarebbe nient’altro che la radio integrata da una, una sola, telecamera fissa.
Così si crea una situazione che assomiglia moltissimo al teatro, dove lo spettatore dalla poltrona che gli è toccata gode di una sola possibile inquadratura, mentre dinanzi si muovono gli attori e scorre il plot.
Per questo si usa dire che il quid del teatro stia nella sovranità dell’occhio dello spettatore rispetto all’azione scenica, e che da ciò derivi una peculiare dinamica di com-passione rispetto a quella suscitata dal cinema dove lo spettatore è invece guidato passo passo dall’arte del regista e del montatore.
Ebbene, nello streaming a camera fissa c’è una analoga “sovranità dello spettatore” perché nessun montaggio è possibile (forse lo chiamano streaming proprio per questo).
I partecipanti sono costretti in posizione fissa e in panche contrapposte, dunque di profilo come i sudditi del Faraone, e per di più sono a malapena distinguibili perché, per farci entrare tutto, la ripresa è in campo lungo. E non c’è regista che non preferirebbe essere licenziato piuttosto che firmare un simile obbrobrio.
Ma proprio questa immobilità della scena assicura che l’attenzione dello spettatore non sia catturata dalla fisiognomica e dalle smorfie dei presenti come accade invece negli usuali talk show (quanti diMillennium ricordano altro se non l’abito rosso fasciante dell’una o i fili sporgenti dal sacchetto-batteria dell’altra?).
Anche dell’ultimo streaming, certo, rimarrà l’immagine della pancetta di Renzi, chiaro indizio di bulimia da stress, o dell’espressione finto-distratta con cui, all’inizio dello scambio, lo stesso si atteggiava allasono-qui-per-caso.
Ma qui sospettiamo il calcolo dell’esperto che recita da provvisorio per occupare il posto più vicino all’uscita e così, guarda caso, sequestra la visibilità di tutti gli altri compagni di partito.
Insomma, nello “streaming di profilo” uno non vale uno, perché il primo a favore di camera oscura gli altri. Tranne Di Maio che piazzato al centro della sua delegazione subiva il fortunato obbligo di torcersi verso Renzi, così conquistando la tre quarti, e riuscendo, unico tra i presenti, a esibire lo sguardo.
E siccome sguardo chiama sguardo, dal lato M5S era lui l’unico su cui automaticamente poggiavamo il nostro.
Tranne per questi pochi dettagli la situazione non offriva occasioni agli occhi e così la parte dominante l’hanno svolta le orecchie, che ci raccontavano della schermaglia fra Renzi, interessato al nuovo fornaio, ma anche a non ingelosire quelli vecchi, e Di Maio che aveva il suo da fare per tenere il filo e trattenere i colleghi dal tornare in cima ai tetti.
Ma qui si passa al commento politico e noi ci arrestiamo, non senza aver sottolineato che questo esempio di tv che sa più di radio e di teatro povero è riuscito a raggranellare circa mezzo milione di spettatori, raddoppiando gli usuali ascolti di La7 (da 180.000 a 377.000) e di Rai News (da 37.000 a 88.000) in controtendenza con tutti gli altri canali che, più si va verso le vacanze più vedono dileguarsi i seguaci.