#Odiens è una rubrica a cura di Stefano Balassone, autore e produttore televisivo, già consigliere di amministrazione Rai dal 1998 al 2002, in collaborazione con Europa.
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Pubblicato su Odiens, Europa il 21 novembre 2014
È proprio vero che il rapporto con la tv sta cambiando se perfino degli incalliti praticanti della tv “generalista” quali noi siamo (non fosse che per i legami generazionali con l’antico approccio “cosa danno stasera”), ci ritroviamo a un bel momento a vederci tre puntate di seguito di The Knick (Sky Atlantic).
The Knick è un ospedale che nella New York di fine ’800 vive dei finanziamenti di un “capitalista compassionevole”, razza di miliardari-politici yankee che utilizzano a beneficio della società una parte dei lautissimi guadagni della loro iper-capitalistica rapacità (fanno beneficenza concreta e a grande scala, cioè non si limitano a comprare squadre di calcio per arruolare milizie di bravi (alla Manzoni) tifosi).
L’ospedale, è noto, oltre che un “luogo” è anche una naturale organizzazione di ruoli in commedia, dal geniale dottore alla ammirata infermiera, dal rapace amministratore alla gamma dei transitori pazienti. Come dai tempi del dr. Kildare (siamo al bianco nero) passando per i vari E.R. (col “bel dottore” George Clooney) fino all’attuale Grey’s Anatomy con, o tempora o mores, coppie di fatto di dottori e dottoresse gay.
Va da sé, insomma, che l’universo ospedaliero tanto più funziona nel racconto quanto più riesce a costituirsi come metafora della società in cui si vive.
Perché allora spostarsi a più di cento anni fa?
Per usare lo iato temporale come una lente di ingrandimento della società attuale, che da lì deriva.
E, a dircelo chiaro, c’è che il “primario” chirurgo al Knick non è una giulebbosa figura di angelo sanitario, (buono per ogni tempo) ma un Faust che per divenire padrone dei corpi le prova di tutte sui cadaveri dei pazienti. E che ha venduto l’anima al diavolo (la cocaina o qualcosa di simile che si inietta dovunque) perché senza non reggerebbe né la sfida con la tentazione della pietà umana, né la sfida scientifica né la sfida sociale (dall’ingombrante proprietario fino alle tensioni razziali innescate dal chirurgo “negro”, fin troppo bravo, nell’ambiente bianco).
Naturalmente, astuzia di regista e connotato della serie, visto che si parla di corpi malati, feriti, operati e poi, spesso, cadaveri commerciati in quanto tali, spesso lo spettatore impressionabile si copre gli occhi con le mani (ma per nulla al mondo interromperebbe il programma).
A occhi spalancati, socchiusi o semiaperti gli spettatori sono stati 220.000, per ora, perché (altro mondo rispetto alla tv di un tempo) chi non lo ha visto ieri se lo potrà vedere domani (un po’ come al cinema). Ed è, per ora, il segmento italiano, di parallele visioni fatta a pagamento in tutto il mondo. Sicché il totale vero, alla fine della fiera, si conterà a decine di milioni.
Queste sono le piattaforme globali, bellezza!