Terminazione mobile: una partita delicata per un settore fonte di innovazione e crescita

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La decisione dell’Agcom è attesa per il prossimo 17 novembre, ma intanto è utile dare qualche numero che renda l’idea della posta in gioco.

Italia


Frequenze 4G

La delicata partita della revisione delle tariffe di terminazione mobile ha portato a una spaccatura nelle tlc italiane che vede non solo contrapposte le posizioni degli operatori mobili contro quelli fissi, ma anche divergenze di vedute tra gli stessi gestori mobili. Come è emerso dalle audizioni informali tenutesi ieri presso al IX Commissione della Camera (leggi articolo Key 4biz), Vodafone e Wind chiedono un adeguamento graduale delle tariffe, il cui abbassamento – sostengono i due operatori – non comporterà una riduzione dei prezzi praticati ai consumatori ma rischierebbe semplicemente di compromettere gli investimenti nelle reti di nuova generazione, dopo gli ingenti esborsi sostenuti dagli operatori per l’acquisto delle frequenze.

Per Telecom Italia, invece, il nuovo percorso di riduzione tariffaria previsto dall’Agcom dietro sollecitazione della Commissione europea, che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2012 e riguarderà il periodo 2012-2015, non impatterà sugli investimenti previsti per il 4G, mentre H3G – l’ultimo operatore entrato sul mercato, e per il quale l’Autorità considera che per il prossimo biennio sia ancora giustificata una moderata asimmetria tariffaria – ritiene che la riduzione porterà un calo dei prezzi ai clienti.

Il fronte degli operatori di rete fissa, formato da Fastweb, Tiscali e BT (ai quali si aggiunge anche H3G per ovvie ragioni), continua intanto il pressing sull’Agcom per far sì che venga subito approvata la riduzione delle tariffe dagli attuali 5,3 centesimi al minuto a 0,98 centesimi richiesti dalla Ue.

La decisione dell’Agcom è attesa per il prossimo 17 novembre, ma intanto è utile dare qualche numero che renda l’idea della posta in gioco, innanzitutto sottolineando che le tariffe di terminazione mobile erano state introdotte per stimolare gli investimenti nelle reti mobili, garantendo ai gestori mobili una remunerazione più consistente di quella che questi devono pagare quando una chiamata dalle loro reti viene trasferita sulla rete fissa (la terminazione fissa costa infatti ‘solo’ 57 centesimi al minuto). Ora però la situazione è notevolmente mutata e le reti mobili sono più evolute e remunerative di quella fissa, che in Italia è rappresentata dalla ‘vecchia’ rete in rame di Telecom Italia.

Lo stesso però, per poter comprendere le ragioni dell’una e dell’altra parte, bisogna considerare diversi fattori, partendo dal difficile contesto economico del nostro paese.

Il mercato della telefonia mobile italiano vede 4 operatori in concorrenza tra loro (oltre agli operatori virtuali che gestiscono 3,5 milioni di clienti) e un elevato tasso di utilizzo della portabilità da un operatore all’altro (circa 5 milioni di clienti trasferiti all’anno), a conferma della dinamicità del settore.

Un contesto così competitivo ha fatto sì che i prezzi praticati in Italia siano i più bassi d’Europa: l’Authority britannica Ofcom ha calcolato che gli utenti mobili italiani pagano prezzi inferiori a quelli di Germania, Spagna e Francia e abbiano goduto di un calo delle tariffe stimato nell’ordine del 24% all’anno.

Anche il tasso di penetrazione della telefonia di terza generazione è tra i più elevati d’Europa (10,2% contro una media UE del 7,3%) e il livello di diffusione degli smartphone è il più elevato tra i 5 principali paesi europei.

Gli operatori mobili – che hanno appena versato nelle casse dello Stato quasi 4 miliardi di euro (1,6 miliardi più del previsto) per le frequenze 4G – hanno investito nel 2010 oltre 6 miliardi di euro con un rapporto investimenti/ricavi superiore alla media europea (14,1% contro 12.9%,) e un numero di occupati diretti pari ad oltre 30 mila addetti (100 mila tra diretti e indiretti). A questi, si aggiungono gli ulteriori investimenti – stimati in 4-6 miliardi di euro – necessari per la realizzazione delle reti LTE.

Su tutto questo, grava un contesto economico di crisi che ha portato a una contrazione dei consumi che ha generato un calo dei ricavi di oltre il 2%.

L’Europa, intanto, chiede l’applicazione del modello dei costi incrementali di lungo periodo per un operatore efficiente (LRIC): ed è esattamente quello che ha  fatto l’Agcom, che però non ha incluso in questo calcolo il costo delle frequenze. Se questo fosse incluso, sostengono gli operatori mobili, si arriverebbe ad un valore, per la terminazione mobile, di 1,7 centesimi al minuto non a 0.98 centesimi, come proposto dalla Ue.

La Commissione chiede inoltre di eliminare ogni asimmetria tra gli operatori.

A fronte di questi dati, quindi, gli operatori mobili – a eccezione probabilmente di Telecom Italia, che essendo presente sia nel fisso che nel mobile può sostenere una posizione ‘neutrale’ – sostengono che le argomentazioni degli operatori fissi siano strumentali.

Innanzitutto perché mentre negli ultimi 5 anni i prezzi le tariffe di terminazione mobile hanno subito una riduzione del 47%, i costi delle chiamate fisso- mobile sono scesi solo dell’ 8%. Non esiste, infatti, alcun obbligo regolatorio per gli operatori fissi di tradurre le riduzioni delle terminazioni in riduzione dei prezzi fisso-mobile al cliente. È quindi sbagliato affermare che a una riduzione dei costi di terminazione corrispondano vantaggi per l’utente finale dei servizi: nel recente passato, sostengono i gestori mobili, il calo della terminazione ha portato soltanto al trasferimento di valore da mobile a fisso (calcolato in 1 miliardo in 3 anni) senza alcun beneficio per i clienti.

I mercati del fisso e quello del mobile sono inoltre sostanzialmente diversi, innanzitutto perché i costi sottostanti per la realizzazione delle reti fisse sono inferiori rispetto a quelli sostenuti dagli operatori mobili. Se, infatti, nel mobile 4 operatori investono 3-4 miliardi all’anno su 4 reti, gli operatori fissi hanno minore necessità di investire, dovendo intervenire su una sola infrastruttura (quella di Telecom Italia).

Gli operatori fissi, inoltre, non devono sostenere costi per frequenze (mentre quelli mobili, sommando 3G e 4G hanno pagato 15 miliardi di euro) e i loro clienti pagano sempre un canone, anche se non utilizzano il telefono o lo utilizzano per ricevere.

Secondo gli operatori mobili, quindi, per evitare di mettere a rischio importanti investimenti in un periodo in cui l’Italia ha bisogno di tutto tranne che di questo, è necessario evitare di accelerare i tempi. Il primo intervento di riduzione dovrà partire da luglio 2012 e i tagli dovrebbero mantenersi su un massimo del 20% all’anno, fissando il valore target a 1,7 centesimi al minuto, per includere i costi delle frequenze.

Adeguandosi alle richieste Ue è inoltre necessario annullare ogni asimmetri  a mei confronti di H3G, che allo stato attualei non sarebbe più giustificabile.

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