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Web Tax, Ocse al lavoro su fisco e digitale

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Si torna a parlare di web company e fisco. L’Ocse torna sull’argomento, parlando di una proposta per impedire che le multinazionali, specie quelle del web, ricorrano a pratiche di ottimizzazione fiscale grazie alle sedi dislocate nei Paesi che prevedono tasse più basse, molti dei quali in Europa, e intanto arriva la notizia che anche Israele sta pensando a come tassare i motori di ricerca.

In Italia dal primo gennaio è già entrata in vigore la parte dell’emendamento voluto dal presidente della Commissione Bilancio Francesco Boccia sulla tracciabilità delle aziende che vendono pubblicità online, come Google, e bisognerà aspettare luglio per quella che prevede l’obbligo di partita Iva italiana.

Un iter non facile quello dell’emendamento Boccia che ha subito il duro attacco di parte del mondo accademico e di Confindustria convinti che tassare le aziende del web possa nuocere all’economia digitale.

Quanto sta avvenendo a livello internazionale, conferma però la bontà dell’obiettivo di Boccia, prova ne è che la Commissione Ue si è mossa e che adesso un gruppo di esperti dell’Ocse sta lavorando a una proposta, che sarà pronta tra due mesi, su tasse ed economia digitale.

L’idea degli esperti Ocse è di impedire le pratiche di profit shifting, che permettono alle web company di traghettare i profitti nei paradisi fiscali e non avere utili imponibili nei Paesi dove operano. Una delle proposte potrebbe essere quella di chiedere a queste aziende di comunicare alle autorità le entrate delle sussidiarie presenti in tutto il mondo.

L’Ocse ha ricevuto anche una lettera dagli avvocati di Baker & McKenzie per conto del Digital Economy Group che rappresenta le maggiori società statunitensi del web, che chiedono regole uguali per tutti i settori.

“Queste aziende – si legge nella missiva – rappresentano l’economia digitale, di conseguenza eventuali indicazioni su come gestire l’economia digitale dovrebbero riguardare equamente e in modo uniforme tutte le linee di business”.

Le proposte dell’Ocse sono contrastate anche da diversi Paesi membri come l’Irlanda, il Lussemburgo o i Paesi Bassi che sono le mete preferite dalle multinazionali per via del regime di tasse vantaggioso.

L’Ocse ha fatto sapere che il gruppo di lavoro non intende rivedere le regole sulla libera concorrenza, ma ha ammesso che è necessaria una revisione generale dell’attuale quadro normativo.

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