L'analisi

Nuovo lockdown, molti pesi e molte misure

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Nell’ultimo Dpcm domenicale anti-Covid l’emotività ha prevalso sulla razionalità, con molte contraddizioni interne. Si chiudono cinema e teatri e palestre, ma non le chiese ed i musei. Il mondo della cultura insorge. Ma in Alto Adige, cinema e teatri restano aperti.

Alle ore 13:35 di domenica 25 ottobre 2020, il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte (usiamo “nostro” convenzionalmente, perché sarà anche “l’Avvocato del Popolo”, ma chi redige queste noterelle non si sente né rappresentato né difeso al meglio da lui) è apparso nella sua abituale splendida eleganza (pochette inclusa) dal cortile di Palazzo Chigi, per una conferenza stampa che era attesa da ieri notte…

Domenica mattina, l’Ansa batteva, alle 9:04: “la firma del nuovo decreto e la conferenza stampa sono attese per oggi”. In verità, nel silenzio dei più il decreto era stato firmato nella notte, e comunque prima della mezzanotte, se è vera la data che reca, ovvero il 24 ottobre 2020.

Soltanto alle 11:45, l’Agenzia Italia (Agi) batteva – per prima – che la conferenza stampa si sarebbe tenuta alle 13:30.

Pochi minuti dopo (alle 12.06), l’iperattivo Michele Anzaldi (deputato di Italia Viva e segretario della Commissione di Vigilanza Rai), interveniva, chiedendo che la conferenza stampa di Conte non cancellasse il Tg1 della Rai: “Conferenza stampa di Conte alle 13.30 in coincidenza con la messa in onda del Tg1: la Rai non cancelli il suo principale notiziario: giusto dare informazione della conferenza, ma no a sostituire un tg con TeleConte. L’eventuale diretta integrale sia trasmessa su un altro canale”.

L’intervento del Premier è stato naturalmente trasmesso dal Tg1 Rai (su Rai 2 andava in onda la rubrica “Motori” e su Rai 3 “Radici, l’altra faccia dell’immigrazione”), che però ha staccato il collegamento non appena concluso il suo discorso, senza lasciare spazio alle domande: l’intera conferenza stampa è stata trasmessa – come accade sempre, peraltro – da RaiNews24, così come da SkyTg24.

Le contraddizioni del “lockdown soft”

Il Premier ha di fatto annunciato quel che potremmo definire un “lockdown soft”: si continuerà a lavorare, andare a scuola e a fare le compere, ma verranno tagliate parecchie attività considerate “non essenziali”.

Stop quindi a piscine e palestre, cinema e teatri.

Scuole ancora aperte, ma “in presenza” soltanto per materne, elementari e medie, e con didattica a distanza almeno al 75 % per le superiori.

I negozi, gli estetisti, i parrucchieri potranno restare aperti.

I ristoranti saranno chiusi al pubblico dalle 18 in poi. Al tavolo, si potranno sedere fino a un massimo di quattro persone, salvo famiglie conviventi (erano sei, fino al precedente Dpcm di domenica scorsa).

Gli spostamenti non saranno vietati, ma “fortemente sconsigliati” (e qui ci si ri-domanda che senso giuridico ha una norma che “consiglia”!).

La versione definitiva del Dpcm, rispetto alla bozza circolata sabato 24, mostra piccole modifiche che vanno parzialmente incontro alle richieste delle Regioni, come le aperture domenicali.

Surreale la decisione di chiudere i bar ed i ristoranti alle ore 18, il che significa sancire il loro fallimento, dato che parte significativa di queste attività commerciali registra l’incasso maggiore in serata, ed era già stata penalizzata dalla chiusura obbligatoria entro le ore 24 decisa dal precedente Dpcm di domenica scorsa (senza dimenticare disposizioni ridicole come quella che prevedeva che dalle ore 18 si potesse entrare in un bar, e prendere un caffè ma non al bancone, soltanto in asporto!).

