Diritto all’oblio: il Garante Privacy spagnolo porta Google in tribunale. ‘Cancelli i dati che violano la privacy’

di Alessandra Talarico |

Spagna


Google

La questione del diritto all’oblio su Internet approda in tribunale: sarà un giudice a risolvere il conflitto tra Google e il garante privacy spagnolo, che pretende che il motore di ricerca elimini dai risultati di ricerca una novantina di pagine il cui contenuto violerebbe la vita privata di alcune persone che si sono per questo rivolte all’Autorità.

 

Molti cittadini spagnoli lamentano il fatto che alcuni episodi della loro vita, quali condanne inflitte molti anni fa o altre questioni che si ritenevano ormai ‘cancellate’, rispuntino sul web causando loro non poco imbarazzo.

Google, da canto suo, non nega il problema, ma contesta la propria responsabilità nella vicenda.

 

“Le leggi spagnole e comunitarie – ha spiegato a El Pais il direttore delle relazioni esterne di Google Europa, Peter Barron affermano che l’editore è responsabile dei contenuti pubblicati. Esigere però che gli intermediari, come i motori di ricerca, censurino i contenuti pubblicati da altri, avrà un effetto sulla libertà di espressione, senza per altro proteggere la privacy”.

Secondo Google, insomma, devono essere i siti internet incriminati a rimuovere i contenuti e non i motori di ricerca.

 

Il Garante privacy spagnolo (AEPD), tuttavia, ritiene che il ruolo dei motori di ricerca non possa essere sottovalutato: “Il problema non è che vi siano informazioni personali su un sito particolare, ma che i motori di ricerca – in particolare Google che è quasi monopolista del settore – diffondano questi dati urbi et orbi”, ha affermato al quotidiano El Mundo il direttore dell’AEPD Artemi Rallo.

L’Autorità ritiene altresì che chiedere direttamente a un sito internet di rimuovere articoli o informazioni ‘imbarazzanti’ possa scontrarsi con le leggi a tutela di altri diritti, come la libertà di espressione dei media o la “pubblicazione obbligatoria di questi dati nelle gazzette ufficiali regionali”. Quattro dei cinque ricorsi presentati all’AEPD ed esaminati dalla giustizia spagnola riguardano effettivamente la pubblicazione in gazzetta ufficiale di informazioni legali, mentre un altro concerne un articolo comparso sul quotidiano El Pais nel 1991.

 

“In questi casi – afferma l’Autorità – chiediamo a Google la possibilità di eliminare queste pagine dai risultati di ricerca, con gli strumenti tecnici a sua disposizione”.

Google si è detto disposto a rimuovere i link dei risultati e della cache, ma soltanto se “la fonte originale accetta di rimuovere anch’essa i dati incriminati”.

Il rifiuto di adempiere alle disposizioni dell’Autorità spagnola è motivato dal fatto di voler evitare un effetto domino in tutti gli altri Paesi europei, dove il dibattito sul diritto all’oblio è sempre aperto. In Francia, il gruppo americano si è già rifiutato di firmare un documento sul diritto all’oblio proposto da Nathalie Kosciusko-Morizet.

Per garantire il rispetto di questo diritto si è mossa anche la Commissione europea, che presenterà quest’anno una proposta legislativa volta a rafforzare i diritti delle persone, eliminando allo stesso tempo la burocrazia allo scopo di assicurare la libera circolazione dei dati nel mercato unico

 

“La protezione dei dati personali è un diritto fondamentale”, ha affermato Viviane Reding, Commissario Ue per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza. “Per garantirlo abbiamo bisogno di norme chiare e coerenti. Dobbiamo qundi aggiornare la nostra legislazione perché faccia fronte alle sfide poste dalle nuove tecnologie e dalla globalizzazione”.

La strategia europea avanza, in particolare, proposte per modernizzare il quadro giuridico europeo relativo alla protezione dei dati tramite una serie di obiettivi chiave: rafforzare i diritti delle persone di modo che la raccolta e l’utilizzo dei dati personali siano limitati allo stretto necessario; rafforzare la dimensione “mercato interno” tramite la riduzione degli oneri amministrativi per le società e assicurando condizioni di parità effettive; rivedere le norme di protezione dei dati nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale in modo da assicurare anche in questi settori la protezione dei dati a carattere personale.

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