Che cos’è il diritto all’oblio (Scheda)

di Paolo Anastasio |

Il diritto all’oblio è una componente fondamentale del pacchetto di regole presentate nel 2012 dalla Ue per la riforma della normativa sulla Data Protection.

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Sedici anni fa lo spagnolo Mario Costeja Gonzalez subì un rovescio finanziario. Per risolvere il problema, fu messa all’asta una sua proprietà. I dettagli dell’operazione finirono sui giornali e furono poi ripresi online. L’asta ebbe luogo nel 1998, da allora le cose sono cambiate, e Gonzalez vuole andare avanti con la sua vita. Lo scrive il sito della Bbc.

Ma c’è un problema: ogni volta che cerchi il suo nome si Internet, ai primi posti dei motori compare la notizia di quell’asta. Un problema che danneggia l’uomo, creandogli un danno di immagine legato a un fatto ormai morto e sepolto del suo passato. Ed è per questo che Gonzalez ha chiesto a Google di rimuovere i link di quella notizia dai risultati di ricerca. Una Corte spagnola ha dato ragione a Gonzalez, girando la sentenza alla Corte di Giustizia Europea fissando così un importante precedente sul diritto all’oblio.

Cos’è il diritto all’oblio?

Internet non dimentica quasi mai nulla. Google e tutti gli altri motori di ricerca sono efficientissimi nel setacciare il web e trovare tutti I dati che vi sono immagazzinati.

Anche quando i siti sono messi offline, c’è sempre una versione in cache, che tradotto significa che i dati possono sempre essere recuperati.

Questa è una cosa positive per rendere il web uno strumento super efficiente, ma è anche negativo se non vuoi essere trovato.

Nel caso di Gonzalez, ora Google è costretta a rimuovere i risultati di ricerca che riguardano la vendita all’asta delle sue proprietà.

E’ diritto di Gonzalez, secondo la Ue, relegare qeusta informazione nella storia, o quanto meno in una storia che può essere reperita soltanto da chi ne è veramente interessato. L’informazione resta online, soltanto che non verrà più indicizzata dai motori di ricerca.

Si tratta di una decisione che ha conseguenze molto ampie e ramificate.

La Ue sta spingendo da tempo per una nuova normativa sulla data protection – di cui il diritto all’oblio è un punto chiave – dopo le linee guida diffuse nel gennaio del 2012. Secondo Bruxelles, i dati vecchi, non aggiornati e persino quelli irrilevanti devono essere rimossi dai risultati dei motori di ricerca, su richiesta del diretto interessato.

Tra l’altro, la Ue vorrebbe estendere ulteriormente il principio del diritto all’oblio.

Ad esempio, quelle immagini di te ubriaco ai tempi dell’università? Secondo la Ue dovresti avere il diritto di chiedere a Facebook o altri social network di rimuoverle e di cancellarle in maniera definitiva insieme a tutte le altre informazioni digitali su di te che non vuoi siano diffuse.

Se la proposta Ue sulla data protection passerà, le aziende rischiano multe fino all’1% del fatturato in caso di mancato rispetto della privacy.

Posso chiedere la rimozione di un articolo o di informazioni indesiderate su di me?

Non esattamente, perché la decisione sulla rimozione dei contenuti pubblicati sui motori di ricerca dipende “dalla natura delle informazioni in questione e dal loro grado di sensibilità sulla vita privata e su quella lavorativa del soggetto in questione, che può variare a seconda del peso che i dati hanno sulla vita pubblica del soggetto“.

In altre parole, ciò significa che l’informazione va rimossa soltanto se l’impatto sulla privacy dell’individuo è maggiore del diritto del pubblico di sapere.

Ad esempio, per un politico sarà più complicato ottenere la rimozione di un’informazione personale, ad esempio di un arresto che risale agli anni ’90, piuttosto che per un idraulico.

C’è da dire poi che in base alla normativa in vigore oggi un articolo del genere non sarà comunque cancellato dalla Rete, ma semplicemente non apparirà nei risultati  dei motori di ricerca.

Questa secondo la Bbc è una differenza importante perché nel 2012, quando Viviane Reding commissario Ue alla Giustizia, presentando la proposta di riforma sulla data protection, disse chiaro e tondo che “il diritto all’oblio non può coincidere con il diritto alla competa cancellazione della storia”.

Molti, in proposito, puntano il dito contro il rischio censura.

Per Google, d’ora in poi c’è il rischio di una valanga di ricorsi con il pericolo di dover istituire un ufficio o un dipartimento esplicitamente dedicato a seguire l’iter per le richieste di rimozione dei link da parte degli utenti della Rete.

 

Ma la Ue può dire a Google cosa fare?

La decisione di oggi porta con sé un altro precedente: consente alla Ue di applicare una sentenza emessa in Spagna nei confronti di un’azienda americana. Tanto che il commissario Reding in un post su Facebook ha scritto che d’ora in poi le aziende Usa “non potranno più nascondersi dietro al fatto che i loro server si trovano in California o in qualche altro luogo del mondo”.  Reding ha poi aggiunto che “non importa quindi la location fisica dei server che gestiscono i dati, quando offrono servizi ai consumatori europei valgono le regole europee”. Google si era difesa dicendo che le sue attività in Spagna erano limitate a qualche uffici vendita, e che per questo le decisioni sulla data protection da parte della Ue non le competevano, visto che tutti i dati sono gestiti negli Usa.

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