Chiusura totale di cinema, teatri, palestre, piscine, terme: Cultura, Franceschini mette le mani davanti

Una delle misure più dure riguarda le sale teatrali, da concerto, cinematografiche, e le palestre, piscine, centri benessere, centri termali: tutti dovranno chiudere (le discoteche lo sono già, e da tempo). Idem per le sale giochi. Un’eccezione, per i centri termali, sportivi e natatori, c’è per quelli con presidio sanitario obbligatorio o che effettuino l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza. L’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere potranno essere svolte presso centri e circoli sportivi, pubblici e privati, solo nel rispetto delle norme di distanziamento sociale, senza alcun assembramento…

Che le cose si stessero mettendo male, per i “luoghi della cultura”, s’era compreso a metà mattinata, qualche minuto prima della convocazione della conferenza stampa del Premier: in effetti, alle 11:12 il Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo Dario Franceschini dirama lui un comunicato, su Twitter, con tempismo eccezionale (due ore prima della conferenza di Giuseppe Conte), quasi a voler mettere le mani davanti: “un dolore la chiusura di teatri e cinema. Ma oggi la priorità assoluta è tutelare la vita e la salute di tutti, con ogni misura possibile. Lavoreremo perché la chiusura sia più breve possibile, e come e più dei mesi passati sosterremo le imprese e i lavoratori della cultura”.

Una mezz’ora dopo interviene la ex Sottosegretaria al Mibact ed attualmente Responsabile Cultura della Lega, Lucia Borgonzoni: “il Governo non può pensare di chiudere con il prossimo Dpcm teatri, cinema, concerti, convegni e fiere locali: lo stop a tutte queste attività, che si erano messe in regola adottando tutte le misure di sicurezza richieste, metterà in ginocchio centinaia di migliaia tra addetti, artisti e imprese. Stiamo chiedendo al Governo da mesi di dare centralità a una parte del nostro paese che genera più del 17 per cento del Pil nazionale, non ascoltare queste istanze significa ignorare lavoratori e famiglie italiane in difficoltà e addirittura costringere tanti a chiudere per sempre”.

11 Assessori alla Cultura (Roma, Milano, Napoli…): “decisione ingiustificata”

Mezz’ora prima della annunciata conferenza stampa di Conte tentano un’azione “last minute” 11 assessori alla cultura di città come Roma, Milano, Napoli: “l’evidenza statistica dimostra che oggi proprio i teatri e i cinema sono, in virtù del senso di responsabilità dimostrato nell’applicazione delle misure medico-sanitarie da gestori, lavoratori e pubblico, i luoghi più sicuri del Paese, insieme a musei, spazi espositivi ed altri luoghi della cultura, mantenuti aperti dal Decreto. In questa luce, la sospensione degli spettacoli appare ingiustificata, visto che le misure disposte considerano invece compatibili altre attività, che, per la propria natura, non possono garantire i livelli di protezione adottati nei luoghi di spettacolo, per il pubblico come per gli operatori”. Lo scrivono a Conte Luca Bergamo (Vicesindaco con delega alla Crescita Culturale – Roma), Filippo Del Corno (Assessore alla Cultura – Milano), Eleonora de Majo (Assessora alla Cultura e al Turismo – Napoli), Barbara Grosso (Assessora alle Politiche Culturali, dell’Istruzione, per i Giovani – Genova), Francesca Paola Leon (Assessora alla Cultura – Torino), Matteo Lepore (Assessore alla Cultura e al Turismo – Bologna), Paola Mar (Assessora al Patrimonio, Promozione della città, Università, e Toponomastica – Venezia), Paolo Marasca (Assessore alla Cultura – Ancona), Ines Pierucci (Assessora alle Politiche Culturali e Turistiche – Bari), Paola Piroddi (Assessore alla Cultura – Cagliari), Tommaso Sacchi (Assessore alla Cultura – Firenze). Pochi minuti dopo le comunicazioni di Conte, dichiarano con fermezza: “la misura appena assunta nei confronti dello spettacolo produrrà effetti economici disastrosi per un settore già duramente provato, e soprattutto priverà i nostri concittadini di un importantissimo strumento di condivisione e riavvicinamento sociale, nel pieno rispetto del distanziamento fisico: nella storia delle democrazie la tenuta sociale delle comunità, soprattutto nei suoi momenti più critici e dolorosi, si è sempre fondata soprattutto sulla possibilità di condividere esperienze culturali… Consideriamo opportuna e necessaria una revisione di questa disposizione, al più presto”. Tesi sacrosante e condivisibili. Appello inascoltato.

