Talkshow

Odiens: ‘Servizio Pubblico’, meno talk e più inchiesta ma ascolti ancora giù

di Stefano Balassone |

‘Servizio Pubblico’ avvia la strada del cambiamento dei talkshow. La via è chiara: contenuti ben narrati e politici costretti ad affrontarli anziché svicolare. Sarà possibile perseguirla con costanza?

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 7 novembre 2014

Avvincente e utile, sono due aggettivi di opposta temperatura emotiva. Ieri sera a Servizio Pubblico è riuscito di fonderli al punto da renderli indistinguibili perché mentre eravamo presi dalla concatenazione del racconto non potevamo evitare di ricollocare nel contempo alcune nostre opinioni e paure. E anche di rispondere alla domanda che ci incuriosisce: come riuscirà il talkshow politico a risorgere dall’esaurimento delle sue formule ultradecennali?

Merito del (fortunatamente) lungo reportage dal fronte africano di Ebola (by Francesca Di Stefano e Pablo Trincia che se lo sono montati, pare, in stato di quarantena al ritorno da quelle terre) sia dell’interazione stridente fra l’eloquenza fattuale del filmato, di Gino Strada, di Maria Rita Gismondi (medico) e la posa retorica dei Salvini e dei Crocetta pronti a rincorrersi lungo gli usuali viottoli retorici del tu dici e io controbatto, ma poi costretti a fare i conti con la realtà che veniva man mano dispiegandosi, per non esserne espulsi come accade all’olio con l’acqua.

In sostanza ieri sera Santoro ha teso un agguato sia al vecchio talkshow politico con gli ospiti di giro sia all’inchiesta chiusa (tipo il Report delle oche crudamente spennate) ovvero alle lenti di ingrandimento sia delle campagne elettorali permanenti sia della pseudo innocenza del pubblico rispetto agli orrori del reale (le oche spennate? E che vogliamo dire dei maiali sgozzati?).

E l’evidenza era che la macchina del talk show può funzionare benissimo purché giri attorno alle cose e non alle chiacchiere.

Ovviamente il pubblico, ormai disamorato, non ha immediatamente corrisposto (ieri sera lo share ha toccato il minimo della stagione -5%-, mentre anche Virus, quello su Raidue, ha dato segni di affanno da Auditel, col 3,7%)) e perfino noi stessi abbiamo visto la puntata per caso perché, se un imprevisto non ci avesse tenuto a casa, avremmo dovuto essere al cinema a vederci Leopardi (ci andremo lo stesso, nonostante lo sproloquio leopardiano di Michele nel vestibolo della puntata). Su Twitter poi si rincorrevano i messaggi di chi era occupato a fare dell’altro e si chiedeva perché, dopo tante settimane di inedia che avevano logorato il rito dell’appuntamento, Servizio Pubblico richiamasse tanta attenzione.

Conclusione: la strada per uscire dal gioco delle marionette dei talkshow è chiara: contenuti ben narrati e politici costretti ad affrontarli anziché svicolare.

Sarà possibile perseguirla con costanza? (Intanto Santoro si è preso sei settimane per ricaricare le batterie).

Sarà compatibile con l’inflazione di talkshow vecchia maniera che finché son così tanti più che rifriggere non possono fare?

Domande vaste, direbbe De Gaulle. Roba da riforma di sistema, diciamo noi.

Intanto, volando basso, ci verrebbe da suggerire a La7 di farci rivedere i contenuti di ieri sera. (La parte, interminabile, di Travaglio può risparmiarsela).

Non radunerà folle, ma seminerà.

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