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IlSocialPolitico: #Siria, l’intervento militare corre sui Social Media

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IlSocialPolitico è una rubrica settimanale promossa daKey4biz e @Social_politico.

 

L’intervento militare della coalizione guidata dagli Usa contro il regime di Assad continua ad essere appeso ad un filo. Nell’attesa di notizie ufficiali si continua a consumare una guerra mediatica fatta di dichiarazioni, comunicati e tweet che viaggiano tra Washington, Roma e Damasco. Qualche giorno fa il New York Times si è occupato del profilo Facebook di Hafez Assad il figlio undicenne del presidente siriano Bashar al Assad che ha attaccato gli Usa con un messaggio postato dal suo profilo. Il Giovane Assad ha scritto: “Voglio così tanto che attacchino perché così faranno il più grosso errore: cominciare qualcosa che non sanno come andrà a finire“. Lunedì primo settembre anche il Papa ha sentito l’esigenza di utilizzare Twitter per inviare un messaggio contro un possibile intervento armato in Siria: “Mai più la guerra! Mai più la guerra!“. Sul fronte siriano le notizie arrivano soprattutto dall’ambasciata Usa presso Damasco che ha scelto i principali social media – Twitter, Facebook e YouTube – come canali diretti per informare il mondo intero.

 

Twitter

Il profilo Twitter dell’ambasciata Usa in Siria è stato aperto il 23 giugno del 2010. I suoi numeri di base sono 518 tweet postati, 16 following e 21.033 follower. Una prima lettura di questi dati ci dice che il profilo @USEmbassySyria è molto seguito ma il livello di attività (numero di tweet postati al giorno) non è elevatissimo. Gli ultimi 200 tweets da Ambasciata degli Stati Uniti in Siria sono stati inviati con una frequenza media di 0,5 tweet al giorno.

Questo profilo negli ultimi 3 giorni ha raggiunto 200 menzioni da parte di 161 utenti differenti. L’Ambasciata Usa in Siria ha dimostrato invece scarsa interazione con i propri follower non citando o menzionando nessun profilo Twitter.

Il livello dei retweet sui messaggi del profilo dell’ambasciata è molto alto: segno che le informazioni postate vengono ritenuti importanti. Degli ultimi 200 tweet dell’ambasciata 192 sono stati retwettati da altri utenti per un totale 1,469 volte.
Il tweet più popolare di @USEmbassySyria (69 retweet) è un messaggio dal titolo “Accertamento del Governo Usa sull’uso di armi chimiche da parte della Siria“. Questo top tweet rimanda direttamente ad un articolo pubblicato su Facebook dove viene rilasciata un’analisi dell’Intelligence Usa che comproverebbe l’utilizzo di armi chimiche da parte del governo Siriano.

 

Facebook

L’ambasciata USA in Siria è dotata anche di un profilo Facebook ufficiale. Questa pagina lavora in stretta sinergia con l’account Twitter: la maggior parte dei tweet riporta, infatti, i post pubblicati sulla pagina Facebook. Anche sul social network più diffuso al mondo l’ambasciata risulta essere molto popolare. I numeri generati dalla fan page “U.S. Embassy Damascus” generano 14.974 “Mi piace” e 1.583 “ne parlano”. Quest’ultimo indicatore, termometro del numero di conversazioni generate dalla pagina in questione, ci dice che il profilo è in grado di suscitare un alto livello di interazione con gli altri utenti di Facebook. Il post che ha suscitato maggiore coinvolgimento tra gli utenti  è il discorso di John Kerry prima della discussione in Commissione Esteri del Senato sull’autorizzazione all’uso della forza militare contro il regime di Assad. Questo post raggiunge 96 mi piace, 50 commenti e 41 condivisioni.

 

YouTube

L’ambasciata Usa presso la Siria è dotata anche di un canale ufficiale su YouTube. I dati sono ancora molto bassi forse perché i video sono stati caricati solo a partire da pochi giorni fa. In totale il canale U.S. Embassy Damascus registra 8 iscritti e 12 video pubblicati che hanno generato un totale di 1.483 visualizzazioni. Il video più cliccato (1.193 visualizzazioni) è il discorso di Obama del 31 agosto nel quale il Presidente Usa chiede l’ok al Congresso per l’intervento militare in Siria. Le prove esistono, afferma Obama nel video: “Ho deciso di punire la Siria militarmente per l’uso dei gas, perché tollerare un’azione del genere significa accettare anche l’uso delle armi nucleari e biologiche”.

 

Dati raccolti dal 2 al 6 settembre

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