#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 20 novembre 2014
Alla faccia delle sfide dell’Auditel oggi la Rai è su tutti i giornali perché: 1) ha collocato con successo in borsa la sua appendice tecnica, Rai Way dove l’inglese way sta per l’italiano “via”, intesa come collegamento fra punti (trasmettitori e ripetitori) che fanno giungere i programmi alle nostre antenne. Qualcosa come i binari rispetto ai treni o gli elettrodotti (altri tralicci, ma in questo caso uniti da cavi dove corre l’elettricità) rispetto a chi produce l’energia per mandare avanti il frullatore in cucina.
In tutto il mondo le due attività (cose da trasportare e mezzi per trasportarle) vengono separate perché rendano di più, per favorire la concorrenza etc etc.
Per la tv italiana sta accadendo con un ritardo di 35 (trentacinque) anni (chi nei primi anni Ottanta fosse andato nella sede della tv pubblica francese si sarebbe già imbattuto in una porta blindata che separava rigorosamente le due società da poco, e da allora, per sempre separate). Mentre fino a oggi la Rai è stata considerata non un fascio di potenzialità da liberare, ma un ammasso di stati di fatto da difendere, come Cip e Ciop con le noccioline.
L’alternativa è che le noccioline comincino ad essere seminate anziché servire da cibo per scoiattoli lottizzati;
2) A proposito, la maggioranza dei consiglieri Rai ha dato mandato all’ufficio legale di opporsi alla famosa dazione dei 150 milioni pretesi da Renzi, argomentando che così il potere esecutivo mette le mani nelle casse del Servizio pubblico, e addio libertà, addio presidio delle pluralistiche ragioni della esistenza del medesimo, etc etc.
Chiacchiere tipiche di quei giuristi che, come nell’anello di Moebius, a forza di camminare diritto si trovano a gambe all’aria.
Mentre ognuno capisce che ciò che non piace è proprio la separazione degli asset (vedi sopra), alla faccia delle questioni legali.
Perché non piace?
Perché il fatto in sé che l’universo Rai (ciò che oggi fa parte del perimetro aziendale e che usa per la sua esistenza circa 2,5 miliardi di PIL, all’anno) passi dalla logica della “istituzione locale e autoreferente” a quella della connessione con gli altri pezzi vitali della società (il business dei trasporti, la industria – indipendente – della produzione, l’intreccio con la vocazione globale del paese) elimina la base materiale stessa della lottizzazione.
Questa che come è noto, è perfetta quando si tratta di “presidiare” (pensiamo al “cespuglio” degli inviati in Australia) mentre c’entra come i cavoli a merenda se si deve costruire qualcosa;
3) Tutti hanno notato che way in inglese indica oltre che un percorso fisico anche una modalità, uno stile. Una duplicità che pervade l’attuale momento della Rai, fra la ricerca delle “vie” di sviluppo e le devastazioni provocate dai “modi” della matrice lottizzata (e chissà in quanti altri settori meno in vista della Rai si sta giocando lo stesso dramma). Più a lungo perdurano i “modi”, prima le “vie” diverranno vicoli ciechi.
Col rischio vero che Rai Way, come nell’assonanza freudiana che ieri sonorizzava il collocamento in Borsa, richiami sì la my way di Sinatra, ma solo per ricordarci che viene cantata dinanzi alla final curtain. E qui la traduzione ve la risparmiamo.