Nuovo studio sul “Great Pacific Garbage Patch” che si trova tra la California e le Hawaii: contate oltre 80 mila tonnellate di frammenti di plastica in un’area grande tre volte la Francia. La concentrazione di immondizia oceanica è passata da 400 grammi a 1,23 kg per chilometro quadro, dagli anni ’70 ad oggi.Il consumo annuo mondiale di plastica ha raggiunto le 320 milioni di tonnellate, con una produzione che ha toccato i suoi massimi da 10 anni a questa parte (“Global annual plastic consumption has now reached over 320 million tonnes with more plastic produced in the last decade than ever before”). Così parte lo studio pubblicato la scorsa settimana dalla fondazione olandese Ocean Cleanup sulla prestigiosa rivista “Nature”.
Gran parte di questa enorme quantità di plastica diventerà ben presto rifiuto, quindi materiale inquinante, e mentre una quantità variabile potrebbe finire negli impianti di riciclo e riuso, un’altra che sappiamo già essere consistente finirà invece nei fiumi, nei canali, nei terreni, nei boschi, sulla spiaggia e quindi in mare e negli oceani.
Un percorso di inquinamento e devastazione dell’ecosistema terrestre che ormai coinvolge pesantemente anche quello marino: “Circa il 60% della plastica prodotta è meno denso dell’acqua marina. Una volta introdotti nell’ambiente marino – si legge ancora nella sintesi dello studio – la plastica galleggiante può essere trasportata dalle correnti superficiali e dai venti, degradata in pezzi più piccoli dall’azione del sole, dalle variazioni di temperatura, dalle onde e dalla vita marina. Una parte di queste plastiche galleggianti, tuttavia, viene trasportata al largo e fa il giro dell’oceano. Una zona di accumulo considerevole per la plastica galleggiante fu identificata nella parte orientale della Giro subtropicale del Nord Pacifico. Quest’area è stata descritta come “un vortice all’interno di un vortice” e comunemente denominata “Great Pacific Garbage Patch””.
Quella di cui si parla nel testo è la cosiddetta grande isola di plastica dell’Oceano Pacifico (ma in realtà se ne sono identificate altre nei mari e negli Oceani di tutto il mondo), che anno dopo anno aumenta la sua area e la sua densità, e che attualmente staziona tra la California e le Hawaii.
I ricercatori olandesi l’hanno studiata e hanno contato oltre 80 mila tonnellate di frammenti di plastica in un’area grande tre volte la Francia.
Quella che chiamano isola è tecnicamente la superficie di oceano in cui la concentrazione di rifiuti supera il chilogrammo al chilometro quadro e in base ai nuovi dati, in questa zona dell’Ocean Pacifico, la concentrazione di rifiuti è 16 volte più alta di quanto si pensasse fino ad oggi.
Una “zuppa di plastica” sempre più densa ed estesa, che tendenzialmente potrebbe interessare alcune tra le mete turistiche più popolari tra i turisti americani e del resto del modo, come le spiagge e le isole della California e delle Hawaii.
Come riportato anche dal quotidiano La Repubblica, la concentrazione di immondizia oceanica è infatti passata da 400 grammi a 1,23 kg per chilometro quadro, dagli anni ’70 ad oggi. La metà del 99,9% di plastica presente è formata da reti da pesca, mentre il resto è una importante parte dei 320 milioni di tonnellate di plastica prodotte annualmente nel mondo.
L’isola di plastica in questione è composta per il 53%, da oggetti di oltre 50 cm ma il 94% dei residui sono microplastiche di meno di mezzo centimetro, con una stima di circa 1,8 trilioni di pezzi presenti.