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Nucleare: 90 miliardi di dollari di investimenti globali entro il 2023, ma le rinnovabili rendono di più

Il ritorno del nucleare tra spese folli e scarsi rendimenti energetici

Dopo il disastro della centrale di Fukushima nel marzo del 2011, in Giappone, quella del nucleare sembrava una partita chiusa. Invece non lo è e non lo sarà mai, perché fintantoché ci sono vecchi e nuovi impianti in funzione (e altri in arrivo) sarà necessario spendere molte risorse finanziarie e investirne anche di nuove per renderli sostanzialmente efficienti e sicuri.

Secondo un nuovo studio Rystad Energy, si stima che entro il 2023 saranno investiti in tutto il mondo 91 miliardi di dollari in centrali nucleari, soprattutto in Asia, in particolare in Cina, India e Russia, dove questo argomento è visto con molta più benevolenza dai media e quindi da parte dell’opinione pubblica, complici i forti interessi economico finanziari che ruotano attorno a tale fonte energetica.

Anche se di poco, il trend della spesa globale in questo settore è atteso in crescita (lo è dal 2017), perché dovrebbe passare dai 44 miliardi di dollari di investimenti del 2021 ai 45 miliardi di quest’anno e ai 46 miliardi del 2023, con 52 nuovi reattori in fase di costruzione in 19 Paesi del mondo, con l’obiettivo di arrivare a fornire 54 GW di nuova capacità installata.

Nel 2021 la capacità installata a livello globale ha sfiorato i 400 GW, arrivando a coprire meno del 10% del fabbisogno di energia elettrica. Il 32% di questa capacità si trova in Europa e il 31% in Asia (il 28% circa nel Nord America e il 7% in Russia).

L’Europa è la regione con la maggiore capacità installata con più di 170 reattori nucleari in funzione. Solo l’operatore francese Electricite de France è proprietario di 56 reattori. L’Asia è al secondo posto, con circa 140 reattori nucleari in funzione, al terzo il Nord America con 112 reattori.

L’Europa deve scegliere: nucleare energia verde oppure no?

Realizzare una nuova centrale nucleare significa spendere enormi risorse finanziarie e attendere circa 5-6 anni prima di vederla funzionare, con l’immancabile aumento dei costi in corso d’opera.

Per l’arrivo di nuova capacità installata serviranno quindi diversi anni, probabilmente a ridosso del 2030.

In Europa si attende ora lo storico e contestatissimo inserimento dell’energia nucleare (assieme al gas naturale) tra le fonti a basso impatto ambientale e una decisione finale in tal senso si dovrebbe avere il prossimo 2 febbraio.

La Commissaria responsabile del dossier, Mairead McGuinness, in un’intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha dichiarato che non ci sono possibilità di sospensione o ritiro della proposta, al limite “saranno possibili solo piccole modifiche rispetto alla bozza inviata ai Parsi membri il 31 gennaio”.

Il gruppo di esperti istituito dall’Unione europea per stilare la lista di attività green, la Platform for Sustainable Finance, ha già bocciato definitivamente i criteri per l’inserimento del gas nella tassonomia green europea.

Rinnovabili vs nucleare

A questo punto, però, è inevitabile un confronto con le fonti energetiche rinnovabili. Inevitabile perché sono due tecnologie concorrenti e alternative, non complementari, come molti hanno tentato di proporre, ma anche perché in questa scelta si gioca il futuro dei nostri Paesi e del mondo intero.

Oltre le critiche che il nostro ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha bollato come “ideologiche”, ci sono diversi elementi di riflessione che non possono essere messi da parte o ignorati.

Primo punto, secondo il sondaggio Eurobarometro commissionato dal Parlamento europeo, l’88% degli europei vorrebbe maggiori investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili, così da aumentare la quota di utilizzo di energia pulita in tutti i settori dell’economia, dai trasporti al riscaldamento delle case.

Secondo punto, quando si parla di energia si parla di impianti e di infrastrutture, di gestione operativa e di manutenzione, nel caso del nucleare anche di trattamento e gestione dei residui di produzione (le scorie), quindi di costi economici da sostenere.

Il nucleare in Europa avrà bisogno di almeno 20 miliardi di euro di investimenti l’anno, da qui al 2050, secondo quanto ammesso in un’intervista rilasciata al quotidiano francese Journal du Dimanche dal commissario Ue per il mercato interno, Thierry Breton.

Una grande quantità di risorse finanziarie che sostanzialmente stiamo accumulando su una tecnologia, il nucleare, che è vecchia e pericolosa (come la storia ci ha severamente insegnato), sottraendole a nuove soluzioni, che garantirebbero maggiore efficienza, anche in termini di costi.

Le rinnovabili più efficienti e sicure

Secondo il World Nuclear Industry Status Report 2021, la produzione di energia elettrica da centrali nucleari è stata pari 2.616 TWh nel 2020, con un picco della capacità operativa raggiunto nel 2021.

Nello stesso periodo le rinnovabili hanno raggiunto invece i 3.137,5 TWh, superando la concorrente e non di poco. Se al solare e all’eolico ci aggiungessimo anche l’idroelettrica la capacità totale raggiunta sarebbe di quasi 7.500 TWh.

Questo stato di cose potrebbe durare a lungo, secondo gli analisti, perché ci vorranno almeno 10-15 anni prima di vedere all’opera i reattori nucleari di nuova generazione (che sono più piccoli, più efficienti e – dicono -più sicuri).

15 anni di spese ulteriori che potrebbero portare a soddisfare forse il 15-16% della domanda mondiale di energia, prima di scendere di nuovo al 10-11%, proprio come avviene oggi.

E allora la domanda è: perché investire una montagna di euro/dollari in una tecnologia che è dimostrato non essere utile per risolvere davvero il problema reale dell’aumento dei consumi energetici mondiali?

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