Poco dopo le 14 la prima reazione degli operatori del settore: “Signor Ministro, la decisione del Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte e del governo di procedere fino a tutto il mese di novembre alla chiusura di cinema, teatri e sale da concerto ci lascia attoniti, sorpresi e fortemente critici pur conoscendo il suo impegno a favore della cultura e dei lavoratori dello spettacolo”. Così scrivono in una lettera al ministro Dario Franceschini, che vede tra i primi firmatari: 100 Autori, Afic (Associazione Festival Italiani di Cinema), Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici), Casa del Cinema di Roma, Sngci (Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani), Sncci (Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani), ed alcuni autori tra i quali Gianni Amelio e Pupi Avati.

Nel pomeriggio, il solito prevedibile fiume di reazioni: tra le tante, sorprende un po’ quella del deputato di Italia Viva Davide Bendinelli, che denuncia che “il testo del nuovo Dpcm è surreale”, forse dimenticando però che appartiene ad un partito che è parte della maggioranza di Governo: “è assurdo chiudere cinema, teatri, palestre, piscine e imporre la serrata ai ristoranti alle 18. Significa uccidere quelle attività, privare del proprio lavoro tantissime famiglie, che avevano fatto sacrifici per ripartire rispettando le regole. Lo Stato e le Regioni scaricano tutto sui cittadini, ma nessuno dà conto dei ritardi. (…) Dove sono i tamponi a tappeto, il personale medico da assumere? Perché Arcuri ha pubblicato i bandi per le terapie intensive solo ad ottobre, se tutto era già predisposto da luglio? Conte e i Governatori fautori del lockdown rispondano a queste domande nelle loro dirette Facebook”.

Francesco Scoma, altro deputato di Italia Viva (fino a maggio 2020 in Forza Italia), tenta una sorta di “mediazione”: “anticipare l’ultimo spettacolo dei cinema e dei teatri per dare agli italiani la possibilità di essere trasportati, di rifugiarsi e distrarsi, di arricchirsi nutrendo l’anima e lo spirito soprattutto in un momento di difficoltà come quello della pandemia. Riaprire teatri e cinema deve essere una priorità”.

Giorgio Mulé (Fi): Il Governo si affida alla Cabala?!

Ironico Giorgio Mulé, deputato di Forza Italia e portavoce del partito alla Camera e al Senato: “E la chiusura di cinema e teatri, secondo quale logica è stata stabilita? Il caso? E poi il numero 6 che ricorre come un numero maledetto: sei persone a casa, sei al ristorante, etcetera… ci siamo affidati alla Cabala? Perché non 5 o 7? Chiusure a caso, dannose, insensate. Sono 21 pagine di Dpcm che segnano un altro capitolo della saga “Il Decreto – Nuovi episodi”. Questo governo è una “bozza” mai ultimata che continua ad affidare alla Dea bendata scelte cruciali per il Paese. La gente è arrabbiata, noi pure: non avete capito, gestito, programmato e contenuto”.

Chiede la riapertura immediata dei luoghi di spettacolo anche Federico Mollicone, Capo Gruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Cultura alla Camera.

Se i cinema e i teatri dovranno rimanere chiusi a causa del contagio, così come deciso dal governo stamattina, chiediamo una particolare attenzione per questo mondo così penalizzato da marzo a questa parte”, ha dichiarato Rosa Maria Di Giorgi, della Presidenza del Gruppo Partito Democratico alla Camera e componente della Commissione Cultura, auspicando un “ristoro immediato valutando con grande attenzione i soggetti destinatari. Le risorse vengano date ai soggetti deboli e si vigili affinché gli enti e le fondazioni più garantite mantengano anche in questo periodo tutte le attività che non richiedano coinvolgimento di pubblico”.

