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‘Nuovi diritti, ma connessi a che cosa?’ Intervento di Eugenio Prosperetti (Università LUISS ‘Guido Carli’)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’intervento di Eugenio Prosperetti, avvocato e docente della LUISS ‘Guido Carli, in occasione del Workshop organizzato a Roma dall’Isimm ‘Informazione e creatività nell’ecosistema digitale. Quale approccio regolatorio per lo sviluppo?’

I diritti connessi nascono come diritti alla protezione dell’utilizzazione di alcuni derivati di particolari opere dell’ingegno da parte di terzi diversi dagli autori che ne curano gli aspetti industriali.

Sono, in estrema sintesi, i diritti riconosciuti ai produttori di dischi e simili, ad artisti/interpreti/esecutori, a produttori di opere cinematografiche o audiovisive, a emittenti radiofoniche e televisive.

Sono, insomma, diritti secondari che relativi a prodotti incorporanti opere dell’ingegno o attività in cui le opere dell’ingegno sono rappresentate o diffuse pubblicamente.

Il collegamento con l’opera dell’ingegno e con il diritto d’autore primario giustifica l’appellativo di diritti “connessi” (ancillary o neighbouring rights) ed è indispensabile per giustificare l’esistenza del diritto connesso.

La Commissione UE ha lanciato una consultazione nell’ambito delle attività del Digital Single Market in cui, con quesiti molto ampi e generali, chiede nella prima parte opinioni sulla eventuale previsione di nuovi tipi di diritti ancillari/connessi a favore di editori di giornali (“press”) o di altri contenuti a stampa (“other print content”) che andrebbero a coprire le diffusioni del contenuto editoriale “online”. I quesiti sono piuttosto vaghi riguardo quali siano gli obiettivi dei nuovi diritti connessi. Il riferimento nel corso dei quesiti alle soluzioni al riguardo adottate da Germania e Spagna lascia pensare che la Commissione stia valutando se il diritto connesso sia una soluzione idonea a coprire l’attività dei c.d. “aggregatori” di notizie.

Per comprendere se vi sia del merito nella proposta della Commissione UE di intervenire tramite gli istituti del diritto d’autore occorre dunque, dal punto di vista giuridico, domandarsi se nell’attività degli aggregatori di notizie vi sia una rappresentazione al pubblico di un’opera dell’ingegno sulla quale esiste il diritto del titolare di vietare la diffusione.

Infatti se quanto proposto avesse l’effetto di creare un diritto connesso a tutela di una circolazione primaria in realtà non tutelata con certezza dal diritto d’autore vi potrebbero essere conseguenze espansive indesiderate, sia nel senso di rendere difficilmente applicabile il diritto connesso in questione (e dunque non una buona soluzione) sia nel senso che eventuali applicazioni potrebbero limitare impropriamente la circolazione di informazioni altrimenti libere arrivando a limitare severamente la possibilità di linkare un contenuto in Internet.

Occorre infatti tenere presente che quanto si propone nella consultazione non è una soluzione “ad hoc”, una mera scelta di policy da valutare alla stregua di politiche a favore degli aggregatori o degli editori: si propone di modificare il sistema del diritto d’autore, un sistema assistito da tutele penali e il cui enforcement è demandato alle Corti con tempi spesso non compatibili con il funzionamento del mercato digitale.

Vediamo dunque se nel fenomeno dell’aggregazione di notizie entrano in gioco opere dell’ingegno tutelate da diritti primari:

Occorre domandarsi se riprodurre tali due elementi possa costituire riproduzione dell’opera dell’ingegno e, se del caso, se tale riproduzione non sia già tutelata dalle norme attuali, ad esempio dall’art. 70 della Legge sul Diritto d’Autore che prevede la libertà di riassunto, citazione, riproduzione di brani purché “non in concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera”.

In entrambi i casi si fatica a comprendere l’utilità di un nuovo diritto connesso.

