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ADN: Agenda Digitale Nonostante

Italia


Parte oggi la nuova rubrica settimanale #PAdigitale,  in collaborazione con NetSquare – Osservatorio Netics, a cura di Paolo Colli FranzonePer consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

 

 

Premessa: in questo pezzo non snocciolerò dati. Né i miei (Osservatorio Netics), né quelli altrui.

Il 20 novembre, al convegno di presentazione dell’Osservatorio Assinform sulle ICT in PA e Sanità avremo modo di sommergere di numeri (alcuni dei quali davvero sconfortanti) chiunque abbia voglia di confrontarsi coi ritardi italiani in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione e di utilizzo dei servizi online.

Insieme ai miei collaboratori in NetSquare/Netics e agli amici di NetConsulting, lavorando alla ricerca per Assinform abbiamo avuto modo di raccogliere dati (la cui serie storica parte dall’ormai lontanissimo 2005) e di intervistare CIO della PA e della Sanità portandoci a casa un quadro complicatissimo. Eccellenze e arretratezze, successi e disastri, belle idee e progetti strampalati.

Il tutto senza una particolare connotazione geografica e/o dimensionale: enti grandi e piccoli, del Nord o del Sud, alternano luci ed ombre in modo apparentemente casuale.

“Apparentemente”, per l’appunto. Perché una spiegazione, ovviamente, c’è ed è assolutamente banale. E’ il fattore “P”, a fare la differenza: le Persone. Un sindaco o un assessore determinato, un direttore generale illuminato, un CIO davvero capace di fare il CIO e non soltanto il capo CED che nel frattempo ha dismesso il camice bianco e si è messo la cravatta.

 

Forse vale la pena di ammettere un errore: abbiamo tutti pensato che bastasse scrivere il Codice dell’Amministrazione Digitale per risolvere tutti i problemi della PA. E, quando non è successo quasi nulla, ci siamo guardati con smarrimento.

Abbiamo preso in giro ministri, ex ministri, digital champion, direttori e commissari; abbiamo partecipato a convegni e incrementato di qualche gigabyte il torrente di parole (queste mie comprese, sia ben chiaro) finalizzato alla perpetuazione del motto bartaliano “è tutto sbagliato, è tutto da rifare”.

Non vedendo (o non volendo vedere) quelli che con metafora calcistica potremmo definire i “mediani digitali”: donne e uomini che giorno dopo giorno portano la palla vicino alla rete, senza fare capricci e lontano dai riflettori e dai boati del tifo.

 

Partire da questa digitalizzazione leopardata e mettere tutto a sistema è un lavoraccio: ma sempre meglio che far finta di non vedere e ricominciare daccapo l’invenzione dell’acqua calda.

Avendo tutti chiaro in mente che il ritardo accumulato è significativo, ma – soprattutto – che ogni mese di ulteriore ritardo costa centesimi di punto di PIL.

Verrebbe quasi da sperare in una maggiore severità da parte della Commissione Europea, evocando quel “Digital Compact” di cui si è parlato ieri in Confindustria.

Facciamocelo chiedere dall’Europa, se non ce la facciamo da soli.

 

Nel frattempo, andiamo a incrementare il gruppo del “nonostante tutto”, quei mediani digitali che silenziosamente incrementano di frammenti di decimale il nostro posto in classifica UE.

Ne ha bisogno l’industria ICT, ne ha ancora più bisogno la PA. Quella parte di PA, perlomeno, che non oppone resistenza rispetto a un’onda inarrestabile.

 

Che si parta dalla razionalizzazione dell’infrastruttura ICT della PA italiana, provando a superare il limite rappresentato dalla difesa all’ultimo sangue delle migliaia di orticelli/data center.

Mettiamo a sistema quei (pochi) data center della PA davvero efficienti, traslocandovi tutto il traslocabile e mandando al museo i reperti archeologici.

Apriamo a provider privati, ovviamente affidabili e “sicuri”.

Attiviamo meccanismi di trusting in modo che i vari componenti dell’ecosistema si riconoscano reciprocamente e favoriscano l’interoperabilità e l’accesso da parte degli utenti.

 

Partiamo da qui: dallo smettere di considerare la digitalizzazione della PA (e della Sanità) come un “fatto interno alle amministrazioni”. Soprattutto, smettiamola di parlare di tecnologie e concentriamoci sui bilanci delle amministrazioni e sui processi di produzione dei servizi.

L’informatica (e non me ne vogliano gli informatici) è “servente” rispetto al sistema.

 

Nonostante.

Nonostante le resistenze, i ritardi, i silenzi, gli interessi contrapposti, la tutela delle peculiarità e delle prerogative istituzionali.

Facciamolo. Adesso.

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