PA digitale, non aprite quel portale!

di di Paolo Colli Franzone (NetSquare - Osservatorio Netics) |

L’ultimo mantra dell’eGov è il Portale unico del cittadino. Se fossimo meno autoreferenziali, e se avessimo voglia di capire come si fa in mezzo mondo, scopriremmo che i ‘portali di eGov’ sono stati rottamati quasi ovunque.

#PAdigitale è una rubrica settimanale a cura di Paolo Colli Franzone promossa da Key4biz e NetSquare – Osservatorio Netics.
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Italia


Paolo Colli Franzone

Qualcuno, prima o poi, dovrà rendersene conto: i mantra, applicati ai temi della pubblica amministrazione digitale, non portano tutta questa fortuna.

Ma tant’è. E si continua a perpetrare l’errore. Si creano formule, le si trasformano in tormentoni e si pensa di averci azzeccato, salvo poi rendersi conto che le cose non stanno così.

E’ successo a suo tempo con lo “sportello unico” e coi mitici “portali di e-government“, seguiti a ruota dalle stagioni delle smart card, dei contact center unificati della PA, dei misuratori di “faccine”, e chi più ne ha più ne metta.

Intorno a ciascuno di questi mantra sono state costruite carriere: profeti, apostoli, evangelisti, catechisti; decine di convegni, tomi e tomi di carta più o meno patinata e quasi sempre pagati dal lungimirante ministro di turno.

 

Risultati: nessuno! Ma che importa. Show must go on, bellezza.

L’importante è inventarsi mantra nuovi, stupire l’uditorio.

 

Il bello è che non riusciamo a imparare dagli errori, e ci ricaschiamo ogni volta. Adesso, l’ultimo grido romano è quello del “Portale unico del cittadino“.

Si parte da una soluzione, magari sviluppata quindici anni fa in qualche angolo remoto del mondo; poi si trova il “profeta”, colui che diffonde il verbo spacciandolo per “trendy” in cambio di adeguata ricompensa, et voila!, il gioco è fatto.

Che importa se siamo nel 2014, se nel frattempo è cambiato il modo di accedere a Internet da parte di chiunque, se decine di ricerche dimostrano chiaramente che “la gente comune” aspira a una PA capace di fornire servizi “invisibili” ma funzionanti (come, ad esempio, l’idea di mandare a casa degli italiani la dichiarazione dei redditi già bella e pronta) e se ne infischia dei “www.qualcosa.gov”.

L’ipotesi che la PA italiana possa arrivare a costruire un “portale unico per i servizi online” è agghiacciante: mesi di convegni, anni di tavoli tecnici, centinaia di pagine di linee guida e protocolli di intesa. Quando saremo arrivati al fondo, magari Internet sarà stata sostituita dalla trasmissione del pensiero.

 

Va superata, il più rapidamente possibile, la logica del “pubblico che fa tutto al suo interno”: la PA deve (tassativamente, “deve”) mettere in ordine il proprio back-end ed esporre servizi (web services) e dati. Il resto, lo facciano i privati.

 

L’obiettivo dovrebbe essere arrivare al rendere completamente trasparente al cittadino l’intera pubblica amministrazione: tutto dovrebbe funzionare in modo decisamente più semplice rispetto alla complessità del megaportale più o meno unico dove già solo la ricerca del “dove cliccare per accedere a un determinato servizio” è un’impresa ardua.

Provo a spiegarmi meglio, e per farlo parto dalla vecchia classificazione a quattro livelli dei servizi di e-government.

 

Primo: i servizi informativi. Qui è facile: se cerco un’informazione, quasi sicuramente partirò da Google o da un qualsiasi altro motore di ricerca. Nessun bisogno del “portale unico”.

Secondo: la modulistica online. Idem come sopra. Si parte da Google, si trova il modulo, lo si scarica. Non serve il portale.

Terzo: l’upload di moduli compilati. Ho scaricato la modulistica (vedi punto precedente) e l’ho compilata. Verosimilmente, insieme al modulo ho ricevuto le indicazioni sul destinatario. Mando una mail/PEC, ed ecco l’upload.

Quarto: i pagamenti. E qui, è ancora più semplice, nel senso che avremo presto a disposizione il gateway dei pagamenti per la PA, e il gioco è fatto. Portale Unico: non mi servi!

 

Voi direte: la fai troppo facile.

Vero. L’ho fatta troppo facile. Ma non è che poi sia davvero così tanto più difficile.

Se fossimo anche solo un poco meno autoreferenziali, e se avessimo voglia di capire come si fa in mezzo mondo, scopriremmo che i “portali di e-government” sono stati rottamati quasi ovunque.

 

L’amministrazione digitale è fatta di pochi ingredienti: un’infrastruttura “decente” (e consolidata), un back-office completamente interoperabile, un repository di informazioni e documenti possibilmente “rintracciabile” e costantemente aggiornato, una quantità grande a piacere di piccole Apps “tematiche” (“cambio città”, “cerco lavoro”, “pago una multa”, ecc.) gestite da aggregatori e/o da singole amministrazioni.

Penultimo ingrediente: una PA capace di prevenire l’accesso ai servizi fornendo proattivamente tutto quanto serva a “quel tal” cittadino in “quel preciso” momento.

Ultimo ingrediente: aver voglia di farlo.

Tutti gli ingredienti, tranne l’ultimo, sono abbondantemente disponibili in natura.

Per quanto riguarda l’ultimo, stiamo a vedere.

Nel frattempo, vi prego: “non aprite quel Portale”.

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