Italia
#Tecnolaw è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e DIMT – Diritto, Mercato, Tecnologia. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
Con sentenza n. 26397 del 26 novembre 2013, la Corte di Cassazione Sezione Lavoro ha confermato la pronuncia del 30 giugno 2010 della Corte di Appello di Roma (a sua volta confermativa della decisione di primo grado) che aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento disciplinare di un lavoratore cui era stata contestata l’installazione sul pc aziendale del programma di file-sharing, eMule.
Come noto, si tratta di un software dedicato alla condivisione di file con cui l’utente mette a disposizione degli altri soggetti che abbiano scaricato il medesimo programma una porzione del proprio hard disk i cui contenuti possono così essere visti e scaricati da terzi.
Nel caso di specie, l’azienda lamentava, tra le altre cose, proprio la circostanza che il predetto programma ponesse in serio pericolo la riservatezza dei dati conservati sul pc consentendone l’accesso ad estranei.
Sul punto la Corte di Cassazione, facendo proprie le conclusioni della Corte di Appello, ha evidenziato come la mera contestazione circa l’utilizzazione di un programma del genere non risulti idonea a consentire un’adeguata valutazione della effettiva gravità della condotta del dipendente e, dunque, a determinarne l’allontanamento dal posto di lavoro.
La sanzione del licenziamento, in buona sostanza, non costituirebbe la conseguenza obbligata della generica installazione e dell’improprio uso di un programma per elaboratore, ma soltanto una possibilità da integrare con ulteriori elementi che ne delineino l’effettiva gravità in concreto.
Nella vicenda in commento, peraltro, era emerso che il dipendente licenziato fosse stato destinatario di un solo precedente disciplinare in quindici anni di anzianità di servizio e, soprattutto, che non erano stati provati concreti danni all’azienda ricollegabili all’addebito contestato.
Sebbene non oggetto della vicenda giudiziaria sottoposta all’esame della Suprema Corte, occorre ricordare, infine, che, a partire dal 2009, è stato introdotto nel decreto legislativo 231/2001, recante “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, l’articolo 25-novies in forza del quale l’attività di scambio di file protetti dal diritto d’autore realizzata dai dipendenti può essere causa di responsabilità amministrativa dell’azienda.
Alla luce del predetto dato normativo non è da escludersi che la semplice installazione di software abilitante lo scambio di file possa rappresentare di per sé condotta sanzionabile con il licenziamento del dipendente laddove il codice disciplinare abbia adeguatamente valorizzato il rischio ex d.lgs 231 per l’azienda.