Infatti delle due l’una: o non vi è affatto un utilizzo di opera dell’ingegno e allora non è in assoluto possibile invocare le norme autoriali correnti e tanto meno estenderle o, se fosse configurabile un uso di opera dell’ingegno, esso sarebbe già regolato, senza necessità di iper-regolare con conseguenze, come dicevo, imprevedibili sui delicati equilibri del diritto d’autore online che potrebbero avere impatto sulla circolazione delle informazioni in Internet. E’ infatti difficile delimitare chi sia un “editore” e cosa costituisca “notizia” nei paradigmi online.

Allo stesso tempo, se l’informazione viene aggregata mediante link, non si tratta di circolazione di opere dell’ingegno: un diritto connesso al link sarebbe difficilmente immaginabile per una serie di motivi[1].

Il mero atto del linkare l’opera (creare il link), di per sé, non può dunque ricevere censure motivate dalla violazione del diritto d’autore, se non ricorre una delle ipotesi di cui sopra, almeno con riferimento al diritto d’autore vigente in Italia; tuttavia questo atto rimane lecito se ci si limita a linkare senza compiere ulteriori “usi” e se il link mantiene la sua funzione propria di “trasferire” l’utente ad altro sito.

Una volta azionato il link al sito originale, sarà lo stesso titolare dei diritti a comunicare l’opera al pubblico e, dunque, non si potrà sostenere che sia l’aggregatore a comunicare al pubblico l’opera appropriandosi del contenuto; ciò a condizione che la comunicazione tra il titolare dei diritti ed il “pubblico”, successivamente all’azionamento del link non subisca modificazioni: l’utente deve cioè avere piena ed immodificata percezione di quanto il titolare dei diritti voglia comunicare attraverso il risultato dell’azionamento del link e il titolare dei diritti deve poter essere libero di modificare tale comunicazione in ogni momento senza che l’Applicazione si “appropri” (es. mediante salvataggio su un server diverso) del contenuto. Si tratta dei principi ribaditi dalla Corte di Giustizia UE in ben due pronunce negli ultimi anni.

Per quanto riguarda lo snippet, esso rappresenta un descrittore del link. Si tratta di poche righe di testo parziali e comunque già disponibili online tratte dall’articolo linkato. La funzione è di orientare nella ricerca come fa qualsiasi motore di ricerca. Gli studi disponibili riconducono lo snippet generalmente nell’esercizio del diritto di cronaca, esso testimonia che una notizia è stata data ma per avere la notizia è certamente necessario cliccare il link e fruirla sul sito originario. Se volessimo dare stringente tutela allo “snippet” occorrerebbe anche obbligare le edicole a coprire i giornali in vendita poiché è certamente possibile sbirciare poche righe di testo senza acquistarli avvicinandosi all’edicola che li espone avendo così una minimale e gratuita rassegna stampa senza che né l’editore né l’edicola incassino un soldo. E’ una partita importante perché si tratta della proprietà intellettuale dei descrittori dell’informazione, in questo caso delle notizie ma, in genere, dell’informazione editoriale: nella consultazione si parla di publishers “in all sectors”.

La soluzione della questione dell’aggregazione di link editoriali online non sembra dunque passare per il diritto d’autore ma per accordi commerciali e in tal senso il recente accordo FIEG-Google sembra andare nella giusta direzione.

Il tema della circolazione dell’informazione online e della remunerazione degli investimenti degli editori non può dunque essere risolto attraverso il diritto d’autore, che per sua natura è adatto a situazioni in cui è tollerabile limitare l’accesso ai contenuti disponibili e non vi sono esigenze di democrazia e pluralismo. Occorrono sistemi che con la partecipazione di tutti gli attori e possano creare strumenti di ricerca dell’informazione che garantiscano un moderno pluralismo dell’informazione. Spiace

[1] Per motivi di brevità rimando ad un mio precedente scritto al riguardo: http://www.dimt.it/2013/09/14/la-circolazione-dei-contenuti-mediante-link-ad-opere-protette-tra-diritto-dautore-responsabilita-del-prestatore-e-concorrenza/

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