Nel tardo pomeriggio interviene anche l’associazione nazionale degli esercenti Anec (aderente all’Agis), nella persona del Presidente Mario Lorini, che chiede interventi urgenti di sostegno: “siamo ad esprimere forte preoccupazione e disapprovazione anche per l’impatto devastante che questo ulteriore stop avrà sulle sale cinematografiche”. Lorini ricorda anche che “nei 5 mesi trascorsi dalla ripartenza, abbiamo più volte e invano, richiesto un sostegno per una forte campagna di comunicazione per la ripartenza”. Lieti di apprendere di questa richiesta dell’Anec, che pure non ci sembra abbia registrato molta eco sui media, se è vero che su queste colonne (si veda “Key4biz” del 25 agosto 2020, “Il principale killer del cinema ‘theatrical’ in Italia”) abbiamo enfatizzato più volte la assoluta urgenza ed importanza di una simile iniziativa. Appello inascoltati.

Il nuovo Dpcm contiene varie incongruenze, contraddizioni, aporie, ed emerge come la gestazione sia stata improntata più a processi emotivi che razionali: con quale logica si chiudono cinema e teatri, e si lasciano aperti i musei, se tutte queste strutture hanno rispettato le norme anti-pandemia previste dai precedenti decreti governativi?!

In particolare, la confindustriale Agis ha reso pubblici i risultati di una ricerca che dimostrerebbe che nessuna delle centinaia di migliaia di persone che hanno “affollato” (eufemismo…) le “sale di spettacolo” in Italia, dalla riapertura, il 15 giugno 2020 (dopo la chiusura totale dall’8 marzo), sarebbe stato contagiato dal virus. Ha scritto a Conte il Presidente dell’Agis Carlo Fontana: “come evidenziato dai dati di una ricerca da noi effettuata e trasmessa alle Istituzioni ed agli organi di informazione, i luoghi di spettacolo si sono rivelati tra i più sicuri spazi di aggregazione sociale”.

Si tratta di uno studio reso pubblico l’11 ottobre scorso, secondo il quale, su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati tra lirica, prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze per ciascun evento, nel periodo che va dal 15 giugno 2020 (giorno della riapertura dopo il lockdown) ad inizio ottobre, si registra 1 (uno) solo caso di contagio da Covid-19, sulla base delle segnalazioni pervenute dalle Asl territoriali. Lo studio è stato basato, ahinoi, anche sulle rilevazioni della “app” Immuni, e questo provocherebbe qualche dubbio di affidabilità metodologica, ma non vogliamo infierire sulla controversa creatura di cui va tanto fiero il Commissario Straordinario Domenico Arcuri.

E che dire del particolare “occhio di riguardo” nei confronti delle chiese?!

Le reazioni del mondo della cultura sono state variegate ed intense…

In Alto Adige (provincia autonoma), i cinema e i teatri restano aperti!

Diverte (amaramente) osservare due notizie curiose…

In serata, si apprende che la chiusura dei cinema non ci sarà in Alto Adige! Il Presidente della Provincia, Arno Kompatscher, ha dichiarato che al divieto generalizzato di organizzare eventi e manifestazioni pubbliche, fanno eccezione i cinema, nonché gli spettacoli e le manifestazioni che si svolgono all’interno di teatri e sale da concerto, dove saranno ammesse al massimo 200 persone (e non sarà comunque possibile vendere cibi e bevande). “Di fatto – ha spiegato Kompatscher – recepiremo gran parte del nuovo Dpcm nazionale con alcuni adattamenti alla realtà locale in virtù dei margini di manovra che ci sono concessi dalla nostra autonomia e dalla Legge Provinciale sulla fase 2 dello scorso maggio”. E, diversamente dal livello nazionale, in Alto Adige i bar dovranno chiudere alle 20 e i ristoranti alle 22!!! Qualcuno ha ironizzato sulla saggezza della burocrazia di matrice austro-ungarica, un po’ più razionale e ragionevole di quella del resto d’Italia…

E che dire delle sortite del “commissario” Vincenzo De Luca, vulcanico Presidente della Regione Campania: suscita ilarità la novella ordinanza che rende possibile l’attività di “jogging” soltanto dalle 6 alle 8:30 del mattino “se svolta sui lungomari, nei parchi pubblici, nei centri storici, e comunque in luoghi non isolati”.

