L’Agid ha il suo statuto. Sul tavolo di Agostino Ragosa le questioni urgenti

di di Paolo Colli Franzone (NetSquare - Osservatorio Netics) |

#PAdigitale è una rubrica settimanale a cura di Paolo Colli Franzone promossa da Key4biz e NetSquare – Osservatorio Netics.
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Italia


Paolo Colli Franzone

E, finalmente, Statuto fu.

Nel giro di pochi giorni (il tempo per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), l’Agenzia per l’Italia Digitale avrà finalmente il suo strumento primario di governance e potrà cominciare a lavorare nella sua piena operatività superando la fase “semi-clandestina” fatta di atti firmati “per lo sciogliendo DigitPA”.

L’elenco delle cose da fare è ben più che nutrito, anche se va detto e dato atto al direttore Agostino Ragosa e ai suoi che in questi diciassette mesi di incertezza l’AgID è riuscita a mantenere il grosso degli impegni conseguenti alla frenetica (e un pochino disordinata) attività legislativa del governo Monti.

 

Sul fronte della digitalizzazione della PA, dovrebbe passare all’AgID “la palla” (in senso rigorosamente metaforico-calcistico) relativa alle priorità identificate dalla Struttura di Missione della Presidenza del Consiglio: anagrafe unica, identità digitale, fatturazione elettronica.

Ma di partite aperte ce ne sono altre, a partire dal tema relativo alla digitalizzazione dei piccoli Comuni e da quello – assai più complesso – del ridisegno di un modello complessivo di governance della Sanità Digitale.
 

 

Una partita che investe “di riflesso” l’AgID è quella relativa al futuro delle società ICT “in-house“, molte delle quali manifestano evidenti segni di difficoltà in uno scenario che vede ogni giorno ridursi drasticamente i budget IT delle Regioni e aumentare il livello di sofferenza manifestato da un mercato sempre più in difficoltà.

Questa partita si deve giocare sul piano del partenariato pubblico-privato, perché alternative non ce ne sono. In molte amministrazioni regionali “proprietarie di società in-house” si sta sdoganando la parola “privatizzazione”, e più o meno dappertutto si condivide il principio in base al quale questi soggetti pubblici non devono più “fabbricare software” ma devono riconfigurarsi come agenzie regionali per l’innovazione, aprendosi al confronto col mercato.

Inoltre, AgID deve finalmente cominciare a occuparsi della promozione del digitale nelle PMI: una partita essenziale ed esiziale intorno alla quale si gioca il “grosso” del recupero del gap digitale italiano rispetto ai paesi OCSE.

 

Le cose da fare non mancano, quindi.

Quelle che potrebbero mancare sono le risorse.

AgID parte con una dotazione organica congrua rispetto alla situazione “as is”, ma la sensazione è che essa non sia commisurata a garantire la piena copertura delle “nuove” competenze.

Non sarebbe un problema, se soltanto AgID avesse un budget capace di colmare – con consulenze esterne – questo fortemente probabile sottodimensionamento.

Ma di “rimpinguare” il budget, pare non se ne parli. E questo è un problema.

 

Salvo che anche in AgID non si decida di sposare la logica del partenariato pubblico-privato, aprendo le porte a collaborazioni con soggetti di mercato disposti a condividere “oneri e onori” (e ritorni economici, ça va sans dire).

Il fronte della promozione del digitale presso le PMI è potenzialmente portatore di nuovo (e quantitativamente “interessante”) valore per tutta la filiera dell’IT a partire dai grandi vendor multinazionali portatori delle tecnologie “di base”.

Sinora, molte Regioni si sono mosse più o meno (quasi sempre, “meno”) ordinatamente dando vita a iniziative/bandi finalizzati alla diffusione delle ICT presso le aziende insediate sui loro territori.

Anche in questo caso, come già avvenne a inizio millennio col “piano nazionale di e-government“, è venuto a mancare un coordinamento centrale “reale”, non di facciata.

AgID deve riempire questo vuoto evitando di fare l’errore commesso anni fa: “subire passivamente” iniziative regionali non collocate all’interno di un framework complessivo.

Deve partire un tavolo (mentre scrivo la parola “tavolo”, confesso, avverto un sussulto interiore …) che coinvolga non solamente i “sistemi informativi” delle Regioni (rappresentati dal CISIS) ma anche (soprattutto) gli assessorati regionali alle attività produttive.

 

Sarà assolutamente centrale il ruolo dei membri del Comitato di Indirizzo AgID rappresentanti le Regioni e le autonomie locali. Ai quali si chiede una capacità di vision che riesca a superare le logiche di “rappresentanza sindacale” e “marcatura del territorio” che hanno caratterizzato sinora i rapporti col “palazzo” romano.

 

Il tema centrale è “fare squadra” per portare a casa le risorse, attingendo ai fondi strutturali in una logica di PON (piano operativo nazionale) condiviso finchè si vuole ma fortemente unitario e orientato al “Sistema Paese”.

Ce la faremo. Ce la dobbiamo fare.

Anche perché, anche in questo caso, difficilmente ci sarà un’altra occasione.

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