#Tecnolaw è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e DIMT – Diritto, Mercato, Tecnologia. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
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E’ da giorni che si leggono note sui giornali da parte del Nuovo IMAIE (l’ente di recente costituzione che ha sostituito il “vecchio” IMAIE posto in liquidazione a seguito di una annosa vicenda sulla gestione dei compensi dovuti agli artisti interpreti ed esecutori) che grida all'”allarme diritti” da un lato, e della SIAE, tramite il suo nuovo Presidente Gino Paoli, che chiede un aumento dei compensi per copia privata, urgente e necessario, invocando anche la libertà di confronto e di informazione tra le parti interessate.
Il “Vecchio IMAIE” è, invece, in tutt’altre faccende affaccendato, dovendo gestire oramai dal 2009 una complessa liquidazione, avendo depositato ad oggi ancora solo un parziale stato passivo presso il Tribunale di Roma e cercando di reperire dati sia anagrafici che economici di artisti che non hanno mai percepito alcunché sin dal 1992, data in cui è entrata in vigore la legge che lo ha istituito.
Nel mentre di un dibattito aperto e serrato sui giornali mi preme riassumere alcune personali considerazioni.
All’indomani del decreto che ha previsto la liberalizzazione della gestione e raccolta dei diritti connessi (cfr. art. 39 del decreto liberalizzazioni entrato in vigore lo scorso 24 marzo 2012 con legge 27/2012) ci si chiede se:
- Sia opportuna una norma che liberalizza un servizio senza al contempo stabilire immediatamente una regolazione ex ante che possa contestualmente disciplinare con regole certe la gestione di diritti connessi, che vedono più soggetti coinvolti;
- Cosa sarebbe accaduto, visto che già in una situazione di vecchio monopolio gli artisti non sono stati tutelati e non sono riusciti – e tuttora non riescono se non con spese legali ingenti – ad ottenere quei compensi che spettano loro di diritto per gli sfruttamenti secondari delle fissazioni delle loro interpretazioni (passaggio radio e televisivi principalmente) e per la c.d. copia privata.
Parlo del mercato musicale, ma anche di quello audiovisivo. Come noto – purtroppo più agli operatori del settore che non ai titolari dei diritti stessi che ignorano totalmente e troppo di frequente di avere un diritto a compenso da esigere – gli artisti interpreti esecutori e quindi: attori, musicisti, doppiatori, cantanti, direttori di orchestra, gruppi musicali, ecc. hanno diritto ad essere compensati: (i) per le utilizzazioni delle loro interpretazioni fissate su fonogrammi (disci, mc, ecc) o videogrammi che avvengono attraverso i media (radio, tv, ecc.) e (ii) per la copia privata ovvero per essere indennizzati della possibilità, seppure astratta, che ciascun consumatore nell’acquisire lecitamente un brano, un album, un film, lo possa duplicare senza pagare un compenso aggiuntivo.
Quello che avviene secondo la normativa vigente nel settore musicale è che gli utilizzatori (radio, tv, ecc.) pagano ai produttori discografici una percentuale che questi ultimi trattengono in parte per sé (il 50 per cento) ed in parte (il restante 50 per cento) versano alla società di gestione collettiva dei diritti oggi Nuovo Imaie ed a seguito della citata liberalizzazione ad altre nascenti società come Its Right.
Nel settore audiovisivo il pagamento è, invece, diretto alla collecting. Per la copia privata il compito di raccogliere è affidato alla SIAE la quale ripartisce a sua volta agli aventi diritto.
A parte la struttura giuridica sulla quale ovviamente non è la sede per soffermarsi, pare opportuno riflettere sulla sostanza del Vecchio e del Nuovo sistema e sui paradossi che continuano ad esistere.
Primo tra tutti il fatto che prima di recenti novità legislative gli artisti venivano informati delle somme in loro favore tramite la Gazzetta Ufficiale. Mi chiedo quanti artisti abbiano saputo o acquistato la Gazzetta Ufficiale (strumento che è stato validamente sostituito dalla pubblicazione on line delle norme o da altri strumenti digitali) per verificare l’ammontare dei loro compensi. Ciò è rilevante al fine di consentire loro il recupero oggi di somme mai riscosse. Vi sono artisti primari e comprimari che a distanza anche di oltre 20 anni dall’inizio della loro attività non sanno neanche dell’esistenza di un ente che deteneva e detiene i loro compensi. Oggi fortunatamente la società che gestisce la grande maggioranza dei diritti connessi ha previsto la pubblicazione online dei rendiconti e della situazione nominativa artista per artista dando a ciascuno la possibilità di integrare il proprio repertorio e verificare i compensi maturati.
E’ anche vero tuttavia che gli artisti non sono sempre in condizione di controllare o verificare gli sfruttamenti concreti ed effettivi delle loro esecuzioni e che conseguentemente la somma raccolta sia corretta ed equa.
Come fa un artista interprete a sapere quante volte un film o un brano sono andati in onda in tv o in radio?
Solo con costi amministrativi disarmanti e senza la certezza di un risultato perché il più delle volte non ricevono risposte dagli utilizzatori.
A dire il vero, prima ancora di richiedere l’aumento dei compensi, ad esempio per copia privata, che di fatto gravano esclusivamente sui produttori di apparati e supporti e sul mercato digitale in genere, si ritiene sia più urgente regolamentare la catena distributiva del diritto connesso o dell’indennizzo da copia privata e stabilire regole certe sulla modalità di raccolta e sulla distribuzione a valle.
Al momento l’unica certezza è che i soggetti che dovrebbero beneficiare di un compenso rischiano di perderlo o di vederselo riconosciuto chissà quando in una situazione in cui la totale assenza di disciplina e di informazione di certo non gioca a favore della tutela dell’arte e dei suoi rappresentanti.
Conferma di questa urgenza è data dal recente provvedimento inibitorio concesso dal Tribunale di Roma al Nuovo Imaie verso la Scf e Its Right per bloccare un accordo che sembra le due abbiano chiuso nella totale assenza informativa generale e degli artisti tutti. Con l’effetto di bloccare 1.500.000 euro versate da Scf a Its Right. Il giorno 11 dicembre si terrà l’udienza di discussione.
Con la liberalizzazione, sostiene il Legislatore, tutto dovrebbe cambiare, migliorando. Ciò che ad oggi è cambiato è solo un blocco della raccolta e del pagamento dei compensi già rari ed incerti ai beneficiari perché ovviamente – e l’Italia fa scuola spesso per l’incertezza della disciplina dovuta anche al proliferare di norme poco attuabili – chi deve pagare non paga, chi deve riscuotere pressa, chi deve beneficiare soffre. E la confusione regna sovrana.