In serata, a “Che tempo che fa”, De Luca se ne esce sostenendo che sarebbe stato un errore “lo stop di bar e ristoranti, al comparto dello spettacolo, del teatro del cinema, agli operatori culturali, alle palestre, che sono in grande sofferenza” perché “onestamente non sono quelli i luoghi nei quali si è determinato il grosso del contagio”. Oh, perbacco!

In controtendenza assoluta rispetto alle tesi della Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, il Presidente della Campania sostiene però che sarebbe “la scuola il maggior vettore del contagio” e quindi conferma che non gli interessa il diktat della Ministro e che quindi in Campania resteranno chiuse anche le scuole elementari… Replica Azzolina: “parliamo quotidianamente con il professor Brusaferro, con il Consiglio Superiore di Sanità, e la scuola non ha inciso nell’aumento del contagio… Auspico che De Luca apra le scuole del primo ciclo di istruzione, perché i bambini campani non devono essere discriminati. La scuola è un ambiente molto più controllato rispetto a vedere i bambini per strada o nei centri commerciali, come in Campania in questi giorni”…

Confusione che alimenta confusione.

Un’analisi dei flussi comunicazionali di domenica 25 ottobre 2020 conferma quel che andiamo sostenendo da giorni, settimane, mesi, anche su queste colonne: alle dinamiche preoccupanti della nuova ondata di pandemia, si associa una non meno pericolosa rinnovata ondata di infodemia, con numeri in libertà, informazioni discordanti, istituzioni in conflitto tra loro… Ha forse ragione Giorgio Mulé: il Governo sta dimostrando di procedere in assenza di “evidence-based policy making”, ma piuttosto sulla base di spinte umorali e contingenti, affidandosi – come ha sostenuto l’esponente di Forza Italia – alla Cabala piuttosto che all’evidenza scientifica…

Susanna Tamaro: “un colpo al cerchio e uno alla botte, il Governo prima vieta, poi cede e concede”

Come ha ben scritto Susanna Tamaro, in un lungo intervento/racconto sul “Corriere della Sera” di domenica 25: “diteci poche cose, ma giuste”. Spiega la famosa scrittrice: “Non sono una negazionista, indosso sempre la mascherina, ho una cartuccera di gel, ho scaricato Immuni sebbene abbia la stessa socialità di un orso polare. Ora si prospettano nuove limitazioni. E a questo punto chiedo a chi ci governa: diteci poche cose, ma giuste”. Tamaro lamenta il “Barnum mediatico”, denuncia che siamo “sprofondati in un ossessivo e paranoico stato di polizia”. E giunge a condivisibili conclusioni: “l’impressione è che chi ci governa navighi a vista. Un colpo al cerchio e uno alla botte. Prima vieta una cosa, poi cede e la concede un po’, senza un programma, senza una linea, senza nulla che faccia capire che cosa sia davvero meglio fare per il bene comune”.

Auguriamoci ravvedimenti urgenti, per quanto comunque tardivi, da parte di un Governo che continua a dimostrare l’incapacità di gestire razionalmente e ragionevolmente la pandemia.

Si conferma anche la incapacità del Governo nel comprendere le gravi conseguenze psico-sociali (al di là del rischio di manifestazioni di piazza, la crisi ed il crollo del sistema immunitario) di questo continuo clima di allarme, preoccupazione, tensione, ansia, paura, esasperazione, isteria, che – al di là della confusione crescente – degenera giorno dopo giorno verso un habitat di terrorismo psicologico di deriva autoritaria, con lo spettro – che viene e va – dello Stato di Polizia (seppur in versione partenopea, tra Arlecchino e Pulcinella).

Clicca qui, per il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri datato 24 ottobre 2020

Clicca qui, per la conferenza stampa del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte di domenica 25 ottobre 2020 (dal canale YouTube della Pdcm)

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