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Odiens, esordio con il botto per il ‘pasticciere’ di Raidue

Il più grande pasticcere

#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 27 novembre 2014

Eravamo già avviati a occuparci d’altro, quando stamane sfogliando il Corriere ci siamo imbattuti nell’intemerata di Aldo Grasso nei confronti di Raidue e degli alti vertici (o, piuttosto, le “cime tempestose”) della Rai per essersi lasciati andare alla programmazione, il martedì in prima serata, di Il più grande pasticcere (la solita gara a chi fa meglio qualcosa – in questo caso torte etc – con giudici, emozioni, speranze e tremori confidati alla cinepresa).

Lo avevamo intravisto anche noi mentre zappavamo per organizzarci la serata, ma siccome appena sentiamo odore di factual saltiamo col telecomando che neanche al salto con l’asta (perché ne riconosciamo il vigore, ma ci annoiano i contenuti) finimmo presto a vederci le efferatezze sessual-sanguinarie della famiglia Borgia che meglio ci rilassano e predispongono al sonno notturno.

Quanto sopra premesso, non possiamo non segnalare che, alla faccia dei nostri gusti e della scomunica del corrierone, il pubblico in pasticceria ci è andato nella più che rispettabile misura del 5,62% di share, per di più un pubblico dal profilo “generalista” che meglio non si potrebbe.

Le donne e specialmente le trentenni e quarantenni (che per essere su una rete della gerontocratica Rai è una grande notizia) ovviamente risultano più numerose degli uomini (per seguire un discorso è necessaria una qualche previa competenza, e in cucina le donne si raccapezzano certo più dei loro compagni, che si rifanno coi vari cloni del Processo del Lunedì). Anche se fra i maschi si nota una accentuata presenza dei più giovani (s’avanza un nuovo tipo di maschio? O è esclusivo merito di Caterina Balivo?).

Riferendosi alla scala sociale non riusciamo a segnalare differenze apprezzabili fra quartieri alti e bassi, lavori umili e professioni sofisticate, solidi bottegai e intelletti leopardiani. Salvo una notazione: i due gruppi renitenti (gli unici) sono quelli piazzati agli opposti della scala, la minoranza della popolazione più trendy e la più corposa massa degli uomini a basso reddito che si avvicendano fra panchine dei giardini e tavoli di osteria. Abbiamo il sospetto che si tratti, in entrambi i casi, di quelli che non si sono mai, o quasi, preparati un pasto da soli (come noi e, forse, come Grasso).

Inusuale e sorprendente la assenza di squilibri d’ascolto fra le regioni, fra le tipologie urbane (comuni grandi, piccoli e medi) e, quel che ancor più sorprende, fra livelli di istruzione.

Insomma, un pubblico esattamente da Servizio Pubblico, se con tale espressione si intende ciò che riesce a intrattenere la comunità individuandone i minimi comuni sia multipli che denominatori.

Per cui, guarda la stramberia, ora ci tocca ringraziare il Corriere per averci attirato l’attenzione su questi esperimenti di ricomposizione dell’audience che Raidue sta conducendo più di chiunque altro.

Non metteremo per questo piede in pasticceria, perché continuiamo a detestare – da spettatori quali abbiamo diritto di essere – il factual, ma ci veniamo persuadendo una volta di più che una solida concezione di “Servizio Pubblico” se ne infischia delle chiacchiere di quelli che cercano di definirlo come una somma di “programmi da servizio pubblico” (immaginate una platea di accademici che cerca di inventare un palinsesto) e cerca piuttosto di distinguersi per la capacita di metabolizzare e reinterpretare l’insieme dei linguaggi, delle situazioni e dei contenuti della comunicazione, dal parlamento alla piazza, dalla cucina alla camera da letto.

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