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Web Tax accantonata, rischia di uscire dalla Legge di Stabilità

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Web Tax a rischio. E’ ripreso stamani in Commissione Bilancio di Montecitorio l’esame del Ddl Stabilità. L’iter, con il passaggio in Parlamento, dovrebbe concludersi entro venerdì 20 dicembre.

Al momento sarebbe accantonata la Web Tax, l’emendamento a prima firma di Edoardo  Fanucci (Pd) che riprende la proposta di legge di Francesco Boccia (Pd), presidente della Commissione Bilancio della Camera, depositata lo scorso ottobre che continuerà comunque il suo percorso.  In altre parole, la Web Tax rischia di uscire dalla Legge di Stabilità, perché non considerata tra le questioni urgenti. Ma le cose potrebbero anche cambiare.

“Nessun passo indietro sulla Web Tax“, dice Fanucci, spiegando che “Il gruppo Pd, insieme agli altri gruppi parlamentari che hanno sottoscritto il mio emendamento, è fermamente convinto della necessità di portare a termine la battaglia che abbiamo iniziato”.

Il blocco della norma è però dipeso anche dalla posizione di alcuni esponenti del Pd, in particolar modo del relatore Maino Marchi (Pd), appoggiato dal Viceministro all’Economia, Stefano Fassina (Pd), e anche da Giampaolo Galli (Pd), ex direttore generale di Confindustria.

Le cose poi sarebbero ulteriormente complicate anche dall’asse M5s-Forza Italia che si sarebbe creato all’interno della Commissione Bilancio. I deputati grillini tra l’altro non hanno mai celato la loro contrarietà alla Web Tax di Boccia, come aveva anticipato l’on. Mirella Liuzzi a Key4biz.

“Le opinioni del mio collega di partito Giampaolo Galli – afferma Fanucci – per quanto rispettabilissime, restano a titolo personale. Sull’emendamento, oggi accantonato in Commissione Bilancio c’è ampia condivisione”.

Galli è del parere che “sia opportuna una riformulazione, perché il problema è un problema reale che si sta cercando di risolvere a livello europeo e Ocse ma così come è stato affrontato nell’emendamento è contrario alla lettera e allo spirito del mercato unico europeo ed è una barriera tariffaria ai sensi del Wto, inoltre non dà gettito, quindi non raggiunge lo scopo”.

L’emendamento Fanucci prevede che “I soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana”.

Sono stati invece dichiarati ammissibili altre tre emendamenti del Pd che potranno quindi essere presentati durante la discussione in Assemblea, sempre che il governo non scelga di ricorrere al maxi emendamento o ponga la questione di fiducia. Si tratta di quelli riguardanti la “Modifica della nozione di stabile organizzazione” (1.642 e 1.660) e quello sulla “Disciplina fiscale delle operazioni infragruppo nel settore della raccolta di pubblicità online e dei servizi ad essa ausiliari e norme in materia di tracciabilità degli acquisti” (1.1643).

La Web Tax ha anche incassato il sostegno della SIAE. Con una nota, la società che rappresenta gli autori ed editori italiani ha dichiarato che “non può che condividere l’approccio legislativo proposto dal Presidente Boccia riguardo alla Web Tax”.

“Parlamento e Governo devono intervenire”, ha indicato la SIAE, aggiungendo “è essenziale che la ricchezza prodotta in Italia sia soggetta a tassazione nel nostro Paese”.

Contro la Web Tax ha invece preso posizione pure l’American Chamber of Commerce in Italy che ieri ha ribadito la propria contrarietà ai quattro emendamenti che, secondo l’AmCham, “perseguono, con formulazioni differenti, lo stesso obiettivo: l’obbligo di assoggettare, con modalità discutibili e sbrigative, tutte le imprese estere operanti nel settore dell’economia digitale alle normative italiane sull’imposizione fiscale (diretta e indiretta). Questo approccio, oltre ad apparire focalizzato esclusivamente su un unico segmento dell’economia digitale, frena l’espansione di questo settore, in cui la fiducia e l’apertura verso investimenti diretti esteri sono condizioni imprescindibili per la crescita.”

Una posizione forte, considerando che oggi il Consiglio dei Ministri ha approvato il Piano Destinazione Italia per favorire gli investimenti esteri nel Paese.

Secondo l’AmCham l’argomento tasse “dovrebbe essere condiviso a livello di Unione Europea o di altro organismo sovranazionale, come dimostrano le discussioni sul tema in corso in sede UE ed OCSE “.

Sulla stessa linea anche una parte del mondo accademico, vicino alle multinazionali del web.

Da parte dell’industria, anche il presidente di Confindustria DigitaleStefano Parisi, non sarebbe d’accordo sui contenuti della Web Tax, ma questo non sorprende, visto che la Federazione rappresenta le aziende digitali e tra i soci figura anche Google, forse proprio la prima web company a ricorrere ai sistemi di profit shifting per evitare di pagare (o pagare al minimo) le tasse nei paesi dove vende i propri servizi.

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